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In Salute. Teleconsulto, realtà virtuale, AI: il digitale per la salute mentale
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“Siamo stati invitati a cena fuori in centro città con alcuni colleghi”.
“Cos’hai pensato?”
“Ero molto tesa all'idea di trascorrere tre ore con tutti i presenti”.
“Quali emozioni hai provato? E dove le hai avvertite, dal punto di vista fisico?”
“Mi sono sentita stressata e lo sentivo nel petto”.
Quella che apparentemente potrebbe sembrare una delle tante conversazioni che hanno luogo nello studio di uno psicoterapeuta, in realtà è uno scambio tra una paziente e un "assistente sanitario digitale" dotato di intelligenza artificiale. Più semplicemente, un chatbot. L’interazione avviene su mobile tramite app, ma i terapeuti supervisionano il dialogo ed elaborano le narrazioni personali dei pazienti durante la successiva sessione di terapia. L’esempio è tratto da uno studio, pubblicato qualche tempo fa, che valutava un protocollo di intervento per il trattamento di stress e ansia correlati al lavoro, basato sull'integrazione di un'applicazione mobile conversazionale dotata di intelligenza artificiale nella psicoterapia tradizionale. Le app per la salute mentale, che qui vengono prese in esame, sono solo alcune delle numerose tecnologie digitali potenzialmente disponibili per il trattamento dei disturbi mentali.
“Il panorama è veramente vasto – sottolinea Tommaso Ciulli, consigliere dell’Ordine degli Psicologi della Toscana con ruolo di referente per il gruppo di lavoro Psicologia e nuove tecnologie e coautore dello studio citato –. Ci sono sistemi di intelligenza artificiale, di realtà virtuale e realtà aumentata, e applicazioni sia per smartphone che per computer. Esistono tecnologie che consentono il supporto psicologico online, quindi la possibilità di condurre sessioni tramite Skype o altri software. Non si devono dimenticare, infine, gli indossabili che permettono per esempio di rilevare tutta una serie di indicatori fisiologici come lo stress”.
Intervista completa a Tommaso Ciulli, psicoterapeuta. Servizio e montaggio di Monica Panetto
Ciulli riferisce che le consulenze psicologiche online sono lo strumento a cui oggi i professionisti della salute mentale fanno ricorso con maggiore frequenza, perché offrono la possibilità di raggiungere persone che per motivi organizzativi pratici, ma anche fisici possono avere oggettive difficoltà a raggiungere lo studio dello psicoterapeuta. “Sta prendendo sempre più piede anche la realtà virtuale, una tecnologia che permette di immergere le persone in un ambiente tridimensionale che per il nostro cervello è vero quanto quello reale. In tal modo il paziente viene esposto a situazioni che considera difficili da gestire, e impara a ristrutturare ansie e fobie, come quella dell’aereo per esempio”. Queste tecnologie possono essere impiegate nel trattamento di uno spettro abbastanza ampio di problematiche come l’ansia, la depressione, crisi di coppia; ma possono tornare utili anche in contesti come l’orientamento professionale. “Per quel che riguarda l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale, ad oggi c’è molta sperimentazione, ma ancora nulla di definitivo e definito di uso comune, nonostante le tecnologie non manchino, da ChatGPT a Gemini”. Gli ambiti di applicazione sono vari, dai chatbot come abbiamo visto fino ai sistemi computerizzati di supporto alla diagnostica clinica.
Tutti gli strumenti citati si basano nella maggior parte dei casi sulla terapia cognitivo-comportamentale facilmente trasferibile su formato digitale. Il loro impiego può avere diverse ricadute positive, di tipo psicologico innanzitutto ma anche economico: “Ciò che abbiamo riscontrato con l’impiego di alcune di queste tecnologie, a seconda dei casi, è una riduzione delle sedute, un miglioramento della condizione del paziente in tempi più stretti, ma anche un mantenimento del benessere raggiunto sul medio-lungo periodo”. E questo, secondo lo psicologo, è un valore aggiunto non soltanto per la persona, ma anche per il sistema sanitario nazionale, dato che in questo modo vengono abbattuti i costi del percorso di cura.
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Misurare l’efficacia dell’impiego di tecnologie digitali nel trattamento dei disturbi mentali, tuttavia, non è così semplice secondo Ciulli, poiché si deve tener conto sia di una serie di aspetti di ordine psicologico che del rapporto che il paziente ha con la tecnologia nel suo quotidiano. “La sperimentazione condotta qualche tempo fa per il supporto psicologico di persone con ansia e depressione, che prevedeva l’utilizzo di chatbot su smartphone in accompagnamento alla terapia tradizionale, ha dato riscontri positivi”. Continua Ciulli: “In generale si rileva che i livelli di stress, ansia e depressione tendono a diminuire, con un impatto positivo nella vita di tutti i giorni. Ma non solo. Le persone, in un range di età che va dall’adolescenza all’età più matura, hanno dato feedback molto positivi, in termini di capacità e gradevolezza di utilizzo degli strumenti digitali”.
Numerosi studi negli ultimi anni hanno dimostrato l’efficacia delle nuove tecnologie nel trattamento dei disturbi mentali: sono risultate un valido aiuto, per esempio, nella prevenzione del suicidio, ma si sono dimostrate utili anche nella promozione del benessere psicologico e nell’identificazione del disagio mentale. Una meta-analisi condotta su quasi 3.000 pazienti ha rilevato che interventi basati su applicazione per smartphone rivolti a persone affette da depressione producono una moderata riduzione dei sintomi, sebbene – ammettono gli autori – siano necessari studi più solidi per confermare i risultati ottenuti.
“Va detto – osserva Tommaso Ciulli – che si tratta di tecnologie che hanno tutta una serie di aspetti da disciplinare, e attualmente non esiste una regolamentazione specifica in Italia. Oggi si parla di Digital therapeutics, cioè di terapie digitali, indicando con ciò quegli strumenti di cui è stata dimostrata l'efficacia a livello biologico e/o psicologico”. Molte app per la salute mentale sono già disponibili sul mercato, ma sebbene sembrino promettenti per migliorare l'accessibilità delle cure mentali, spesso poco si conosce sulla metodologia di progettazione, sulla loro reale efficacia e sull'integrazione nei protocolli di psicoterapia. E questo rende difficile per gli operatori sanitari valutare se realmente queste tecnologie possano essere d'aiuto per loro e per i loro pazienti.
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Serve dunque condurre ricerca clinica, soprattutto in Italia: prima di poter essere utilizzati tali strumenti devono essere approvati da enti regolatori e l'approvazione necessita di prove che siano il frutto di sperimentazioni solide e che consentano di definire l’intervento condotto con le nuove tecnologie almeno sovrapponibile all’intervento umano. In Europa le terapie digitali sono inquadrate come dispositivi medici e la normativa di riferimento è il regolamento europeo 2017/745.
Nel nostro continente la Germania è stata la capofila, nel 2019, nella regolamentazione e rimborsabilità delle digital therapeutics. La prima terapia digitale risale al 2009, è stata sviluppata proprio in questo Paese e si chiama Deprexis. Si tratta di una piattaforma per il trattamento della depressione, usata negli ospedali tedeschi e svizzeri e rimborsata dalle assicurazioni. Da allora la Germania ha continuato su questa strada e ad oggi su 64 applicazioni di sanità digitale rimborsate, 26 sono specifiche per il trattamento di disturbi di salute mentale. Tra queste alcune sono pensate per chi soffre di ansia, di disturbi del sonno, di fobia sociale, di disturbo da alimentazione incontrollata.
Due anni più tardi, nel 2021, in Inghilterra il National Institute for Health and Care Excellence (Nice) ha introdotto i Digital Technology Assessment Criteria e successivamente i percorsi di Early Value Assessment che hanno consentito l’impiego di terapie digitali per la cura di ansia e depressione in bambini e adolescenti. Nel 2022, per fare un esempio ulteriore, il Nice ha raccomandato anche una app per il trattamento dell’insonnia. Nella stessa direzione, in termini di regolamentazione e rimborsabilità, si sono mossi anche Belgio e Francia rispettivamente nel 2021 e nel 2023. Oltreoceano, invece, la Food and Drug Administration negli Stati Uniti da molti anni ormai approva strumenti di digital medicine.