IN ATENEO

Dal Bò al Bo Live: 100 anni in una storia per immagini

Testi di Daniele Mont D'Arpizio, disegni di Marco Roveroni.

Nel 1919, esattamente un secolo fa, veniva stampato giornale goliardico "Il Bò". Il nome viene da Palazzo Bo, scritto senza accento né apostrofo: dal 1501 sede e simbolo dell’università di Padova, fondata nel 1222 dalla migrazione spontanea di un gruppo di studenti e professori da Bologna. Qui sorgeva fin dal ‘300 la Locanda del bove (Hospitium bovis), forse chiamata così a causa del vicino quartiere dei macellai o per il mercato dei bovini che vi si teneva. Da allora la testa di bue, o bucranio, è uno dei simboli dell’ateneo e della goliardia padovana, ben in evidenza nel fregio del cortile cinquecentesco di Andrea Moroni.

Così, quando si deve scegliere un nome per il giornale dell’università, per molti è naturale pensare al Bo. Nella prima estate dopo la grande guerra, in una città ancora stremata (Padova è stata a lungo capitale del fronte e qui, a Villa Giusti, è stato concluso l’armistizio tra Italia e Austria), viene diffuso il primo numero de “Il Bò, rivista goliardica quindicinale”. Gli articoli sono di tono scanzonato e ironico, spesso accompagnati da gustose vignette dal tratto elegante, mentre il giornale viene stampato dai torchi della Litotipo (poi Cedam), nel tentativo di favorire la nascita di un’associazione goliardica rappresentativa di tutti gli studenti “senza distinzione di opinioni politiche o confessionali”.

La rivista ha una vita effimera e termina le pubblicazioni lo stesso anno. È soprattutto a partire dal 1933 che iniziano ufficialmente le pubblicazioni del giornale dell’università di Padova, a fascismo ormai saldamente al potere, in occasione della festa delle matricole del 4-6 febbraio che vede a Padova la presenza dell’allora segretario generale del Partito nazionale fascista Achille Starace. Il locale Gruppo universitario fascista (Guf), in collaborazione con il Tribunato degli studenti, pubblica El Bò in onore del prestigioso ospite, che però si risente molto con i padovani: nel corso dei festeggiamenti viene infatti punto alle natiche, forse con un gagliardetto, da uno studente “ubbriaco”. Nel 1934 le feriae matricularum saranno sospese.

La rifondazione arriva l’8 febbraio 1935, con il primo numero del periodico che per oltre tre decenni accompagnerà i momenti importanti della storia dell’Università di Padova. Si chiama Il Bò e nasce per volontà di Carlo Anti, rettore dal 1932 al 1943, il cui nome è legato al profondo rinnovamento edilizio dell'università (di cui sono esempio il cortile nuovo di Palazzo Bo, ma anche il nuovo Istituto di Fisica e l’osservatorio di Asiago) e alla collaborazione con il grande architetto e designer Gio Ponti, che rimaneggia profondamente gli interni di Palazzo Bo e progetta personalmente Palazzo Liviano, sede della facoltà di lettere. Il Bò, con l'accento, esce con cadenza quindicinale, il secondo e il quarto sabato del mese; è scritto soprattutto da studenti e contiene notizie di politica, arte e cultura, ma anche resoconti vivaci di vita studentesca, non senza qualche tocco polemico.

Il Bò, che arriva a toccare le 5.000 copie, pur uscendo in pieno periodo mussoliniano fin dai primi anni si fa apprezzare anche per i caratteri di anticonformismo e autonomia, a volte perfino irriverente. Caratteristiche ben rappresentate dal pittore e illustratore padovano Tono Zancanaro, che da studente collabora alla rivista e che negli anni della guerra svilupperà il personaggio satirico del Gibbo, la cui deformità fisica e morale rappresenta ferocemente il regime e Mussolini come suo grottesco eroe. Nella seconda metà degli anni '30 nella redazione del giornale, oltre a convinti sostenitori della dittatura, sono presenti anche antifascisti come Ettore Luccini e soprattutto il fisico triestino Eugenio Curiel, che in quel periodo rappresenta la mente e l'anima del giornale, assistente universitario di meccanica razionale e collaboratore di Bruno Rossi.

La presenza e l’influenza di antifascisti non impedirà al giornale di sostenere convintamente le leggi razziali del 1938. Nel numero del 20 agosto di quell'anno vengono elencati facoltà per facoltà tutti i professori, gli incaricati, gli assistenti ebrei dell’università: tra loro ci sono proprio Bruno Rossi lo stesso Eugenio Curiel, che poche pagine dopo sigla il suo ultimo articolo per il giornale. Iscritto al partito comunista clandestino, dopo l'espulsione dall'università Curiel diventerà comandante delle Brigate Garibaldi e fonderà il "Fronte della Gioventù per l’Indipendenza Nazionale e l’Unità". Eroe della resistenza, dopo la sua uccisione nel 1945 a Milano da parte delle brigate repubblichine gli sarà attribuita la Medaglia d'Oro al Valor Militare. 

Tra il 1938 e i primi anni della guerra il regime è al suo acme di popolarità e Il Bò, privato di voci dissonanti autorevoli come quella di  Curiel, ne diventa il fedele megafono all’interno del mondo universitario. Una linea che continua anche dopo il 25 luglio 1943, quando Mussolini viene deposto dal gran consiglio del fascismo, e che prosegue anche quando viene liberato dai tedeschi e posto a capo della Repubblica Sociale Italiana.

C’è però chi scegli di ribellarsi: Il 9 novembre 1943, durante l’inaugurazione del nuovo anno accademico, il nuovo rettore Concetto Marchesi, comunista e antifascista, fa cacciare i miliziani fascisti dall’Aula Magna e incita gli studenti a “non lasciare che l’oppressore disponga della loro vita” e a “liberare l’Italia dalla schiavitù e dall’ignominia” del nazifascismo. Intanto nelle stesse sale del rettorato il 25 settembre è nato il primo numero di “Fratelli d’Italia”, periodico del Cln e il più diffuso dei giornali clandestini del Veneto.

Dopo l'8 febbraio 1848, in cui si ribellarono contro il dominio austriaco, gli studenti dell'ateneo si mobilitano nuovamente contro l'oppressione, lasciando sul campo 107 caduti. Grazie al loro sacrificio l'Università di Padova è l'unico ateneo italiano ad essere stato insignito della medaglia d'oro al valor militare poiché, come si legge nella motivazione, “nell’ultimo immane conflitto seppe, prima fra tutte, tramutarsi in centro di cospirazione e di guerra. Padova ebbe nel suo Ateneo un tempio di fede civile e un presidio di eroica resistenza”.

Fortemente compromesso con il regime fascista sotto il rettorato di Carlo Anti, dopo la Liberazione il Bò viene osteggiato dal nuovo rettore Egidio Meneghetti, fondatore del Comitato di Liberazione Nazionale del Veneto e, secondo le parole di Norberto Bobbio, “anima e braccio della Resistenza veneta”.

Meneghetti decide di puntare soprattutto sulla nuova radio universitaria, inizialmente realizzata dagli studenti con apparecchiature catturate ai tedeschi. Già subito dopo il 25 aprile 1945 inizia la trasmissione di notiziari, comunicati e musica con il beneplacito delle autorità alleate. Con l’autorizzazione del generale Dunlop, “governatore” alleato per le Venezie, partono infine le trasmissioni del La Voce dell’Università di Padova – questo il nome della radio e del bollettino stampato che la accompagnerà.

L’apparecchio trasmittente viene sistemato in un locale dell’Istituto di Fisica in via Marzolo, mentre per i microfoni e gli altri dispositivi si opta per una stanza dell’Istituto di statistica. Le trasmissioni, con una durata giornaliera di mezz’ora, sono effettuate sia a onde corte che medie per essere ascoltate anche all’estero, e presentano già quelle che poi saranno le caratteristiche della comunicazione universitaria odierna: notizie dall’ateneo, un giornale radio culturale e cicli di alta divulgazione curati da alcuni docenti.

Meneghetti sarà sempre molto fiero della sua “creatura”, che rappresenta un unicum a livello italiano ed europeo, e sarà particolarmente dispiaciuto quando la Rai, che nel 1944 ha preso il posto dell’Eiar, reclamerà il monopolio sulle frequenze, facendo chiudere tutte le altre emittenti. Il 14 marzo 1950 La Voce dell’Università di Padova è costretta a cessare le trasmissioni: il fenomeno delle “radio libere” tornerà solo 25 anni più tardi con una storica sentenza della Corte costituzionale.

Così arriviamo agli anni del Boom. Il secondo dopoguerra rappresenta la stagione migliore per il Bo, nel frattempo divenuto espressione del Tribunato e degli organi rappresentativi degli studenti: le sue pagine ospitano interventi di professori e intellettuali, anche esterni all’ateneo, e al contempo diventano una palestra per giovani studiosi e futuri accademici, giornalisti, politici, scrittori e artisti. Nella sua nuova versione, Il Bò si batte contro l’aumento delle tasse universitarie e per una maggiore partecipazione dei giovani alla gestione dell’ateneo, per più posti nelle residenze  e nelle mense e per una migliore didattica. Diventa insomma la voce degli studenti dell’università di Padova e negli anni ’60 aderisce al movimento studentesco.

Nel Gennaio 1968 Il Bo’, “Organo degli studenti dell’università di Padova”, titola OCCUPAZIONE in prima pagina a caratteri cubitali. Obiettivo della protesta, che parte già alla fine del ’67, è il disegno di legge 2314 sull’università che prende il nome proprio dal padovano Luigi Gui, ministro dell’istruzione dal 1962 fino, appunto, all’estate del 1968. Anche il rettore Guido Ferro dopo quasi vent’anni decide di lasciare l’incarico ma, paradossalmente, le manifestazioni segnano anche la fine del giornale universitario. L’Organismo Rappresentativo dell’università, che riunisce i rappresentanti degli studenti, viene infatti travolto a sua volta dal movimento studentesco, nato ‘dal basso’ e caratterizzato da forme di organizzazione spontanee e sostanzialmente anarchiche, e nella sua caduta coinvolge anche Il Bo', che dell’Organismo è emanazione. Usciranno ancora due numeri “semiclandestini” tra il 1968 e l’inizio del 1969, poi uno dei giornali universitari più diffusi chiuderà definitivamente i battenti per 40 anni.

Nel 2008 rinasce il Bo, il giornale dell’università di Padova, che nel 2012 va sul web. Nel 2018, in seguito a un profondo rinnovamento grafico ed editoriale, diventa Il Bo Live, quotidiano multimediale specializzato in attualità, scienza e cultura, in cui confluiscono il giornale studentesco Vivi Padova e la webradio universitaria Radio Bue. Erede di una tradizione secolare di giornalismo, oggi Il Bo Live è il centro del sistema di comunicazione di uno dei grandi atenei italiani e anima una community di decine di migliaia di persone che si riconoscono nei valori di una conoscenza libera e accessibile.

SPECIALE I 100 anni di un giornale universitario

  1. Gli inizi
  2. Gli anni '30
  3. Antifascisti in redazione
  4. Tra fascismo e resistenza
  5. L'età della radio
  6. Dal dopoguerra a oggi

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