CULTURA

Atelier d'artista: Bruno Lorini

Colori, pennelli, cavalletti, vecchie fotografie, oggetti sistemati con cura, come piccole memorie, e un divano dove rilassarsi, leggere un buon libro o sfogliare un catalogo d’arte. L’atelier è quello del protagonista del trentaduesimo episodio, l’ultimo del 2024: abbiamo incontrato Bruno Lorini, pittore delle nuvole e delle montagne innevate, per anni allievo e assistente di Emilio Vedova. Il suo studio, nel centro storico di Padova, è una wunderkammer di meraviglie, da scovare curiosando tra gli scaffali e osservando con attenzione le pareti, dove sono appese opere (in lavorazione) e radiografie, usate dall’artista come tele. 

È un atelier intimo ma con tutto quello che serve, luogo per dipingere, studiare, accogliere, spazio del lavoro solitario ma anche punto d’incontro: all'ingresso, Lorini ospita mostre di artisti emergenti, perché “ho insegnato per quarant’anni anni al liceo artistico e lo scambio con i giovani mi ha sempre dato tantissimo. Ora, che non insegno più, ho pensato di restituire quello che i ragazzi mi hanno dato, così ho trasformato una parte del mio studio in uno spazio espositivo dedicato a personali di giovani artisti: si chiama proprio InStudio. Un’opportunità per loro ma anche per me: essere aperto e favorire lo scambio è molto importante”.

Prima di arrivare in via Cesare Battisti, Lorini lavora in altri spazi: “Finita l’Accademia non so dove andare, così una mia zia mi presta una cantina in via San Pio X. Poi mi sposto in uno studio ad Albignasego, ma quello dove sono rimasto di più si trova qui vicino, in via Briosco, nella casa di mio nonno, che si chiamava come me, Bruno Lorini: ho lavorato lì per vent’anni e in quello spazio ho accumulato talmente tante cose che, una volta lasciato, ho organizzato la mostra Sorprese da un trasloco per esporre tutte le opere che non ricordavo di aver realizzato. In quell’occasione ho scoperto una certa coerenza, senza averla mai programmata”.

Servizio di Francesca Boccaletto e Massimo Pistore

Ho trasformato una parte del mio studio in uno spazio espositivo dedicato a personali di giovani artisti. È un’opportunità per loro ma anche per me: essere aperto e favorire lo scambio è molto importante Bruno Lorini

“Sono un po’ inquieto nel mio lavoro. Ho bisogno di spaziare, cercare stimoli. A un certo punto del mio percorso, dopo una mostra della Galleria Studio G7 a Bologna in cui erano presenti molti elementi narrativi, ho iniziato ad approfondire questo aspetto e, a Padova, mi sono iscritto al corso di scrittura creativa dello scrittore Giulio Mozzi. Non volevo scrivere ma capire i meccanismi della narrazione. Una svolta”. 

L’approccio è quello vivace e curioso dell’esploratore che, volontariamente, per necessità di scoperta, percorre diverse vie: dapprima la formazione all’Accademia di Belle Arti di Venezia, poi l’esperienza come assistente di Emilio Vedova ed è sempre una ricerca costante a portarlo, alla fine degli anni Novanta e per i successivi dieci anni, ad abbandonare la sua firma per aderire a un progetto artistico collettivo, curato insieme a Mozzi, dando vita ad artisti ‘immaginari’: tra tutti, Carlo Dalcielo, autore del Diario dei sogni.

Dopo questa lunga esperienza di immersione in un ‘io collettivo’ sono tornato a me stesso, al mio lavoro personale. Per lo sfondo di un video di animazione ho dipinto una nuvola e subito ho provato a farne un’altra: ho percepito uno stimolo nuovo, ricordando La montagna di Sainte-Victoire di Cézanne, e ho cominciato a dipingere la stessa nuvola più volte, è diventato un lavoro molto personale. Ne ho dipinte 75 in cinque anni”. 

Vedova diceva che i quadri hanno le gambe e sono finiti solo quando se ne vanno: finché resta nel mio studio un quadro non può stare tranquillo, non è detto che sia finito Bruno Lorini

Dalle nuvole alle montagne, oggi al centro della sua ricerca: “La luce della luna non illumina l'atmosfera, illumina le cose: fa emergere le rocce e la neve. Sono partito da questa suggestione. Ci lavoro ormai da sei anni e penso di continuare, perché sto scoprendo sempre cose nuove: il soggetto è lo stesso, ovvero l’apparizione notturna delle montagne, ma il mio sguardo cambia […] Ora dipingo utilizzando delle radiografie stampate su pellicola, su cui ho testato il colore. L’evoluzione è in atto”.

Oggi Lorini sceglie i pigmenti, le terre, le ceneri e le argille, che lega con acqua e colla, e utilizza "pennelli molto piccoli per lavori molto grandi, infatti ci metto diversi mesi per realizzare un quadro, mi sono scoperto pignolo in questo". E sulla tecnica aggiunge: "È la conseguenza di una necessità, per raggiungere un risultato ne scopro e ne imparo una nuova". 

La sua relazione con l’opera è fatta di cura, ritorni, rifiniture, dettagli: “Vedova diceva che i quadri hanno le gambe e sono finiti solo quando se ne vanno: finché resta nel mio studio un quadro non può stare tranquillo, non è detto che sia finito, ma quando un’opera se ne va sono felice perché mi piace ritrovare i miei lavori nelle case di altri”.


Atelier d'artista

Una serie ideata e realizzata da Francesca Boccaletto e Massimo Pistore

Intervista di Francesca Boccaletto, riprese e montaggio di Massimo Pistore

Con la consulenza artistica di Giulia Granzotto


Tutti gli episodi della serie Atelier d'artista sono QUI

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