SCIENZA E RICERCA

Lockdown: davvero la qualità dell’aria migliora?

L’attuale emergenza sanitaria, di proporzioni sconosciute dal dopoguerra ad oggi, ha modificato i nostri stili di vita e posto delle domande in diversi ambiti scientifici e sociali in relazione alle ripercussioni prodotte. Da più parti è stata messa in luce, ad esempio, l’associazione tra inquinamento atmosferico ed isolamento sociale dovuto a Coronavirus.

Con il Dpcm 8 marzo 2020 il governo ha dato una stretta, in realtà già iniziata nelle settimane precedenti, alla circolazione delle persone con un notevole riduzione del traffico urbano (sorgenti diffuse) e delle attività produttive (sorgenti puntuali). Si tratta di una “prova sperimentale” eccezionale a piena scala, dovuta all’emergenza e di conseguenza non pianificata per fini scientifici, ma che a questo punto ci offre un interessante banco di prova per studiare possibili relazioni di causa-effetto: una riduzione delle fonti emissive dovrebbe infatti comportare una riduzione delle concentrazioni di inquinanti in atmosfera.

Tuttavia, la questione è molto più complessa perché le variabili in gioco sono molteplici e si devono considerare aspetti quali la scala di indagine (l’aria si muove, perciò il rapporto tra emissioni e qualità dell’aria si estrinseca su scala non solo urbana, ma anche regionale e persino globale), la necessità di contemplare le diverse sorgenti di inquinamento, comprese quelle naturali, le condizioni meteoclimatiche dell’area e la disponibilità di parametri di caratterizzazione adeguati (ad esempio la composizione delle PM10).

Senza tenere conto di queste chiavi di lettura possono emergere situazioni apparentemente paradossali come quelle illustrate nella Figura 1. I dati riportano le concentrazioni medie di PM10 e NO2 in aria tra il 1° gennaio e il 31 marzo 2020 in diverse stazioni urbane di monitoraggio, scelte tra quelle con maggiori superamenti dei limiti di legge per la valutazione della qualità dell’aria. È riportato per confronto l’intervallo compreso tra il minimo e il massimo delle concentrazioni nei medesimi giorni dell’anno nei precedenti quattro anni.

Figura 1. Dati di concentrazione di PM10 e NO2 misurati in alcune stazioni urbane della Regione Veneto (elaborazione di dati forniti da Arpav). Per il PM10, il Valore Limite giornaliero per la protezione della salute umana è di 50 μg/m3, da non superare più di 35 volte/anno; per il parametro NO2 il Valore Limite massimo orario per la protezione della salute umana è di 200 μg/m3, da non superare più di 18 volte/anno.

La comparazione nei tre siti investigati evidenzia una mancanza di correlazione tra concentrazione di PM10 e riduzione delle sorgenti emissive a seguito del lockdown imposto a partire dall’8 marzo. In alcuni giorni si sono addirittura registrati dei picchi di concentrazione. Come commentato da Arpav, con cui si condivide l’analisi, la causa più probabile è da ricercarsi non a livello locale ma in processi di ampia scala, ovvero l’arrivo di aria densa di polveri sottili di origine non antropica ma naturale (polveri desertiche) trasportate dalle correnti.

Diverso, invece, è il caso degli NO2, dove la riduzione è visibilmente più marcata (vedi Figura 1, parte destra) e le misure si collocano sempre nei livelli bassi di concentrazione. Di questo aspetto è stata data ampia visibilità in molti giornali dove si sono riportate le immagini satellitari della Nasa e dell’Esa, come quella riportata in Figura 2.

Figura 2. Concentrazione media di NO2 troposferico nell’aria prima e dopo le misure di contenimento attuate in Cina (Fonte: Nasa ed Esa, 2020)

Gli studi disponibili in letteratura e gli inventari delle emissioni valutati dalla Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) evidenziano come l’inquinate PM10 sia emesso soprattutto da sorgenti legate ad attività commerciali, istituzionali e domestiche, che hanno evidentemente risentito in misura minore del lockdown. Al contrario, le emissioni di NO2 sono da ricondurre soprattutto al traffico veicolare ed una riduzione dello stesso ha avuto evidentemente ripercussioni in termini di qualità dell’aria.

Quanto appena evidenziato impone dunque una riflessione sull’utilizzo del PM10 come parametro di monitoraggio per la verifica della efficacia delle misure attuate a livello locale per la riduzione dell’inquinamento atmosferico. Questo indirizzo di cautela dovrebbe essere incluso nell’Accordo di bacino padano per il miglioramento della qualità dell'aria, sottoscritto a Bologna durante il G7 Ambiente del 9 giugno 2017, dal ministro dell’Ambiente e dai presidenti di Lombardia, Piemonte, Veneto e Emilia-Romagna.

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