SOCIETÀ

King Bibi: Netanyahu vince le elezioni più incerte di Israele

In sella c’è ancora lui, King Bibi. Nonostante le inchieste a suo carico per corruzione e frode, nonostante le critiche per l’accordo stretto con i suprematisti di Potere Ebraico, nonostante il vento di novità che sembrava soffiasse a favore della nuova formazione centrista Blu-Bianco di Benny Gantz, ex capo di Stato Maggiore. Il verdetto delle elezioni in Israele, una delle tornate elettorali più incerte della sua storia, è chiaro quanto basta: pari voti tra Likud e Blu-Bianco (35 seggi ciascuno sui 120 disponibili alla Knesset), ma il gioco delle alleanze premierebbe proprio Netanyahu, che arriverebbe alla maggioranza di 65 seggi, contro i 55 del suo rivale politico.«È una vittoria immensa», ha commentato il premier uscente. «Il popolo di Israele mi ha confermato la fiducia per la quinta volta». 

In realtà una vittoria che nasconde non poche insidie per Netanyahu, e vedremo perché.


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Ma comunque una vittoria inequivocabile, soprattutto dopo gli ultimi exit poll che lo davano nettamente alle spalle del suo sfidante. Gli scandali nei quali Bibi è stato coinvolto, evidentemente, non hanno indebolito la forza del Likud, che anzi si rafforza rispetto alle precedenti elezioni: nel 2015 aveva ottenuto il 23% dei voti (e 30 seggi), mentre oggi la percentuale si attesta al 29%. Decisivo ora sarà il supporto dei partiti nazionalisti di centrodestra (dai religiosi ortodossi fino, appunto, ai suprematisti ebraici), con i quali Netanyahu (che li ha definiti “partner naturali”) ha già annunciato di aver avviato colloqui. Naturalmente in attesa dell’incarico ufficiale a formare il nuovo governo, che salvo sorprese dovrebbe arrivare nelle prossime ore dal presidente israeliano, Reuven Rivlin. Un incarico che appare come una scelta obbligata, dal momento che il premier uscente sembra l’unico in grado di formare una coalizione che superi i 61 seggi.

 

La scomparsa della sinistra

Benny Gantz, dopo un iniziale proclama di vittoria a spoglio ancora in corso, ha ammesso la sconfitta. In un tweet ha scritto: «Non ci ritiriamo dal nostro dovere pubblico di rappresentare più di un milione di cittadini che ci hanno chiesto qualcos'altro. Un risultato storico, senza precedenti. Abbiamo qualcosa di cui essere orgogliosi». A pesare, sulla sconfitta del partito Blu-Bianco, anche la disfatta dei partiti di sinistra e in particolar modo dei partiti di sinistra, con i quali Gantz aveva stretto un accordo in previsione di alleanze di governo. Il Partito Laburista di Avi Gabbai ha ottenuto appena il 5% dei voti (6 seggi): nel 2015, quando si erano presentati insieme al partito centrista di Tzipi Livni, i laburisti avevano ottenuto 24 seggi. «Siamo sotto choc,è il peggior risultato che abbiamo mai conseguito nell'intera storia del partito laburista», ha dichiarato la dirigente Shelly Yechimovic. Un crollo dovuto, secondo molti analisti, proprio al travaso di voti dalla sinistra al partito di Benny Gantz. E all’affluenza, che si è attestata al 67,8%. Risultato negativo anche per i partiti arabi israeliani, che erano arrivati al voto divisi, a differenza di quanto accaduto nel 2015.

Scenari possibili

E ora cosa accadrà? Nell’immediato la situazione è abbastanza leggibile, sul medio-lungo periodo molto meno. Il presidente della Repubblica incontrerà la prossima settimana i leader di Likud e Blu-Bianco. E, in teoria, dovrebbe affidare il mandato per formare il governo a Netanyahu. Che avrà 42 giorni per farlo. Netanyahu avvierà accordi separati con le varie anime di destra che fanno parte della sua coalizione. Ma accordi separati vuol dire fragilità di coalizione, vuol dire governo che rischia di cadere anche con un soffio. Vuol dire esporsi a diktat e ritorsioni. Una maggioranza di 65 su 61 non si può certo definire solida. Molto più robusta sarebbe un’alleanza proprio con Benny Gantz, ma dopo le parole reciprocamente usate in campagna elettorale non sembra un’ipotesi praticabile, almeno nell’immediato.  

Di certo nulla cambierà nella politica israeliana, sempre più legata a quella americana. Di pace nemmeno si parla più, anzi si corre in direzione opposta. Tanto che Netanyahu in campagna elettorale, sostenuto apertamente da Donald Trump, ha annunciato che in caso di vittoria procederà all’annessione della Cisgiordania.

Razzismo è la parola chiave

L’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina) sottolinea che «gli israeliani, con il loro voto, hanno scelto il razzismo e il conflitto permanente». Emblematico il commento ai risultati elettorali di Hanan Ashrawi, esponente di spicco della politica palestinese, rilasciato a The Guardian: «Gli elettori israeliani hanno scelto i loro rappresentanti. Purtroppo hanno votato a stragrande maggioranza per candidati che sono inequivocabilmente impegnati a consolidare lo status quo di oppressione, occupazione, annessione e espropriazione in Palestina. Hanno scelto un parlamento a schiacciante maggioranza di destra, xenofobo e anti-palestinese. L'agenda estremista e militarista, guidata da Benjamin Netanyahu, è stata incoraggiata dalle politiche sconsiderate dell'amministrazione Trump». 


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