SOCIETÀ

Dieci tesi per capire la crisi (e per uscirne)

300 milioni di posti di lavoro bruciati in tutto il mondo, mentre in Italia il Pil scende del 12,8% e il debito pubblico va alle stelle. Numeri da gelare il sangue e che potrebbero cambiare irrimediabilmente il volto delle nostre società, forse più ancora della pandemia. E allora come reagire, che risposte dare a una sfida che da economica può divenire sociale, politica e forse anche istituzionale?

Mentre il governo conclude i suoi ‘stati generali’ cresce allo stesso tempo l’esigenza di una riflessione e di un dibattito che vadano al di là dello scontro tra ‘allarmisti’ e ‘negazionisti’, tracciando le coordinate per una possibile ripartenza. Per questo giunge particolarmente prezioso un libro come Dopo l’emergenza. Dieci tesi sull’era post-pandemica, a cura di Giuseppe Zaccaria e con contributi di Carlo Fumian, Daniela Lucangeli, Paolo Possamai, Maria Chiara Carrozza, Ivo Rossi, Luca Illetterati, Paolo Giaretta, Laura Bazzicalupo, Stefano Vella e Francesco M. De Sanctis (Padova University Press, 80 pagine; costo di 8 euro nella versione cartacea, mentre quella elettronica è liberamente scaricabile dal sito della casa editrice).

10 tesi, brevi riflessioni su temi decisivi toccati dalla pandemia – dalla globalizzazione al ruolo della scienza, fino all’esigenza di ripensare il servizio sanitario – sono individuate da Zaccaria e discusse da altrettanti autori e studiosi provenienti da ambiti molto diversi da quelli interpellati in questi mesi: giuristi, filosofi e scienziati sociali, a cui si aggiungono uno storico, una psicologa, un giornalista, una bioingegnera e un medico. Perché gli effetti della pandemia vanno al di là della sfida sanitaria: quello a cui siamo di fronte è anche un drammatico e inedito esperimento sociale, che in un lasso brevissimo di tempo ha stravolto la vita di almeno quattro miliardi di persone mettendo in discussione abitudini, forme di vita, modalità dell’agire politico e relazioni internazionali.

“Il libro è nato quasi per caso – spiega Giuseppe Zaccaria, docente emerito di teoria generale del diritto presso l’università di Padova, rettore dal 2009 al 2015 –. Un giorno mi sono messo a scrivere quasi per un’esigenza di riflessione e di chiarificazione personale, tanto più necessaria in mezzo all’alluvione di discorsi sulla pandemia”. Il testo che ne è scaturito è stato pubblicato on line, e da questo connubio tra metodo antico e mezzi moderni è nato un confronto il cui risultato va ben al di là, per freschezza e profondità, dei tanti instant book pubblicati in questo periodo.

L’esigenza era quella di una riflessione che tenesse conto dei vari aspetti toccati dalla crisi: “Fin dall’inizio sono rimasto colpito dalla profonda interconnessione dei temi – continua Zaccaria –: nella pandemia tutto è collegato, i problemi sanitari con quelli economici e sociali, le questioni del lavoro con quelle culturali. Quasi che il virus avesse accelerato a dismisura i processi in atto in una serie di vasi comunicanti”.

In particolare, da giurista specializzato nell’ermeneutica, Zaccaria si è sentito interpellato dalla questione, prima quasi inimmaginabile, della sospensione dei diritti e delle libertà sanciti dalla Costituzione: “Rispetto a questo punto rifiuto le tesi che denunciano immediati pericoli autoritari, o addirittura un disegno diretto a stravolgere l’ordinamento democratico. A una condizione però: che le limitazioni delle libertà e la sospensione dei diritti siano solo temporanee e proporzionate alla gravità degli eventi”.

Un ragionamento che tocca anche le basi del nostro vivere civile: “Sapevamo già che non esistono diritti senza doveri, come messo in evidenza non solo da giuristi come Norberto Bobbio ma anche da una filosofa come Simone Weil – dice lo studioso nell’intervista concessa a Il Bo Live –. Colpisce comunque che durante il lockdown ci sia stata un’accettazione generalizzata delle misure di contenimento da parte della popolazione, fondata più sull’interiorizzazione della doverosità morale e sociale di determinati comportamenti che sulla mera coercizione”.

Ancora oggi insomma un’etica pubblica condivisa è imprescindibile per la sopravvivenza di qualsiasi società, e nel frangente della crisi quella italiana ha mostrato su questo aspetto un’inaspettata resilienza, per usare un termine oggi in voga. Cosa sarebbe successo se milioni di operatori sanitari, poliziotti, preti, operai e corrieri non avessero proseguito nello svolgimento del loro dovere, a rischio della loro stessa incolumità? E quale sarebbe oggi la situazione, se la stragrande maggioranza della popolazione non avesse accettato di seguire le direttive sul contenimento del contagio?

Nella pandemia tutto è collegato, come se il virus avesse accelerato a dismisura i processi in atto in una serie di vasi comunicanti Giuseppe Zaccaria

Un secondo aspetto, che emerge da molti dei contributi presenti del libro, è quello della ritrovata e necessaria centralità della politica. Se è vero che mai come in questo periodo abbiamo ascoltato gli scienziati – almeno inizialmente – è altrettanto chiaro che è tempo che la politica e i politici riprendano il loro ruolo, che è quello di trovare soluzioni concrete al conflitto tra diversi interessi e visioni.

La pandemia ha enfatizzato nodi già esistenti – dice ancora Zaccaria a Il Bo Live –; in modo particolare per l’Italia, dove si è innestata su una situazione insostenibile per l’accumularsi negli anni di questioni irrisolte. Problemi giganteschi che andrebbero affrontati con scelte coraggiose e strutturali, mettendo da parte l’inerzia e l’indecisione dimostrate finora, in particolare su due aspetti: l’esplosione delle disuguaglianze e la crescente frattura tra garantiti e non garantiti. Tutte le scelte fatte finora scaricano il loro peso sui giovani e le generazioni future, che pagheranno l’altissimo prezzo di un debito pubblico enorme”. C’è infine l’aspetto fondamentale della formazione: “Quello che colpisce in Italia è l’assoluta irrilevanza attribuita all’istruzione e alla conoscenza come fattori di crescita per il Paese: lo vediamo purtroppo anche dalla chiusura delle scuole e delle università”.

L’emergenza ci costringe insomma a riflettere sulle nostre comunità e le loro strutture, ci mostra che in alcuni frangenti è necessario passare dall’io individuale al noi sociale e che in qualche modo si è liberi solo insieme. Allo stesso tempo però pone le nostre democrazie di fronte a un gigantesco e pericolosissimo stress test, il cui esito è tutt’altro che scontato. Scrive Zaccaria nel suo contributo: “c’è il rischio concreto che nella situazione di forte vulnerabilità economica e sociale i ceti più deboli subiscano il contagio della violenza, lasciandosi convincere da pericolose dinamiche autoritarie riduttrici di libertà”. Un pericolo di fronte al quale l’unica soluzione è che la politica ritrovi al più presto la sua efficacia e legittimazione, magari tornando a quel “costituzionalismo sociale e democratico” che secondo il curatore costituisce l’ossatura della nostra democrazia.

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