CULTURA

Esperanto. La seconda lingua di tutti i popoli per un ideale di pace universale

Il 15 dicembre 1859 nasceva Ludwik Lejzer Zamenhof, inventore della lingua artificiale più conosciuta e parlata in tutto il mondo: l’esperanto. Ispirato da un ideale di fratellanza, pace tra i popoli e superamento delle barriere nazionali, il medico e linguista polacco elaborò l’esperanto negli anni Ottanta dell’Ottocento. Strutturò questo nuovo idioma secondo poche semplici regole e a partire dallo studio dei vocaboli, della sintassi e dell’ortografia delle lingue neolatine, germaniche e slave più diffuse in Europa in quegli anni: ci teneva infatti che l’esperanto fosse facile da imparare come seconda lingua per persone provenienti da diverse nazioni.

“Zamenhof faceva parte di una famiglia di origine ebraica che abitava nell’area orientale della Polonia”, racconta Michela Concialdi, presidente della Bunta Esperanto Asocio di Bologna. “Avendo sempre vissuto in un contesto multiculturale, si rese conto ben presto che i problemi di comunicazione tra le diverse rappresentanze linguistiche creavano situazioni di conflitto o di incomprensione tra le persone. Per questo il suo sogno divenne quello di costruire una lingua internazionale che diventasse strumento di pace universale. La sua era una visione molto utopica di un mondo in cui tutte le persone, pur essendo nate in luoghi e contesti differenti e mantenendo un legame con la loro terra d’origine, potessero rapportarsi tra loro come esseri umani prima che membri di una determinata nazione. In questo senso, Zamenhof immaginava l’esperanto come la prima lingua di nessun popolo e la seconda lingua di tutti”.

L’intervista completa a Michela Concialdi, presidente della Bunta esperanto asocio di Bologna. Montaggio di Barbara Paknazar

Purtroppo per Zamenhof, l’esperanto non riuscì mai a imporsi come lingua franca internazionale a livello globale. Ma non fu neanche dimenticata: nel 1985 l'UNESCO iniziò una collaborazione con l'Associazione Universale Esperanto per promuovere la conoscenza di questa lingua. Vediamo allora in quali contesti viene studiato o utilizzato l’esperanto e chi sono, in altre parole, gli esperantisti e le esperantiste dei nostri tempi.

“Per quanto l’esperanto venga studiato anche a livello accademico in alcune università, oggi l’apprendimento di questa lingua è soprattutto un hobby culturale che attira la simpatia e l’attenzione di persone che desiderano imparare altre lingue e si interessano di interlinguistica”, chiarisce Concialdi. “Pur non avendo una valenza significativa dal punto di vista accademico o politico, dagli anni Ottanta in poi l’esperanto è stato riconosciuto ufficialmente da diverse istituzioni soprattutto a livello europeo, le quali molto spesso finanziano alcuni dei progetti organizzati dalle associazioni esperantiste. In molti paesi esistono infatti degli istituti che si occupano di conservare e promuovere la conoscenza della lingua organizzando collaborazioni con i ministeri e con le scuole. Inoltre, c’è una grande diffusione dell’esperanto su internet. Esistono molti siti che facilitano l’apprendimento di questa lingua, che avendo una struttura del tutto regolare e ordinata (a differenza delle lingue cosiddette “naturali”, ndr) è molto semplice da apprendere anche a distanza. Infatti, seguendo un corso di circa dieci lezioni è già possibile raggiungere un livello di conversazione abbastanza soddisfacente”.

Perché vale la pena avvicinarsi allo studio di questa lingua oggi? In primo luogo, sottolinea Concialdi, “dialogare con persone di altri paesi utilizzando una lingua nata espressamente con lo scopo di facilitare la comunicazione tra culture diverse è un’esperienza senza dubbio significativa che permette di comprendere più profondamente quell’ideale di pace universale e fratellanza tra popoli a cui aspirava Zamenhof. Inoltre, chi impara l’esperanto entra automaticamente a far parte di una comunità internazionale che favorisce scambi, contatti e rapporti, sia personali che professionali, con persone che vivono in tutto il mondo. Questo permette di vivere una “seconda vita”, quella esperantista, che arricchisce la propria quotidianità nel paese in cui si abita”.

[…]
popolo popolon atakas kruele,
frat' fraton atakas ŝakale.
Ho, kiu ajn estas Vi, forto mistera,
aŭskultu la voĉon de l' preĝo sincera,
redonu la pacon al la infanaro
de l' granda homaro!

[…]

Versi tratti dalla poesia di Zamenhof Preĝo sub la verda standardo (“preghiera sotto la bandiera verde”).
“I popoli si attaccano crudelmente / i fratelli si attaccano come sciacalli. / Oh, chiunque tu sia, forza misteriosa / ascolta la voce della sincera preghiera / restituisci la pace alla prole / della grande umanità!"

Concialdi sottolinea, infine, l’importanza del rapporto tra le associazioni esperantiste e le istituzioni europee. “L’Europa è forse il contesto principale in cui l’esperanto potrebbe avere una grande utilità, trattandosi di un continente piccolo in cui si parlano molte lingue diverse. Non a caso, l’Unione Europea ha intercettato il valore e la portata dell’esperanto riconoscendola ufficialmente. Negli ultimi anni ha anche stanziato alcuni fondi per dei progetti Erasmus a favore della mobilità di esperantisti ed esperantiste tra i paesi europei. Queste iniziative danno l’opportunità a giovani e adulti di migliorare le loro conoscenze linguistiche e le loro competenze professionali andando ad abitare temporaneamente in un altro paese e utilizzando come lingua principale l’esperanto. L’obiettivo è naturalmente in linea con il quadro Erasmus, che mira a favorire lo sviluppo delle competenze e delle professionalità in un contesto interculturale come quello europeo”.

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