SOCIETÀ

Crisi climatica: ecco quanto è aumentata la temperatura nei comuni italiani

Cinque anni fa, esattamente il 12 dicembre 2015, a Parigi, 195 paesi trovarono un’intesa per cercare di limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2º di incremento rispetto all’epoca pre-industriale. Era la Cop21 e le speranze di arrestare il cambiamento climatico erano ancora altre, seppur la scienza richiedesse azioni ancora più intense.

Cinque anni dopo la Cop è stata rinviata (sarebbe dovuta essere la numero 26) di un anno, e si terrà nel novembre prossimo a Glasgow, e le azioni messe in campo risultano essere altamente insufficienti. Secondo il Climate Action Tracker se tutti i governi nazionali raggiungessero i loro obiettivi di zero emissioni nette entro il 2050, l’innalzamento di temperatura potrebbe essere, ottimisticamente, di 2,1° entro il 2100, superando così di parecchio il limite di 1,5 ° C dell'accordo di Parigi.

Qualcosa però si sta muovendo, lentamente e insufficientemente a livello globale ma dei piccoli passi in avanti si possono notare. Si vedono nella politica, dove l’Unione Europea ha deciso di tagliare le emissioni di almeno il 55% entro il 2030, e si stanno notando anche a livello di temperatura globale. Sempre secondo il CAT la proiezione di riscaldamento in business as usual, cioè nello scenario delle politiche attuali è scesa da 3,6 ° C del 2015 ai 2,9 ° C oggi. Questo calo è derivato dall'attuazione di nuove politiche da parte dei governi, dall'aumento dell'uso di energie rinnovabili, dal minor uso del carbone e da ipotesi di crescita economica inferiori (sia prima che a causa della pandemia).

Un calo però che non può certo essere visto come una buona notizia, in quanto troppo esiguo. Le azioni messe in campo infatti sono ancora largamente insufficienti e nessuno dei grandi “inquinatori” ha rafforzato i propri obiettivi dell'Accordo di Parigi del 2030 in tempo per la scadenza di quest'anno fissata dall'UNFCCC.

Ad oggi quindi sono due gli Stati che secondo il CAT hanno messo in campo azioni compatibili con gli accordi di Parigi: Marocco e Gambia. 

Il Gambia in particolare nel 2020 dovrebbe abbassare le sue emissioni di gas serra tra il 5,7 ed 7,4% rispetto al 2019.

Cina e Stati Uniti, cioè i due maggiori indiziati per quanto riguarda le emissioni di CO2 invece sono ben lontani dagli accordi di Parigi. La questione degli USA è conosciuta, durante il suo mandato, che si concluderà ufficialmente il prossimo 20 gennaio, l’amministrazione Trump ha deciso di uscire dagli accordi di Parigi. Azione però che il prossimo Presidente Joe Biden dichiara di voler cancellare immediatamente. “Gli Stati Uniti torneranno agli accordi di Parigi nel primo giorno della mia presidenza - ha dichiarato Biden proprio nel giorno dell’anniversario dei 5 anni dalla firma a Parigi - e io inizierò immediatamente a lavorare con i miei interlocutori nel mondo per fare tutto il possibile, compreso convocare un summit sul clima con i leader delle maggiori economie durante i miei primi 100 giorni alla presidenza". Gli Stati Uniti quindi, sembrano intenzionati a ridurre a zero le emissioni entro il 2050, certo è che la strada da fare sarà lunga e impegnativa per il neo presidente USA.

Piccoli spiragli sembrano arrivare anche dalla Cina. Il presidente Xi Jinping infatti nel settembre scorso ha annunciato il Paese rafforzerà il suo obiettivo climatico 2030, cercando di raggiungere la neutralità del carbone prima del 2060. 

Anche il clima politico quindi, sembra stia cambiando. Il tempo che ci resta però è poco, ed ora la politica deve mettere in campo non solo belle dichiarazioni ma anche azioni forti e concrete per evitare di dirigersi inevitabilmente e senza freni verso un futuro non desiderabile.

Di clima però sembra si sia smesso di parlare. La pandemia ha preso il sopravvento mediatico e la crisi climatica è passata in secondo piano. Di clima però bisogna parlare, bisogna capire e far capire che questa crisi è già in atto, e che per seguire i consigli della scienza ora bisogna agire velocemente e con azioni imponenti.

I dati che ci sbattono in faccia la realtà del clima già mutato sono innumerevoli e vanno dall’aumento dei fenomeni metereologici estremi alla riduzione delle biodiversità. L’uomo però è un animale tanto razionale quanto, a volte, con uno sguardo ristretto. Finché una cosa non ci tocca da vicino, spesso si ritiene inutile organizzarsi per prevenirla. L’abbiamo scoperto a nostre spese, di tutti, con la pandemia, dobbiamo cercare di non scoprirlo ancor più intensamente fra qualche anno con la crisi climatica. Per accorgerci di come tutto sia già cambiato però basta analizzare le temperature del nostro piccolo (o grande) comune di residenza.

Per farlo ci viene in aiuto il programma Copernicus. L’iniziativa dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA) e della Commissione europea ha messo in orbita una serie di satelliti molto precisi e dei sensori di terra e di mare che, tra le altre cose, ci aiutano a conoscere nel dettaglio l’andamento delle temperature.

Tutti questi dati poi, sono stati analizzati dall’European Data Journalism Network che ha elaborato una mappa che compara la temperatura media degli anni sessanta con quella attuale. Il risultato è che in molte zone d’Italia, la fatidica soglia dei +2 gradi è già stata superata.

L’aumento di temperatura nelle Regioni italiane

Iniziamo però con l’analizzare l’aumento di temperatura a livello regionale. Come si può notare dal grafico sottostante la crescita più marcata è stata riscontrata nella Provincia autonoma di Bolzano in cui, negli ultimi 50 anni, la temperatura media è aumentata di 2,7°. Un dato che va ben oltre al fatidico obiettivo dei due gradi di aumento rispetto all’epoca pre-industriale. La seconda Regione in questa triste classifica è il Lazio con un aumento di 2,6°, seguita dalla Lombardia, dal Friuli Venezia-Giulia e dal Molise.

Toscana, Liguria e Sardegna invece sono le regioni che hanno subito meno l’aumento di temperatura, rimanendo comunque ben oltre al grado di aumento.

L’aumento di temperatura nei Comuni italiani

Dei 7.669 comuni che ci sono in Italia in 7.540 la temperatura negli ultimi 50 anni è aumentata di almeno 1 grado centigrado. Il caso limite è quello di Novate Mezzola, un piccolo comune di meno di duemila abitanti in provincia di Sondrio, in cui la temperatura media negli ultimi 50 anni è aumentata di 4.1°. Stessa zona e stesso aumento di temperatura per il comune di Samolaco, quasi tremila anime che in 50 anni hanno visto un aumento medio di 4,1°.

A livello italiano la Provincia di Sondrio si piazza al terzo posto come innalzamento di temperatura media con + 2.98°, dietro alla provincia di Brindisi e Roma, rispettivamente con + 3,12° e + 3,08°. In sesta posizione troviamo poi la provincia di Vicenza con un innalzamento della temperatura media di 2,76°. La provincia di Padova ha riportato, negli ultimi 50 anni, un innalzamento di 2,06°.

Olbia-Tempio, Trapani, Pisa e Sassari invece sono le provincie che negli ultimi 50 anni hanno subito un minore innalzamento della temperatura media, rispettivamente di +1,03°, +1,19°. +1,33°, + 1,34°. In tutte le provincie italiane quindi, la temperatura è aumentata di almeno un grado. 

Mentre come abbiamo già visto Novate Mezzola e Samolaco sono i due comuni italiani che hanno riscontrato un aumento maggiore di temperatura media, tra quelli che si sono “salvati” maggiormente troviamo Aglientu, Airasca e Castagnole Piemonte. Il primo è un comune di poco più di mille abitanti in provincia di Sassari, il secondo ed il terzo sono comuni in provincia di Torino, rispettivamente di circa 3.700 abitanti il primo e di 2.200 il secondo, e tutti e tre hanno avuto un aumento di 0,3° negli ultimi 50 anni. La città di Padova infine, negli ultimi 50 anni ha visto aumentare la sua temperatura di +2°.

La mappa dell’innalzamento di temperatura media nei Comuni italiani (apri la cartina a tutto schermo)

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