CULTURA
Il mondo sotto il mondo. Il “continente buio”, ultima frontiera dell’esplorazione
Grotte di San Canziano. Foto: ulrichstill - CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2874615
Deserti sconfinati, montagne le cui vette si perdono tra le nuvole, isole sparse in mezzo agli oceani, i mondi ghiacciati dei poli. Nel corso della storia abbiamo esplorato ogni luogo sulla superficie del pianeta, persino quelli più remoti e inaccessibili. Grazie al progresso scientifico e tecnologico e alla loro innata passione per la scoperta, gli esseri umani hanno raggiunto ogni angolo del pianeta, tanto che oggi possiamo catapultarci virtualmente ovunque vogliamo. Eppure, lo stesso non vale per quel mondo sotto il nostro mondo: non esistono mappe per la maggior parte degli spazi del sottosuolo. Dobbiamo immaginare migliaia di chilometri di grotte, miniere, cavità e passaggi ancora completamente ignoti, dal momento che non esistono strumenti e tecnologie in grado di esplorarli al posto nostro. L’unico modo per sapere cosa c’è là sotto è andare a vederlo con i propri occhi. Il mondo sotterraneo è rimasto l’ultima frontiera dell’esplorazione terrestre, afferma Francesco Sauro nel suo libro dal titolo Il continente buio, pubblicato da Il Saggiatore nel 2021 e presentato al Cicap Fest di quest’anno.
Sauro è un professore di geologia all’università di Bologna, un consulente per l’Agenzia spaziale europea e, prima di tutto, uno speleologo. Nella sua ultima opera ci accompagna in un viaggio alla scoperta delle viscere più profonde del nostro pianeta, luoghi ancora in gran parte sconosciuti che costituiscono un vero e proprio continente buio. Gli speleologi come Sauro sono gli esploratori di questo mondo sotto il mondo: il loro desiderio è quello di scoprire i paesaggi sotterranei che spesso giacciono inesplorati a pochi chilometri sotto i nostri piedi.
La passione per il continente buio accompagna Sauro fin da quando da bambino passava le vacanze e i fine settimana sui Monti Lessini, tra le Prealpi veronesi, dove abitavano i suoi nonni paterni. Fu allora che lo speleologo racconta di aver sentito per la prima volta il “canto della sirena”, quell’attrazione atavica verso la conoscenza dell’ignoto a cui era impossibile resistere. Per chi come lui ha sentito quel canto, la speleologia diventa un’esigenza che è difficile non assecondare e che dà la sensazione di riconnettersi con i primi esseri umani che durante la preistoria hanno iniziato a uscire dalle caverne per esplorare il mondo in superficie, senza mappe né tecnologie in grado di guidarli.
Nel corso della sua attività speleologica, Sauro ha esplorato più di 100 chilometri di nuove grotte e spazi sotterranei. Il continente buio è (anche) il racconto dei suoi viaggi alla scoperta di questi luoghi nascosti, come le fessure vertiginose che si aprono tra i “tepui” del Venezuela, le altissime “montagne degli dei” che celano mondi dall’apparenza extraterrestre e per lo più inaccessibili, e la Grotta dei cristalli giganti di Naica, dove a causa di un flusso di calore proveniente dal cuore magmatico del pianeta, le temperature raggiungono quasi i 50°C e l’umidità è vicina al 100%, rendendo l’ambiente del tutto ostile alla vita umana. Ebbene, equipaggiati di respiratori e tute speciali attraversate da più di venti chili di acqua ghiacciata, Sauro e i suoi compagni di spedizione dell’associazione La Venta sono riusciti a visitare questo luogo incredibile e a rendersi conto con i propri occhi che “la realtà supera sempre l’immaginazione”.
“ In quei momenti la mia capacità di immaginare veniva portata al suo estremo. Ma per quanto possiamo spingere i nostri sogni al limite dell’assurdo, Naica ci ha confermato una cosa fondamentale: la realtà supera sempre l’immaginazione Francesco Sauro, "Il continente buio", Il Saggiatore 2021
Per quanto la speleologia non possa essere definita una scienza, chi svolge questa attività si trova spesso a mettere le proprie competenze tecniche e teoriche al servizio della ricerca scientifica. È in quest’ottica che Sauro ha collaborato con il professor Michel André, biologo marino e fondatore del laboratorio di bioacustica applicata del Barcellona Tech a un progetto dal titolo “The sound of caves”, nato con l’obiettivo di studiare i paesaggi sonori del mondo sotterraneo. È stato attraverso questa esperienza alla ricerca delle sorgenti sonore del mondo naturale sotterraneo, come l’aria e l’acqua, che lo speleologo ha avuto la possibilità di ascoltare ciò che più si avvicina al silenzio più assoluto, qualcosa che sembrava immaginabile sperimentare sul nostro pianeta.
Tra le pagine de Il continente buio, Sauro intreccia il racconto delle sue esperienze personali con quello di alcune tra le più grandi imprese della storia della speleologia che lo hanno particolarmente colpito e hanno ispiranto il suo lavoro. Ad esempio, scopriamo la storia dello speleologo Francese Norbert Casteret che durante l’esplorazione della Caverna di Montéspan decise di tentare un’impresa quasi impossibile: si immerse nel lago sotterraneo e intraprese un’esplorazione in apnea, nel buio più totale, alla ricerca dell’origine di una corrente di acqua fredda con il rischio di finire in un abisso, andare a sbattere contro un’enorme roccia o di riemergere in un’area della grotta dove l’aria era irrespirabile. Un’altra storia avventurosa è quella dell’esplorazione del Timavo sotterraneo e delle grotte di San Canziano da parte dell’associazione alpinistica dell’Alpenverein alla fine dell’Ottocento.
Norbert Casteret nella grotta di Montespan. Foto: Victor Raffit Bagur – archivio personale, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=60375137
Ma le avventure sotterranee non sempre sono riservate soltanto agli speleologi. Dal 2011 Sauro collabora con l’ESA, per cui tiene un corso di addestramento per astronauti chiamato CAVES e che si svolge all’interno di alcune grotte per lo più calcaree e dolomitiche, dove per tre settimane gli astronauti sono tenuti a esplorare ambienti sconosciuti e inospitali, lavorare in gruppo e gestire situazioni critiche. D’altronde, come riflette Sauro ne Il continente buio, esistono diverse similitudini tra il lavoro degli speleologi e quello degli astronauti, entrambi esploratori dell’ignoto. “In grotta, come nello spazio, ci si trova a vivere in ambienti confinati, dove ciò che ci circonda è alieno e talvolta ostile alla vita. […] Bisogna essere una squadra, conoscersi, capirsi, perché ogni nostro compagno è fondamentale per la riuscita dell’impresa”, scrive l’autore. “E poi c’è lo stimolo, fortissimo, di uscire dalla nostra comfort zone e di cimentarci con l’ignoto, con la natura del cosmo, dentro una grotta immensa e sconosciuta o nei compartimenti di una navicella spaziale”.
L'astronauta ESA Luca Parmitano lancia un drone durante la spedizione CAVES-X1 della grotta La Cucchiara, in Sicilia, nel maggio 2017. Foto © ESA, Natalino Russo www.natalinorusso.it, CC BY-SA 3.0 IGO