SOCIETÀ

Come ragiona un negazionista?

Sembrano esserci delle caratteristiche ricorrenti nel modo di ragionare di negazionisti, cioè di coloro che si rifiutano di credere all'evidenza scientifica, cercando di far apparire sensate delle argomentazioni che negano la realtà stessa. Sean B. Carroll, biologo, evoluzionista e autore di libri di divulgazione scientifica, in un contributo breve ed efficace pubblicato su Scientific American presenta il “manuale del negazionista” (The denialist playbook): sei punti chiave sui quali, secondo la sua riflessione, si basano i principali movimenti negazionisti nella storia del mondo occidentale.

Carroll ripercorre in particolare le argomentazioni che alimentarono le proteste degli antievoluzionisti e antivaccinisti in America, specialmente, nel caso di questi ultimi, durante la campagna di vaccinazione contro la poliomielite, che salvò la vita a migliaia di bambini.

I sei argomenti retorici individuati da Carroll sono i seguenti: rifiutare prove e interpretazioni scientifiche, mettere in discussione l'integrità degli scienziati, ingigantire i disaccordi tra questi ultimi, alimentare la paura per esagerare la percezione del rischio di effetti collaterali, appellarsi alla libertà personale come valore da difendere a qualunque costo, rifiutare di accettare una teoria scientifica perché contraddice convinzioni personali, religiose o filosofiche.

“Che convinzioni di questo tipo si basino su uno schema comune è la tesi anche dello psicologo cognitivo Stephan Lewandowsky, uno dei più importanti studiosi di negazionismo al mondo, che si è occupato specialmente di analizzare le posizioni degli scettici riguardo ai cambiamenti climatici, osserva Fabio Grigenti, professore di storia della filosofia moderna e contemporanea all'università di Padova.
“Come viene sottolineato nell'articolo su Scientific American, il negazionismo è una forma di atteggiamento ricorrente nella storia fin dalla modernità, essendo strettamente legato al tema della scienza. “Nel Poema sul disastro di Lisbona, scritto da Voltaire e inserito nel Candido, l'illuminista denuncia che, secondo la filosofia di Leibniz, persino gli effetti drammatici di quel terremoto venivano considerati necessari per il migliore dei mondi possibili. Quell'interpretazione distorta della realtà si traduceva in una sorta di teodicea, cioè nella negazione che esista una volontà malvagia e che, al contrario, tutto ciò che accade ha una fine positivo.
Nel corso dei secoli, fino ad arrivare ai giorni nostri, questo atteggiamento si mostra in modo diverso, ovvero come la negazione diretta della realtà. Sono molti coloro che negano il fatto stesso che esista un'epidemia, trasformando questa verità in una apparenza, in una falsità, spesso rifiutandosi di credere che il virus esista, e cercando invece una causa oscura e nascosta che guida gli eventi a cui stiamo assistendo, che viene individuata negli interessi di entità impersonali come case farmaceutiche e governi, o degli scienziati stessi, che avrebbero organizzato questa messinscena per ingannare tutti gli altri.

Implicitamente viene messa in questione non solo l'autorevolezza degli scienziati, ma anche la loro buona coscienza e la loro integrità morale. A tutto questo si aggiunge, naturalmente, il rifiuto dei rimedi che la scienza propone. Il vaccino, ben lontano dall'essere considerato una soluzione, diventa parte del male: è l'effetto del complotto, non certo qualcosa da cui possiamo aspettarci il bene e la salvezza. Assistiamo quindi a un incredibile rovesciamento del rapporto causa-effetto tra il virus (considerato un'invenzione per convincerci a vaccinarci) e il suo rimedio.

L'altro atteggiamento tipico del negazionismo contemporaneo che osserviamo maggiormente, accanto alla messa in discussione dell'autorità della scienza, è un appello radicale e irrazionale alla libertà personale: presa di posizione che osserviamo in chi si rifiuta di rispettare le misure necessarie per combattere il contagio, come ad esempio indossare la mascherina. In questo caso, la libertà personale viene considerata un principio inappellabile, in virtù del quale dovremmo addirittura essere lasciati liberi di infettare gli altri”.

Un'altra strategia retorica usata dai negazionisti è insistere sulle divergenze di opinioni tra scienziati, dimenticando di considerare che il confronto tra ipotesi e metodi diversi è una caratteristica strutturale del progresso scientifico.

“Il negazionista, nel sostenere le sue ragioni, usa alcune armi della logica”, commenta il professor Grigenti. “Sa argomentare, ed è molto abile nello sfruttare le divergenze di opinioni tra gli scienziati per dimostrare che ciò che dicono è falso. In questo modo, però, ignora che la scienza medica non è a priori, ma progredisce rivedendo di volta in volta i suoi risultati.

Il negazionista costruisce una seconda verità, per alcuni versi anche coerente al suo interno, che però non ha attinenza con la realtà. Rasenta, al contrario, una sorta di superstizione, che ricorda proprio l'atteggiamento di coloro che si rifiutavano di guardare nel cannocchiale del Galileo, accusandolo di volerli ingannare, perché non potevano accettare che ci fosse una verità in grado di mettere in discussione ciò in cui avevano sempre creduto. È tipico degli atteggiamenti superstiziosi che, pur usando la ragione, in fondo la negano”.

Questa riflessione si ricollega all'ultimo punto del manuale del negazionista di Carroll, secondo il quale “l'identità culturale prevale sui fatti”.
“L'articolo di Carroll fa riferimento soprattutto alla situazione in America, dove di solito il negazionismo è profondamente legato al rifiuto dell'evoluzionismo, che si radica in una coscienza religiosa pre-moderna che rifiuta l'evidenza, e resiste fino all'irragionevole pur di non cambiare idea”, chiarisce il professor Grigenti.
“Da noi, così come in altri paesi europei, questo atteggiamento risulta numericamente più attenuato, e legato non tanto al credo religioso, ma piuttosto a quella rivendicazione della libertà personale, per cui il proprio diritto è più importante di ogni altra cosa, anche della necessità di prendere delle precauzioni per non danneggiare gli altri.

Insomma, proprio perché la realtà parallela costruita dai negazionisti è per certi versi molto coerente, è difficile scalfirla. Prima di tutto, è necessario che la politica non incoraggi atteggiamenti che rifiutano la scienza, perché può a sua volta venirne travolta; e non ha senso neanche perdere troppo tempo a cercare di confutare razionalmente queste posizioni, almeno finché non si traducono in comportamenti dannosi per gli altri e in violazioni della legge”.

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