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Per l'Ucraina il 2024 si preannuncia difficile

La tanto anticipata controffensiva ucraina è definitivamente fallita. A fronte di enormi perdite di uomini e mezzi, le forze di Kyiv sono riuscite a riconquistare poche aree. Un insuccesso tattico e strategico che ha implicazioni drammatiche.

Nei mesi scorsi, in alcuni dei momenti di maggiore ottimismo, la leadership Ucraina e il presidente Zelens’kyj stesso avevano aleggiato il mostro sacro del “tutti a casa per Natale”. Si era parlato di brecce nelle difese russe che avrebbero messo in fuga le forze di Mosca, permettendo all’Ucraina di riconquistare sia i territori occupati all’indomani dell’invasione del febbraio 2022 che quelli controllati da Mosca fin dal 2014. Addirittura si era paventata la possibile riconquista della Crimea, penisola strategica per Mosca non a caso illegalmente annessa già nel 2014.

Queste speranze sono dolorosamente svanite, e anche l’attenzione dei media internazionali per il più grande conflitto scoppiato sul suolo europeo dalla Seconda Guerra Mondiale in poi si è erosa, anche a causa dell’attacco terroristico su vasta scala di Hamas a Israele l’ottobre scorso e della conseguente reazione, che ha portato a una distruzione senza precedenti di Gaza e causato migliaia di morti palestinesi, la stragrande maggioranza civili.

Con gli occhi del mondo puntati al dramma mediorientale, che coinvolge direttamente e indirettamente tutte le potenze locali e internazionali, pare che ci sia davvero scordati che il 24 febbraio 2022 un esercito di quasi 200.000 ha varcato le frontiere di uno stato sovrano, l’Ucraina, con l’intendo di porre fine alla sua indipendenza e sovranità. Ma come siamo arrivati oggi, all’alba del secondo inverso di guerra in Ucraina, a una situazione così drammatica?


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Sfortunatamente, il fallimento di Kyiv non può definirsi del tutto inaspettato. In effetti, già la fuga di notizie avvenuta tra fine 2022 e inizio 2023 a proposito di documenti militari segreti Usa non faceva presagire niente di buono. In quei documenti si legge che gli analisti militari americani temevano una controffensiva ucraina inefficace e in ultima analisi incapace di porre fine alla guerra.

Così è stato a causa di una serie di fattori, tra i quali limitati aiuti occidentali, capacità difensive russe e contromisure economico-militari di Mosca. Innanzitutto, a fronte di decine di miliardi di dollari di aiuti militari, le forze armate ucraine non sono mai state portate a piena operatività. L’occidente ha fornito a Kyiv blindati, carri, missili e munizioni, ma non aerei da guerra moderni. Alcune nazioni europee hanno trasferito i loro vecchi Mig sovietici, ma la differenza poteva essere fatta solo da una consistente flotta di veicoli occidentali come gli F-16. Questi non sono stati inviati perché ci vuole tempo ad addestrare i piloti da caccia ucraini a velivoli Nato che non hanno mai pilotato, ma anche a causa delle note differenze di vedute all'interno del fronte pro-Kyiv in relazione al tipo di aiuti da inviare. Così la controffensiva ucraina è stata fatta partire senza copertura aerea e questo ovviamente ha favorito enormemente Mosca: la sua aviazione ha subito solo un graffio, soprattutto se paragonata alle disastrose perdite che hanno devastato la sua forza corazzata, e ha potuto operare spesso indisturbata.

La Russia ha anche intensificato gli attacchi sulla contraerea ucraina, rendendo impossibile per Kyiv difendere le città e la popolazione civile e fornire allo stesso tempo copertura adeguata alle truppe al fronte. Queste truppe si sono poi trovate di fronte una linea difensiva russa da manuale, che per certi versi ricorda il miracolo difensivo di Kursk, quando russi, ucraini e gli altri popoli sovietici respinsero sotto la bandiera dell’Urss i cosiddetti “tedeschi dell’estate”, ossia le armate di Hitler che mai prima di allora erano state battute sul fronte est durante i mesi estivi. Grandemente avvantaggiati dai ritardi ucraini nel lanciare l’offensiva, i generali di Mosca hanno costruito un sistema difensivo comprendente tre linee fortificate sul fronte est e soprattutto su quello sud, ossia il punto nel quale si è effettivamente scatenato l’attacco ucraino (sfondare a sud per Kyiv poteva significare spezzare in due le forze di Mosca, un troncone in Crimea e uno in Donbas, procedendo poi a est e sud).

I russi hanno avuto non solo tutto il tempo necessario per costruire difese impenetrabili, ma hanno anche mobilitato le riserve di vecchi tank e cannoni, che in campo aperto lasciano molto a desiderare, ma se interrati fungono perfettamente da bocche da fuoco – certo antiquate e propense a danni che le rendono inutilizzabili: è però davvero un problema se di questi tank antiquati si possiedono riserve sconfinate?


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Putin ha poi posto il complesso industriale della difesa russo sul piede di guerra: la produzione 24 ore al giorno 7 giorni su 7 russa ha semplicemente surclassato quella dei paesi Nato, che hanno dato fondo alle riserve di munizioni per trovarsi poi incapaci di competere con la produzione di Mosca. Il Cremlino ha poi ottenuto non solo droni dall’Iran, ma anche la tecnologia necessaria per costruirseli in casa e migliorarli (e le compagnie russe stesse stanno grandemente innovando le loro capacità). Dalla Corea del Nord invece sono arrivati milioni di proiettili e missili, mentre dalla Cina continuano a giungere i famosi chip che le sanzioni occidentali avrebbero dovuto bloccare.

Nel frattempo le forze ucraine addestrate dalla Nato sono state decimate e lo stesso vale per blindati e carri avanzati, che non potranno essere forniti in numero adeguato entro il prossimo futuro. E in ogni caso i russi ne hanno preso le misure, così come stanno ampiamente preparando la loro aviazione e le forze contraeree per il momento in cui gli F-16 arriveranno in Ucraina.

Ora è tornato l’inverno e la strategia russa torna ad essere quella di colpire le infrastrutture vitali per gettare la popolazione ucraina al gelo e al buio, mentre la resistenza alla leva aumenta in Ucraina e gli sconti politici interni si moltiplicano.

Forse Putin sarà abbagliato da questo successo difensivo russo e ordinerà grandi offensive che decimeranno le sue forze indebolendone le capacità offensive, riducendo il rischio di futuri rovesci per Kyiv (ad ora ci sono poche probabilità che un’offensiva russa non finisca in un disastro). Bisogna però ricordare che non tutti i dittatori della storia sono stati incapaci di fare i conti con i propri madornali errori. Dopo aver a lungo giocato un ruolo disastroso negli affari militari sovietici a fine 1941, quando la sopravvivenza dell’Urss era appena a un filo, Stalin tornò sui suoi passi. Il dittatore che senza battere ciglio si era reso responsabile diretto e indiretto di 8-10 milioni di morti tra la fine degli anni ’20 e lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, fece una cosa sorprendente: cominciò ad ascoltare i suoi migliori generali, sopravvissuti spesso per un soffio alle sue grandi purghe. Il dittatore sovietico permise ai pianificatori militari di giocare un ruolo sempre più ampio nello sforzo bellico sovietico; a differenza di Hitler, che col proseguire della guerra rimase sempre più prigioniero delle sue illusioni e idiosincrasie, il despota sovietico se ne liberò (parzialmente) e così facendo contribuì alla vittoria sovietica.

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