La nostra epoca passerà alla storia per la prima pandemia del mondo globalizzato e iperconnesso, ma anche come quella in cui abbiamo dovuto far fronte al climate change e a tutte le ripercussioni che sta portando sull’ambiente, sulla nostra società e sulla nostra economia. L’espansione urbana sta consumando risorse terrestri e richiede un’agricoltura ad alta intensità, con grandi raccolti e continui nutrienti, antibiotici e antiparassitari, oltre che forme di agricoltura industriali sempre più insostenibili. Cosa succede se vengono consumate tutte le risorse naturali presenti un determinato territorio? Diventa arido e improduttivo, in altre parole diventa un deserto. Il sorvegliato speciale è diventato quindi il suolo, che è sottoposto a una grande pressione, per giunta in crescita. Il suolo si sta degradando, ed è un problema globale, che interessa tutto il mondo, in forme e tempi diversi, ed è anche molto preoccupante. La popolazione mondiale è in aumento, in tutte le aree del mondo, e secondo alcuni calcoli nel 2050 sarebbero necessari tre pianeti per soddisfare le richieste di risorse naturali correlata alla popolazione. Le risorse naturali, in particolare quelle del suolo, sono limitate, quindi è necessario usarle in modo sostenibile.
“ Le cause del degrado sono essenzialmente di due tipi: naturali o antropiche
I segnali di degrado del suolo sono molti e, troppo spesso, risultano familiari: aumento della siccità, del rischio di incendio, riduzione della copertura di vegetazione e della produttività dei suoli. Le cause del degrado sono essenzialmente di due tipi: naturali o antropiche. I cambiamenti climatici stanno portando modifiche sostanziali alle precipitazioni, alle temperature, quindi alla quantità di precipitazioni, e l’erosione porta alla disintegrazione del suolo su terreni fragili da parte di acqua e vento. L’uomo invece degrada il suolo quando non gestisce oculatamente le risorse naturali, permettendo, per esempio, la contaminazione delle acque sotterranee o lo sfruttamento eccessivo dei suoli; quando smantella comunità di piante e animali, dando via libera alla perdita di biodiversità; quando usa pesticidi e fertilizzanti in modo eccessivo; quando, a causa degli incendi, permette l’alterazione delle caratteristiche fisiche e chimiche del suolo; infine, quando consuma e impermeabilizza il suolo fertile.
“ La desertificazione è definita come il massimo livello di degrado Anna Luise, ISPRA
Uno degli effetti del degrado del suolo è la desertificazione, ovvero la progressiva trasformazione in deserto di un suolo che in precedenza era produttivo. “La desertificazione è definita come il massimo livello di degrado” spiega Anna Luise, che lavora all’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ed è anche la corrispondente per le questioni tecniche scientifiche per l’Italia della convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione, e componente dell’ufficio di presidenza del comitato per la scienza e la tecnologia di questa convenzione. Sebbene il risultato risulti simile, ovvero l’aumento delle aree del pianeta coperta dal deserto, la desertificazione si distingue dalla desertizzazione, ovvero l’avanzamento dei deserti, per le sue cause. Quest’ultima è strettamente collegata al clima e ai suoi cambiamenti, mentre la desertificazione ha anche cause antropiche.
Prima parte dell'intervista ad Anna Luise, montaggio di Elisa Speronello
La salinizzazione del terreno, l’impermeabilizzazione, lo sfruttamento eccessivo del suolo, i prodotti chimici usati sul suolo e sulle acque, sono solo alcune tra le cause direttamente imputabili all’uomo e al suo modo di abitare la Terra. “L’uomo ha bisogno delle risorse naturali per vivere, ma ne ha bisogno in maniera sostenibile, e non al di là di quello che veramente occorre e della capacità degli ecosistemi di riprodursi”, ricorda la dottoressa Luise, che sottolinea anche come gli effetti negativi della desertificazione si estendano ben oltre il suolo, fino ad alterare gli equilibri sociali e politici delle zone in cui accade. Il conflitto in Siria e il Boko Haram sono due esempi di come la desertificazione possa portare a conflitti, anche armati, in zone in cui le popolazioni dipendono direttamente dalla capacità del suolo di dare prodotti necessari alla loro sopravvivenza. Il conflitto in Siria viene considerato uno dei grandi esempi delle conseguenze della desertificazione e delle conseguenze dei cambiamenti climatici sul suolo, infatti prima sono diminuite le piogge e poi ci sono stati alcuni anni di siccità completa, quindi la popolazione è entrata in competizione per avere l’accesso alle risorse per poter vivere. “Si calcolano centinaia e centinaia di conflitti ambientali più o meno grandi, in tutto il mondo, e la desertificazione è una causa rilevantissima in questi conflitti, perché è sul suolo che succede tutto”. Per bloccare o rallentare il degrado del suolo non esistono soluzioni generali che possono essere adottate ugualmente in tutte le zone del mondo. Ogni situazione mostra delle caratteristiche peculiari che vanno valutate singolarmente, però le Nazioni Unite altre istituzioni danno dei quadri di riferimento che servono ai singoli governi per riflettere e capire come agire. “Si tratta di una soft law” sottolinea Luise, perché l’imposizione giuridica è molto leggera ma quella politica e strategica più forte.
Seconda parte dell'intervista ad Anna Luise. Montaggio di Elisa Speronello
Anche in Italia ci sono fenomeni di degrado del suolo. Il 10% del Paese è molto vulnerabile, mentre il 49% presenta una vulnerabilità media. Solo il 26% risulta avere una bassa vulnerabilità o assente. Le aree più a rischio sono la Sicilia, in cui il 42,9% del territorio è vulnerabile, il Molise (24,4%), la Basilicata (24,2%), la Sardegna (19,1%), e la Puglia (15,4%). In Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Campania e Calabria la vulnerabilità oscilla tra il 5 e il 15%. Ci sono delle aree a rischio anche nelle regioni del nord, in Veneto e in Emilia Romagna.