CULTURA

Assenzio: la fata verde che incantò la Francia

Assenzio è il nome comunemente usato per definire la pianta Artemisia Absinthium della famiglia delle Compositae, in Italia cresce nelle aree montane e submontane, fiorendo da luglio a settembre. Viene utilizzato a scopo officinale fin dai tempi antichi e oggi per le sue proprietà: come amaro tonico, diuretico e antielmintico, sotto forma di polvere, tintura, decotto ed essenza. Tuttavia questa pianta deve la sua fama al liquore omonimo a base del suo estratto e di altre erbe (ad esempio angelica, dittamo, issopo, anice stellato, finocchio ed estratto della radice del giaggiolo) ricavato dalla macerazione nell’acquavite delle foglie e dei fiori, principalmente diffuso in Francia alla fine del XIX secolo. Nel primo decennio del XX secolo venne dichiarato illegale, invece in epoca contemporanea l'Unione Europea ha stabilito i parametri per il consumo sicuro di bevande alcoliche contenenti tujone, come l'assenzio, e qualche giorno fa ha riconosciuto l'indicazione geografica dell'Absinthe de Pontarlier.

I principi attivi presenti nelle foglie, negli steli e nelle sommità fiorite della pianta sono: alfa e beta-tujone, absintina (responsabile del sapore fortemente amaro) anabsintina, artabsina, anabsina e anabsinina. Il tujone (qui un approfondimento dell'Istituto Superiore di Sanità) venne messo sotto accusa a seguito degli studi scientifici che lo individuarono come neurotossina capace di indurre convulsioni e morte negli animali da laboratorio. Ma la storia dell'Absinthe e della sua rapida scomparsa dai mercati europei e statunitensi nei primi anni del '900, cela delle motivazioni non solo di ordine scientifico, ma anche di tipo storico e sociale.

L'inventore del celebre liquore fu un medico francese di nome Pierre Ordinaire che si trasferì a Couvet, in Svizzera, nel 1792. Essendo un medico di campagna era solito preparare dei rimedi a base di erbe contro le malattie più comuni, in Svizzera trovò l'assenzio maggiore, col quale iniziò a sperimentare fino a distillare un forte liquore che conteneva diverse erbe, tra cui anice e melissa. Già da allora, questo composto, venne soprannominato la Feé Verte (fata verde) e divenne famoso localmente come “toccasana”. Nel XIX secolo comparvero molte distillerie in Francia e in Svizzera che produssero il liquore sotto diversi marchi, pian piano l'assenzio divenne sempre più popolare fino a essere considerato emblematico dello stile di vita bohémien.

Veniva bevuto da poeti, pittori e altri intellettuali e artisti. Bevanda preferita di Van Gogh e Toulose Lautrec, fu d'ispirazione per il famoso quadro di Edgar Degas: L'assenzio, che ritrae due bevitori obnubilati dalla fata verde, la quale ispirò anche Édouard Manet e Pablo Picasso. Citato, fra gli altri, nei Versi d'amore di Gabriele D'Annunzio, nei racconti di Ernest Hemingway e ne L'ammazzatoio di Émile Zola, veniva solitamente consumato non tutto d'un fiato, ma diluito con dell'acqua ghiacciata in misura pari a un volume cinque volte quello del liquore, che veniva versata su un cucchiaino, appositamente forato e tenuto sospeso sopra il bicchiere, contenente una zolletta di zucchero.

La fata verde stregò anche tante persone comuni, complici le problematiche sociali che contraddistinsero il periodo successivo alla rivoluzione industriale: gli operai, stremati dai massacranti turni nelle fabbriche, cercavano sollievo nell'ubriacatura. L'alcolismo era un problema fortemente diffuso nell'800, inoltre l'assenzio era molto economico rispetto ad altri alcolici. Queste fece sì che, per risparmiare e vendere maggiormente, venissero spesso aggiunti nella bevanda prodotti di pessima qualità e sostanze nocive alla salute, ciò contribuì a rovinarne la nomea. Il fatto che fosse l'alcolico più consumato dell'epoca lo mise al centro della lotta contro la dipendenza dall'alcol, in più i produttori francesi di distillati di vino ne riconoscevano il grande potere competitivo, perciò fecero pressioni sul Governo. Questi fattori, in combinazione con gli studi scientifici sul tujone, portarono al ritiro del liquore dal mercato.

Nel XIX e nel XX secolo si credeva che l'abuso cronico di absinthe fosse responsabile della sindrome detta “absintismo”, caratterizzata da un'iniziale sensazione di benessere cui seguivano allucinazioni e un profondo stato depressivo. I sintomi associati all'intossicazione acuta da assenzio sono: convulsioni, ipotensione da vasodilatazione generalizzata, diminuzione del ritmo cardiaco e difficoltà respiratorie, tuttavia recentemente si è evidenziato che gli effetti tossici che si manifestavano in seguito ad assunzione cronica, non sarebbero correlabili solamente alla presenza di tujone nel liquore, ma anche all'abuso cronico di alcol presente nell'assenzio e dalla miscela di alcune erbe tossiche usate come adulteranti all'epoca.

Nonostante l'alfa-tujone sia presente in quantità minori nella pianta rispetto al beta-tujone, è stato riconosciuto come principale responsabile degli effetti psicoattivi e tossici dell’assenzio. La neurotossicità dell’alfa-tujone è stata associata alla sua capacità di bloccare a livello cerebrale i recettori dell’acido G-aminobutirrico (Gaba): la riduzione dell’attività gabaergica prodotta dall’alfa-tujone sembra favorire l’insorgenza di scariche elettriche neuronali anomale, responsabili delle manifestazioni cliniche di tipo comiziale. Si è parlato di tujone anche in relazione alla somiglianza strutturale con il delta-9-tetraidrocannabinolo cioè il principio attivo psicotropo della cannabis, in virtù della quale possiede una lieve affinità per i recettori dei cannabinoidi, senza tuttavia indurre effetti cannabis-mimetici.

La direttiva europea 88/388/EEC stabiliva che il livello massimo di tujone nelle bevande alcoliche non poteva essere maggiore di 5 mg/kg e, in ogni caso, la percentuale di questa sostanza non doveva superare il 25% del volume di alcol e i 35 mg/kg negli amari. Il regolamento 1334/2008/EC ha abrogato la precedente normativa, che prevedeva che il tujone non potesse superare il limite di 0,5 mg/kg in tutti i cibi e le bevande, fatta eccezione per alcuni alcolici e alimenti, per i quali il limite massimo era, appunto, 5 mg/kg e 35 mg/kg per gli amari. Oggi la presenza di tujone nelle bevande alcoliche è limitata in modo diverso, a seconda che siano prodotti derivati o meno dalle piante del genere Artemisia: rispettivamente 35 e 10 mg/kg. Nelle bevande analcoliche derivate dal genere Artemisia il livello massimo è ancora 0,5 mg/kg, ma tale limite non si applica ad altre bevande analcoliche né ai prodotti alimentari.

Inoltre, l’Unione Europea nel 2002 ha redatto un documento circa la sicurezza nell’utilizzo di bevande alcoliche o alimenti contenenti aromatizzanti a base di tujone. Si è stabilito che il consumo di 1 litro di una bevanda alcolica (25% di alcol) contenente 5 mg/l di tujone, determina, in un adulto di 60 kg di peso, l’assorbimento di una dose di tujone pari a 4,8 mg (0,08 mg/kg). Questi valori sono 100 volte inferiori a quelli stabiliti negli studi di Noel (No Observed Effect Level) sul ratto.

L'ordinamento europeo, però, non ha ancora trovato un accordo sulla definizione legale di distillati di erbe identificabili col nome di assenzio. La questione di fondo è che la bevanda alcolica è il risultato di una preparazione che segue differenti ricette, che variano a seconda della località. Per esempio si discute sulla necessità di utilizzare l'Artemisia Absinthium, dato che alcuni produttori avrebbero distillato il liquore utilizzando altre varietà prive di tujone. Tuttavia, qualche giorno fa, l'assenzio di Pontarlier ha ottenuto l'etichetta di indicazione geografica per gli alcolici. La Commissione europea riconoscendo la storia e l'importanza della produzione di Pontarlier, ha comunque specificato che: “Il termine absinthe potrà continuare ad essere utilizzato nelle etichette e nelle presentazioni sul territorio dell'Unione a condizione che i principi e le norme applicabili nell'ordinamento giuridico di quest'ultima siano rispettati”.

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