SOCIETÀ

Tra greenwashing e poca attenzione: la crisi climatica sulla stampa italiana

Cinque quotidiani nazionali analizzati per 52 giorni consecutivi dal 1 gennaio al 30 aprile 2022 ed un responso unico:  sulle principali testate giornalistiche italiane “la crisi climatica trova poco spazio, al contrario di quanto avviene per le pubblicità delle aziende inquinanti, che dimostrano di avere una grande influenza sulla stampa italiana”.

È questo ciò che emerge da uno studio pubblicato da Greenpeace Italia e realizzato dall’Osservatorio di Pavia, istituto di ricerca specializzato nell’analisi della comunicazione, che ha esaminato gli articoli pubblicati fra gennaio e aprile 2022 dai cinque quotidiani più diffusi: Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa.

In totale il numero di articoli che trattano implicitamente o esplicitamente la crisi climatica nel periodo preso in considerazione è di 528 divisi per i cinque quotidiani. 

Solamente il 22% di questi però presenta una rilevanza centrale per quanto riguarda la crisi climatica, il restante invece è solamente implicita, con una citazione o marginale.

Gli articoli che parlano esplicitamente di crisi climatica quindi, sono stati 351 e il rapporto di Greenpeace ha messo in luce anche la distribuzione di tali articoli per evento. Ne è emerso uno spaccato che vede il trattare di crisi climatica se c’è un evento politico per il 34,5%, seguito da un evento economico/industriale (24,2%). Il tema delle aziende nella copertura giornalistica della crisi climatica è centrale in questo rapporto.

I risultati infatti, come si legge nella nota rilasciata da Greenpeace “mostrano che i principali quotidiani italiani pubblicano in media due articoli al giorno che fanno almeno un accenno alla crisi climatica, ma gli articoli che trattano esplicitamente il problema sono appena la metà”.

Al contrario però, dal report di Greenpeace emerge come venga dato un ampio spazio alle pubblicità dell’industria dei combustibili fossili e delle aziende dell’automotive, aeree e crocieristiche, tra i maggiori responsabili del riscaldamento del pianeta: “su Il Sole 24 Ore si contano più di cinque pubblicità di queste aziende inquinanti a settimana”.

Negli articoli esaminati, inoltre, le aziende sono il soggetto che ha più voce (18,3%), superando esperti (14,5%) e associazioni ambientaliste (11,3%). La crisi climatica è infine raccontata principalmente come un tema economico (45,3% degli articoli), quindi come un tema politico (25,2%) e solo in misura minore come un problema ambientale (13,4%) e sociale (11,4%)”

In base ai risultati dello studio, Greenpeace ha quindi elaborato una sua personale classifica dei principali quotidiani italiani. I parametri di valutazione sono cinque:

1) quanto parlano della crisi climatica; 2) se tra le cause citano i combustibili fossili; 3) quanta voce hanno le aziende inquinanti e 4) quanto spazio è concesso alle loro pubblicità; 5) se le redazioni sono trasparenti rispetto ai finanziamenti ricevuti dalle aziende inquinanti. Quest’ultimo parametro è stato valutato con un questionario che Greenpeace ha dichiarato d'aver inviato ai direttori delle cinque testate, a cui avrebbe risposto parzialmente solo Avvenire.

Considerando la media dei cinque parametri, Avvenire raggiunge una risicata sufficienza (3 punti su 5), scarsi invece i punteggi di Corriere e Repubblica (2,2 su 5), mentre in fondo alla classifica si trovano La Stampa e Il Sole 24 Ore (2 su 5). La classifica sarà aggiornata e pubblicata ogni quattro mesi e sarà seguita da un’analoga indagine sui telegiornali e sulle trasmissioni televisive di intrattenimento.

"Abbiamo deciso di chiamarla la “Classifica degli intrappolati” per denunciare la pericolosa dipendenza del giornalismo italiano dai finanziamenti delle aziende inquinanti - ha dichiarato Chiara Campione, responsabile dell’unità Corporate di Greenpeace Italia -. Se vogliamo preservare la libertà di stampa e consentire a cittadine e cittadini di conoscere la verità sulla crisi climatica, dobbiamo rompere il patto di potere che incatena i mass media all’industria dei combustibili fossili”. 

In contemporanea con la pubblicazione del report, Greenpeace ha anche lanciato una nuova campagna, chiamata  “Stranger Green” e che ha l’obiettivo di evidenziare tutte quelle azioni di greenwashing e le false soluzioni contro la crisi climatica. 

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