SOCIETÀ

Accordo fra Netanyahu e Gantz: Israele ha un nuovo governo

Dopo 17 mesi di stallo (e dopo 3 elezioni politiche) Israele ha un nuovo governo: Benjamin Netanyahu e Benny Gantz, rispettivi leader dei partiti Likud e Blu-Bianco, hanno raggiunto un accordo mai come questa volta sofferto, combattuto, criticato, osteggiato. Un accordo di “unità nazionale”, firmato in nome della lotta al coronavirus, che tutto fa tranne unire la società israeliana, arrivata a scendere in piazza Rabin, a Tel Aviv, domenica sera: duemila manifestanti, ciascuno a due metri dall’altro, mascherine e bandiere nere a simboleggiare il rischio di sovvertimento delle regole democratiche. Perché nonostante tutto, e al netto del “contratto di governo” assai articolato firmato lunedì sera, sulla poltrona di premier resta sempre lui, Bibi Netanyahu. Nonostante le inchieste giudiziarie che dovranno stabilire le sue eventuali responsabilità nei tre processi per corruzione e frode che sarebbero già in corso se il diffondersi della pandemia non avesse stravolto (per lui miracolosamente) l’ordine delle priorità. In segno di vittoria, appena firmato il patto con Gantz, King Bibi ha twittato l’immagine della bandiera israeliana, senza aggiungere altri commenti.

Il contratto (14 pagine di cavilli) prevede che il governo duri 36 mesi e la rotazione, come previsto, nel ruolo di premier. Ma il primo turno spetta a Netanyahu (con Gantz “primo ministro supplente”), che potrebbe restare quindi in carica fino a ottobre 2021, quando i ruoli dovrebbero invertirsi. Dovrebbero, perché in 18 mesi le variabili sono talmente grandi (lo sviluppo dei processi, l’evoluzione della pandemia, ma anche la “lealtà” tra i due leader) da rendere fragilissima qualsiasi previsione. Il governo, di fatto, viene spaccato esattamente a metà. Il Likud (e i suoi alleati) avranno potere di nomina dei ministri di Finanza, Salute, Sicurezza interna, Edilizia, Trasporti e Istruzione. Blu-Bianco di Difesa, Affari esteri, Giustizia (scoglio sul quale Netanyahu aveva fatto naufragare gli ultimi colloqui), Economia (sarà affidato al laburista Amir Peretz), Lavoro, Comunicazione, Cultura e Turismo. Allo scadere dei 18 mesi, il ministero degli Esteri dovrebbe passare sotto il controllo di Netanyahu. E per dire della reciproca fiducia: ognuno dei due leader (è scritto nell’accordo) può allontanare i ministri nominati dalla propria coalizione, un potere solitamente riservato al solo primo ministro: ma nessuno dei due, anche se ricopre il ruolo di premier, può sollevare un ministro nominato dall'altro. Inoltre, la coalizione servirà da "governo di emergenza" per i primi sei mesi (prorogabili di 3 mesi in 3 mesi). Durante quel periodo le parti si sono impegnate a non proporre o votare leggi che nulla hanno a che fare con il coronavirus, ad eccezione della questione Cisgiordania: l’annessione delle colonie israeliane, annunciata da Netanyahu in ottemperanza al “piano di pace” proposto dal presidente americano Donald Trump. E’ stato proprio questo uno dei nodi principali che avevano bloccato l’accordo negli ultimi giorni: l’annessione, è stato deciso, scatterà a partire dall’1 luglio. Ma Blu-Bianco ha detto che voterà il sostegno all’operazione soltanto in presenza di un “accordo internazionale”, che al momento non esiste. Dunque ciascuno andrà avanti per la sua strada. L’argomento è soltanto rimandato.

Un governo modellato sulla sfiducia

«Abbiamo impedito una quarta elezione», ha dichiarato soddisfatto Benny Gantz. «Proteggeremo la democrazia. Combatteremo il coronavirus e ci prenderemo cura di tutti i cittadini israeliani». «Ho promesso allo stato di Israele un governo di emergenza nazionale che lavorerà per salvare vite e la sopravvivenza dei cittadini israeliani", gli ha fatto eco Netanyahu. Dichiarazioni di facciata: difficile fidarsi di entrambi, dopo che Gantz ha dipinto per mesi Netanyahu come «divisivo e pericoloso per Israele», promettendo di non sedersi mai al governo con lui. Salvo poi cambiare clamorosamente idea, lo scorso 26 marzo: «Una delle più spettacolari inversioni a U nella storia politica israeliana», l’ha definita The Times of Israel. Mentre Bibi descriveva il generale come «debole, lento e completamente privo delle capacità necessarie per guidare la nazione». «Grattando via la superficie dell'accordo si scopre che il governo di "unità" celebrato dai due leader è un regime gonfio e biforcato, modellato dalla profonda sfiducia su cui è stato costruito», ha scritto Haviv Rettig Gur, in un editoriale pubblicato dallo stesso quotidiano.

Di fatto appare improbabile che un governo così concepito, basato sulla reciproca sfiducia, possa portare a qualche risultato concreto. Ciascuna parte ha potere di veto sull’altra. Gantz e Netanyahu dovranno concordare su ogni singolo punto dell’azione di governo, che altrimenti è destinata alla paralisi. Nella fase di "emergenza", ciascuno ha diritto di veto su tutta la legislazione. Ma nella successiva fase di "normalità", pur restando governo di emergenza, il ministro della giustizia di Gantz (probabilmente l’incarico spetterà all’avvocato Avi Nissenkorn) sarà “controllato” dal comitato ministeriale per la legislazione, che accorda l'ok del governo ai nuovi progetti di legge. Ancora Times of Israel spiega un’altra clausola del “contratto di governo”: «Se Netanyahu chiederà alla Knesset un voto per sciogliere il Parlamento e convocare elezioni anticipate prima che Gantz abbia adempiuto al suo mandato di primo ministro, Gantz diventa automaticamente primo ministro a interim nei mesi fino a quando il nuovo governo non giurerà. Cioè, Netanyahu dovrà lasciare la poltrona di Primo Ministro, qualunque cosa accada».

Ha vinto Netanyahu: ha mantenuto la poltrona di primo ministro (nonostante i processi) per i prossimi 18 mesi e mandato in pezzi l’unica coalizione (Blu-Bianco) che rischiava d’insidiare la sua leadership

Altre clausole dell’accordo stanno creando polemiche e malumori. A partire dalle dimensioni del governo: 36 ministri e 16 vice ministri, ciascuno con uffici riservati e personale adeguato. Blu-Bianco ha preteso di avere un numero uguale di ministri come il Likud, mentre Netanyahu si è detto contrario a licenziare gli attuali ministri, come riporta il Jerusalem Post. Inoltre entrambi i leader avranno diritto a una residenza ufficiale interamente finanziata dallo Stato per l'intero triennio del governo.

Chi vince, chi perde

Tra le tante domande che spuntano in queste ore, ne emergono due. La prima: è legale tutto ciò? E’ legale ridurre il governo di un paese a una sorte di accordo tra privati? Sono tutte legalmente applicabili queste clausole? La risposta arriverà dalla Corte suprema. La seconda domanda è: chi ha vinto e chi ha perso con questa firma? Qui la risposta è più complessa. Di certo ha vinto Netanyahu: ha mantenuto la poltrona di primo ministro (nonostante i processi) per i prossimi 18 mesi e mandato in pezzi l’unica coalizione (Blu-Bianco) che rischiava d’insidiare la sua leadership. Gantz, invece, sembra essersi accontentato. Lascerà la presidenza della Knesset a Yariv Levin, del Likud, e sarà ministro degli Esteri, con la promessa che a ottobre del 2021 sarà premier. Ma ha spaccato il suo partito. E si è rimangiato pubblicamente una parola data: non il miglior viatico per un aspirante leader. Per i suoi ex sostenitori, Gantz è ormai bollato come un traditore: «Il governo della resa è uno schiaffo in faccia alla maggioranza civile che è andata alle urne più e più volte per cacciare Netanyahu. Gantz non è stato abbastanza coraggioso da trionfare e ha scelto di legittimare l'annessione, il razzismo e la corruzione», ha dichiarato il leader arabo-israeliano Ayman Odeh. Mentre Tamar Zandberg, del partito di sinistra Meretz, ha dichiarato: «L'uomo che avrebbe dovuto essere il primo ministro che avrebbe portato il cambiamento ha deciso di alzare bandiera bianca invece di vincere. Questo non è un governo di emergenza, ma c'è una situazione di emergenza per la nostra democrazia». «Gantz non ha ottenuto alcun risultato che si avvicini alla parità del punteggio enorme che Netanyahu ha appena ottenuto», ha commentato Tal Shalev, corrispondente politica del principale portale web israeliano, Walla News.

E Bibi punta alla Presidenza

Alla luce di tutto ciò si fa strada una terza domanda: davvero Netanyahu rispetterà la staffetta a ottobre 2021 e lascerà la guida del governo al generale Gantz? Si accontenterà di fargli da vice? King Bibi? Di certo questi 18 mesi gli consentiranno di ritardare con qualsiasi mezzo l’iter giudiziario che lo riguarda. Ma poi? Un possibile (e credibile) scenario lo disegna Barak Ravid, corrispondente diplomatico della tv Channel 13.  Interpellato nei giorni scorsi da Formiche.net, Ravid aveva spiegato: «Perfino all’interno del Likud sono in pochissimi a credere che Netanyahu rispetterà l’accordo di rotazione. A meno che Gantz non gli abbia promesso l’appoggio necessario per diventare il prossimo presidente di Israele». Prendendo così il posto di Reuven Rivlin, il cui mandato scade a luglio 2021: in perfetto orario. «E il presidente d’Israele gode dell’immunità dai processi. Di conseguenza, questa è un’ottima opzione per Netanyahu per fermare i procedimenti a suo carico».

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012