Porta la firma di organizzazioni e associazioni ambientaliste e di autorevoli rappresentanti della comunità scientifica il comunicato, inviato il 27 gennaio al Governo, con il quale si chiede di rivedere l'attuale bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) approvata dal Consiglio dei Ministri il 12 gennaio scorso e predisposto per accedere ai fondi europei di Next Generation EU (NGEU).
Un piano criticato perché, secondo quanto riportato dal comunicato ufficiale, manca la centralità e l’adeguata attenzione alla natura intesa in termini di biodiversità ed ecosistemi, mentre ancora "persiste quella logica 'estrattiva' che ha guidato il nostro rapporto con la natura, considerata una mera 'risorsa' da gestire a nostro vantaggio, e che ha portato ad un progressivo deterioramento del capitale naturale".
Una centralità, quella della natura, ribadita invece come indispensabile dall’Unione Europea nel New Green Deal, il piano che annovera tra i suoi obiettivi principali il raggiungimento, attorno al 2050, di un impatto climatico prossimo allo zero e una crescita economica che non sia connessa all’uso di risorse. "Il risanamento della natura è fondamentale per il nostro benessere fisico e mentale – ha ribadito più volte Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea - e può contribuire a combattere i cambiamenti climatici e l'insorgere di malattie. Si inserisce al centro della nostra strategia di crescita, il Green Deal europeo, e fa parte di un modello di ripresa europea che restituisce al pianeta più di quanto prende."
Il Piano per la ripresa, presentato dalla Commissione Europea a maggio e approvato dal Consiglio Europeo lo scorso dicembre, destina parte delle risorse del Next Generation EU (NGEU) e del Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 al sostegno della transizione verde e digitale e di un’economia sostenibile e inclusiva. Circa il 37% dei finanziamenti di NGEU, infatti, dev'essere investito per gli obiettivi del Green Deal europeo (in azioni per il clima, per l’adattamento ai cambiamenti climatici e alla biodiversità), attraverso Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza elaborati sulla base degli orientamenti dell’Unione europea, che ogni Stato Membro deve presentare. E il PNRR italiano, secondo i firmatari dell'appello, non andrebbe in questa direzione, anzi, ne sarebbe molto distante. Nel piano italiano mancherebbero l’attenzione e gli investimenti adeguati a perseguire alcuni dei sei pilastri previsti per la transizione verde, tra questi la protezione e il restauro della biodiversità e degli ecosistemi e la protezione e l’uso sostenibile delle risorse acquatiche e marine.
Ecco perché il mondo ambientalista e quello della ricerca hanno richiamato il Governo alla piena adesione della visione del New Green Deal e del Next Generation EU, chiedendo di trattare la biodiversità e gli ecosistemi come valore primario da proteggere, conservare e gestire. “È necessario che nel Piano siano aggiunte linee progettuali dirette e operative per la protezione e il restauro della biodiversità e degli ecosistemi” scrivono i firmatari. “La Commissione Europea considera biodiversità ed ecosistemi come trasversali a tutte le azioni proposte. Attualmente, nel PNRR, non lo sono. Lo devono diventare”.
E se per quanto riguarda la natura, nel PNRR si parla di mancata centralità, per le foreste, invece, si parla di totale assenza. Nella bozza del 12 gennaio, infatti, l’iniziale proposta di dotazione finanziaria di 1 miliardo di euro da spendere nei prossimi sei anni per gli interventi forestali volti a ridurre il dissesto idrogeologico, è stata azzerata e dirottata verso altre misure.
L’Italia, però, si conferma un Paese sempre più verde, dove boschi e foreste avanzano e prendono il posto di zone montane e campagne abbandonate. La conferma di questo trend arriva dalla revisione quinquennale del patrimonio forestale mondiale da parte della Fao (il Global Forest Resources Assessment) che rivela come negli ultimi 5 anni le foreste italiane abbiano occupato 270mila nuovi ettari, andando a ricoprire, tra foreste e aree boschive, un totale di 11,4 milioni di ettari, quasi il 40% della superficie nazionale.
E nonostante questi numeri, un recente articolo a firma di Davide Pettenella docente del Dipartimento Territorio e sistemi agro forestali dell'Università di Padova, evidenzia che le foreste del nostro Paese sono talmente poco conosciute dalle statistiche italiane che Vaia (la tempesta che nell'ottobre del 2018 ha abbattuto milioni di alberi tra Lombardia, Trentino, Veneto e Friuli Venezia Giulia) non ha comportato alcun impatto sui dati ISTAT di settore.
Davide Pettenella, docente presso il Dipartimento Tesaf, spiega il taglio del PNRR ai finanziamenti per gli interventi forestali