SOCIETÀ

Maduro o Guaidò: chi è il presidente in Venezuela?

Revolución o golpe: cosa sta accadendo in Venezuela? Mentre anche il Parlamento europeo ha dato il suo appoggio a Juan Guaidó, autoproclamatosi presidente della repubblica ad interim, altri – in testa il governo italiano – appaiono molto più prudenti verso l’ultima svolta dell’infinita crisi venezuelana. Intanto però il Paese è diviso tra due presidenti, per questo ci siamo rivolti a due esperti di diritto pubblico comparato: Andrea Pin, che insegna all’università di Padova, e Luca Mezzetti, docente all’università di Bologna e alla Bocconi.

In una situazione così intricata, il primo problema è stabilire chi sia in questo momento il legittimo detentore del potere.  Ma la risposta, come vedremo, non è affatto semplice. “Guaidò è presidente dell’Assemblea nazionale, equivalente del nostro potere legislativo – spiega Andrea Pin –. Di fatto rivendica sulla base della normativa costituzionale venezuelana il ruolo di presidente temporaneo durante la vacatio del presidente della Repubblica. Un po’ come da noi e in diversi altri sistemi, dove può accadere che il presidente di una delle due camere del Parlamento svolga temporaneamente le funzioni di capo della Stato”.

Nel 2016 c'è stato un referendum per deporre Maduro, ma i risultati sono stati di fatto sospesi

La questione dunque si sposta sul problema della legittimità di Nicolás Maduro come presidente della Repubblica. Qui, sempre secondo Andrea Pin, ci sono però almeno tre questioni da affrontare: “Innanzitutto contro di lui nel 2016 c’è stato un cosiddetto recall, una forma di referendum popolare con la quale si destituisce un soggetto da una carica. Ora quel procedimento non si è mai concluso: i risultati sono stati di fatto sospesi e in seguito posti nel nulla e naturalmente si dice che questo sia frutto azione di pressioni da parte di Maduro. In secondo luogo le ultime presidenziali sono state sì vinte dal presidente in carica, ma rimane naturalmente il dubbio di cosa significhino libere elezioni in un contesto in cui lo stato abbraccia ideologia dominante, come di fatto in Venezuela si verifica dal 1999, con tutto quello che ne consegue ad esempio sul tema della libertà di stampa e sul controllo degli organi di comunicazione. Inoltre durante il procedimento elettorale molti candidati di opposizione hanno subito ostracismo amministrativo o sono stati stati persino incarcerati. Un terzo aspetto riguarda infine il potere del parlamento presieduto da Guaidò, che nel 2017 è stata di fatto esautorato da una nuova assemblea costituente fortemente voluta da Maduro. Quindi , per rispondere alla sua domanda, formalmente Maduro ha dalla sua parte il fatto di essere stato eletto e di non essere stato ufficialmente destituito: resta comunque il problema della credibilità di un regime che appare sempre più delegittimato dal punto di vista politico”.

A questo punto però la Repubblica Bolivariana deve essere considerata una dittatura o una democrazia? “Ovviamente è molto difficile rispondere – continua Pin –. Nella repressione sembra però che Maduro stia ormai agendo da dittatore, vista la violenza della reazione nei confronti del dissenso, anche quello espresso in forma pacifica”.

Anche per Luca Mezzetti quella venezuelana è una situazione estremamente complessa: “Maduro, se stiamo alla della costituzione, sarebbe il presidente eletto e quindi quello formalmente in carica. Guaidò però a sua volta si appoggia al suo ruolo di presidente dell’Assemblea nazionale per invocare una norma costituzionale, il primo comma dell’art. 233, che parla degli impedimenti che comportano la perdita dell’incarico da parte del presidente della repubblica. Tra questi oltre alla morte, alla rinuncia o alla revoca, si parla anche di abbandono dell’incarico, dichiarato come tale dall’Assemblea Nazionale. In questi casi si procede a una nuova elezione, fino alla quale il presidente dell’Assemblea svolge anche le funzioni di presidente della repubblica”.

Quello di Maduro potrebbe essere considerato un ‘abbandono di fatto’ della presidenza, giustificato dalle condizioni drammatiche in cui si trova il Venezuela

Tutto però si può dire, tranne che Maduro voglia abbandonare il suo incarico… “Sicuramente non si tratta di abbandono volontario – risponde Mezzetti –; si può però discutere se ci sia stato da parte sua un ‘abbandono di fatto’, giustificato dalle condizioni drammatiche in cui si trova il Venezuela, un Paese che oggi appare alla deriva”.

Sul tema della recall invece Luca Mezzetti appare più freddo: “Si tratta di una procedura in realtà conosciuta in pochi Paesi del mondo, tra cui alcuni cantoni svizzeri e alcuni stati americani – risponde lo studioso –, un istituto che quindi sembra funzionare più a livello di amministrazioni locali che per un Paese grande come il Venezuela. Certo la situazione è delicata: dalle notizie che ho da parte di amici e colleghi venezuelani il Paese è molto vicino al rischio concreto di una guerra civile”.

Infine domandiamo agli studiosi che abbiamo interpellato quale sia il giusto atteggiamento da parte della comunità internazionale. “Il fatto che alcuni attori internazionali, tra cui l’Unione Europea, abbiano preso così nettamente posizione a favore di Guaidò può alla fine risultare abbastanza pericoloso e cotroproducente – risponde Andrea Pin –. Un conto infatti è chiedere una conciliazione nazionale, come ad esempio fa il Papa, altro spalleggiare uno dei due contendenti: cosa che potrebbe dare spazio a un conflitto piuttosto che evitarlo”.

Secondo Luca Mezzetti invece il riconoscimento del nuovo presidente non è un atto aggressivo: “Credo che i Paesi che hanno deciso di appoggiarlo abbiano evidentemente ritenuto legittimo il ricorso da parte di Guaidò alla norma menzionata. Anche perché diversamente non si sarebbero esposti in maniera tanto evidente: parlo soprattutto di Paesi che, come Spagna e Germania, sono solitamente molto prudenti a livello diplomatico”.

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