SCIENZA E RICERCA

Donne di scienza in India: il libro che le racconta ai più giovani

In India le donne che lavorano nella ricerca scientifica sono solo il 14%, rispetto a un 86% di uomini. Le figure femminili della scienza indiana risultano poi quasi invisibili, emergono poco, se ne parla poco. E tra le donne che hanno accesso alla carriera scientifica, la maggior parte appartiene alle caste più elevate.
Così si legge nell’introduzione del libro “31 Fantastic adventures in science. Women scientists of India” uscito da poco e scritto da Nandita Jayaraj e Aashima Freidog, le fondatrici del progetto The Life of Science, la piattaforma giornalistica con cui Nandita e Aashima raccontano, attraverso articoli, interviste e fumetti, storie di scienza e di vita di ricercatrici indiane.
Il libro è il risultato di un lavoro durato tre anni: “Tre anni di viaggio e di ascolto”, raccontano le autrici. Perché per realizzare il loro progetto, Nandita e Aashima hanno girato tutta l’India, alla ricerca di storie di donne di scienza da raccontare.

Nel 2018, quando le avevamo intervistate, era ancora tutto un’idea, un sogno a cui stavano lavorando. “Vogliamo pubblicare un libro per bambine e bambini che racconti con storie e illustrazioni il lavoro e la vita delle donne di scienza in India. Vogliamo partire rivolgendoci ai più giovani perché è da lì che possiamo partire per cambiare le cose.”, ci avevano raccontato. E oggi il loro progetto esiste. È un libro di 130 pagine, edito da Penguin Random House India, scritto da Nandita e Aashima, e illustrato da Upasana Agarwal, che già dalle prime pagine rende chiaro il suo messaggio: c’è posto per ciascuno di noi nella scienza.

There is a place for each and everyone of us in science (Nandita Jayaraj e Aashima Dogra, "31 Fantastic Adventures in Science. Women scientists of India")

Le storie raccontate nel libro hanno per protagoniste matematiche, fisiche, biologhe, astronome, ingegnere, scienziate forestali e ambientali, una sociologa, una psicologa, una paleontologa… Con le trentuno storie raccontate si percorre proprio un viaggio in quella che è la scienza al femminile in India, di cui tre ben rappresentano il messaggio dell’intero libro e l’obiettivo delle autrici: far emergere il lavoro delle donne nella scienza e la connessione tra la ricerca e le tematiche sociali di rilievo del loro Paese.

Modelli per migliorare la vita tra i monsoni

Rama Govindarajan è un’esperta di dinamica dei fluidi e si occupa dello studio dei monsoni indiani. Rama non aveva in mente fin da subito di dedicarsi alla ricerca, ma ha scelto questa strada rinunciando ad un precedente lavoro, non senza sacrifici e rinunce, ma convinta del fatto che con i suoi studi avrebbe potuto fare qualcosa di utile per gli abitanti dell’India. E così Rama ha iniziato a mettere la dinamica dei fluidi al servizio di quel fenomeno che in India danneggia la vita di molte persone ogni anno: i monsoni. Oggi Rama studia modelli climatici applicati ai monsoni, proprio con l’idea di dare vita ad un nuovo e sicuro futuro per tutto il Paese. 
 

La tecnologia: uno strumento che deve essere accessibile a tutti

Rohini Lakshane che ha studiato ingegneria, oggi è ricercatrice e si occupa di studiare il rapporto tra la tecnologia, la legislazione e i provvedimenti governativi, con un obiettivo ben preciso: rendere la tecnologia accessibile a tutti. Da sempre è infatti convinta che la tecnologia debba essere uno strumento che permette a chiunque di informarsi e che quindi contribuisca al benessere dei cittadini. In questo modo, se ogni indiano può usare la tecnologia, nessuno “verrà lasciato indietro” mentre tutto il Paese vive il progresso tecnologico. Nel suo lavoro Rohini deve fronteggiare diverse problematiche. Ad esempio il fatto che la maggior parte dei siti di informazione sono in lingua inglese e al momento in India, l’inglese non è una lingua alla portata di tutti. Ci sono diverse soluzioni al problema secondo la ricercatrice, soluzioni su diversi livelli: la traduzione dei contenuti in lingua inglese, l’estensione dell’insegnamento dell’inglese e la creazione di tecnologie direttamente in India, in modo da pensarle e tararle sugli abitanti dell’India.
 

Migliorare il gender gap

C’è anche Namrata Gupta, che sociologa e da sempre è convinta che “la scienza sia un processo sociale che non si fa da solo, ma che richiede forti interazioni tra molte persone, i laboratori di ricerca e tante istituzioni diverse”. Con quest’idea in mente ha focalizzato il suo dottorato di ricerca sulla combinazione tra la sociologia della scienza e un suo grande interesse: l’evoluzione e il progresso della condizione della donna. Partendo dai dati del 1999, secondo cui, in India le donne erano solo il 36% degli studenti di materie scientifiche e solo il 10% di chi poi lavorava nella ricerca scientifica, Namrata ha iniziato a chiedersi dove fosse il problema, concludendo che l’intera società non favoriva la carriera scientifica per le donne. Tutto parte anche da alcune regole, come quella che vieta alle coppie di lavorare nello stesso istituto di ricerca (regola che vale in molti istituti di ricerca indiani) e quindi spesso di lavorare nella stessa città del marito, fattore che il più delle volte porta le donne a grosse rinunce nel lavoro e nella carriera, favorendo quella dell’uomo. Per questo, secondo Namrata, una soluzione si può trovare partendo dallo studio di tutta la società indiana e da miglioramenti che partono proprio da una revisione della struttura sociale e delle regole imposte dalla società stessa.
 

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