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Prendete una grande quercia, un vecchio abete o, ancora, un pino: chi non resta affascinata dall’imponenza del fusto, dalla bellezza delle fronde, dal gioco di chiaroscuri tra cielo e terra, dai muschi che risalgono il tronco, o dagli animali che vi trovano rifugio? Gli alberi di dimensioni importanti, spesso avanti con l’età, sono scrigni di biodiversità, ecosistemi a sé stanti. Con un ruolo importante per il pianeta e per chi vi abita. Ebbene, negli Stati Uniti – ma come vedremo la tendenza non è diversa nel nostro continente – i grandi alberi sono in aumento. È questo, in estrema sintesi, ciò che emerge da uno studio pubblicato recentemente su Pnas (Population of large-diameters trees are increasing across the United States).
I ricercatori hanno utilizzato i dati del Forest Inventory and Analysis relativi all'ultimo censimento disponibile per ogni Stato, completato a seconda dei casi tra il 2019 e il 2023: tra un inventario e il successivo intercorrono solitamente 5 o 10 anni, e questo è l'arco temporale minimo di confronto. Gli scienziati hanno preso in esame due categorie di alberi: quelli con diametro compreso tra i 50 e i 100 centimetri (a petto d’uomo) e con diametro superiore al metro, collocati in 48 Stati. Gli alberi più grandi sono concentrati lungo la costa occidentale, quelli medi invece sono distribuiti in modo più uniforme in tutto il Paese. La densità di grandi alberi è risultata massima lungo la costa della California.
Ebbene, lo studio rileva che le popolazioni di alberi grandi e medi sono aumentate rispettivamente dello 0,49% e dello 0,50% all'anno negli Stati Uniti occidentali, e del 2,9% e del 2,4% all'anno negli Stati Uniti orientali. Non mancano le eccezioni: un calo significativo di -0,42% di grandi alberi all’anno è stato registrato in Sierra Nevada e ciò, secondo gli autori, potrebbe essere dovuto alla siccità, agli incendi e ai disturbi causati dal bostrico in questa regione dal 2015 al 2020.
Se la tendenza generale dunque indica un aumento delle popolazioni di alberi di grande diametro, per diverse specie la mortalità sta superando la crescita: tra queste, il pino da zucchero, l’abete della California e il cedro della California. Aumenti significativi invece sono stati osservati per la douglasia costiera, il pioppo balsamico, la sequoia sempreverde, il cedro gigante e l’abete di Sitka a ovest; l’albero dei tulipani, l’acero argenteo, il cipresso delle paludi e la quercia della Virginia a est. Tra gli alberi di taglia media sono state rilevate significative riduzioni per sette specie; aumenti importanti invece per 21 specie a ovest e 61 specie a est.
“La causa principale dell’incremento di alberi di grandi dimensioni negli Usa – argomenta Marco Carrer, ecologo forestale dell’università di Padova – potrebbe risiedere nei massicci abbattimenti (e successiva ricostituzione) avvenuti durante la colonizzazione, tra Sette e Ottocento a est, fino agli inizi del Novecento a ovest. In quel periodo questi alberi diminuirono drasticamente”. La colonizzazione ridusse notevolmente l’estensione delle foreste, con tagli importanti per ottenere legno e fare spazio all'agricoltura. In seguito, con la diminuzione della pressione sulle foreste dovuta all'industrializzazione, gli alberi ripresero a crescere. Solitamente, venivano abbattuti quelli più grandi, lasciando il posto a esemplari più piccoli e giovani, che in certi casi potevano crescere anche più rapidamente grazie a una minore competizione per risorse come acqua e luce.
Come sostengono anche gli autori dello studio, l'aumento degli alberi di grandi dimensioni potrebbe dunque essere spiegato proprio con questa lenta evoluzione dei popolamenti forestali, che stanno recuperando le dimensioni che avevano prima dei massicci abbattimenti: “Quando la foresta viene lasciata evolvere naturalmente, senza l'intervento umano e la pressione dei tagli, tende a ricostituirsi, a rigenerarsi, ma questo processo richiede secoli. Pertanto, siamo ancora in una fase di recupero, in cui i popolamenti forestali stanno tornando alle dimensioni che avevano prima dei grandi abbattimenti”. Si tratta dunque di un recupero che fa parte di una normale dinamica forestale.
Alberi preziosi non solo per lo stoccaggio di carbonio
Gli alberi di grandi dimensioni sono importanti per vari motivi. Sicuramente il primo a venire in mente è lo stoccaggio dell’anidride carbonica: “Basta un piccolo numero di alberi grandi per immagazzinare un’elevata quantità di carbonio, che può rappresentare la maggior parte di quello presente in una foresta. Anche una sola di queste piante per ettaro può avere un impatto significativo”. Lo studio da cui siamo partiti sottolinea che negli Stati Uniti occidentali, gli alberi con diametro superiore ai 50 centimetri rappresentano circa il 75% del carbonio totale immagazzinato negli alberi vivi, mentre nella parte orientale del Paese costituiscono circa il 20%.
In secondo luogo va considerato che per raggiungere certe misure, come si è visto, serve tempo, e ciò significa che per un lungo periodo non ci sono stati disturbi significativi, sia naturali che antropici, come incendi, tempeste o tagli. “E questo è un buon segno”.
I grandi alberi, inoltre, possono diventare scrigni di biodiversità. Carrer spiega che tendenzialmente più gli alberi sono imponenti, più sono vecchi (anche se questa, va detto, non è una regola fissa e sempre valida). Con l'età possono andare incontro a decadimento, con rami che cadono, danni da fulmine o infestazioni di funghi che degradano il legno. Molte piante, per quest’ultima ragione, sono completamente cave al loro interno e, pur rimanendo vive, presentano problemi a livello strutturale (si parla in questo caso di carie). “Ciò non incide sulla loro vitalità, perché un singolo esemplare può diventare un ecosistema in sé: quelle cavità possono trasformarsi in tane o rifugi per diversi animali, favorire la crescita di piante o di funghi. E quindi negli anni diventano scrigni di biodiversità”.
Infine, gli alberi vetusti o di grandi dimensioni sono preziosi anche per la dendrocronologia. Con i loro anelli – che si sviluppano annualmente in relazione al ciclo stagionale – possono fornire informazioni uniche, dato che alcuni esemplari arrivano ad avere secoli, se non qualche millennio. Il dato più immediato che si può ricavare è l'età della pianta nel punto in cui viene prelevato il campione. La misurazione della larghezza degli anelli e l'analisi di altri parametri possono indicare se l'albero ha avuto buone condizioni di crescita o meno.
“Ancora, gli anelli registrano informazioni sul clima, come temperature e precipitazioni, permanenza del manto nevoso o siccità. Registrano dunque le condizioni ambientali esterne. Inoltre, permettono di ricostruire la storia del popolamento forestale, gli interventi di gestione o di taglio: se una pianta non viene selezionata durante gli interventi selvicolturali, rimangono tracce al suo interno, perché come si è visto negli anni successivi, libera dalla competizione, cresce meglio”.

Grandi alberi in Italia ed Europa
Carrer osserva che in Italia, ma più in generale in Europa, gli alberi di grandi dimensioni sono verosimilmente meno numerosi rispetto a quelli presenti negli Stati Uniti, ma il processo di crescita è forse più evidente. “Nel nostro continente non esistono censimenti analoghi a quello statunitense, perché ogni nazione adotta criteri diversi per gli inventari forestali nazionali”. Continua il docente: “In Europa mancano molte specie in grado di raggiungere dimensioni importanti, come le sequoie o le douglasie, che invece crescono negli Usa e in particolare in California”. Dall’America le sequoie sono state introdotte solo nel XIX secolo, ma non raggiungono la grandezza di quelle oltreoceano: alcuni esemplari si trovano in Inghilterra, in Spagna, in Francia, in Germania, anche in Italia. Per il nostro Paese il docente ricorda anche il censimento degli alberi monumentali, definiti tali per le loro dimensioni o per il loro valore storico-culturale. Tra questi si annoverano esemplari imponenti, spesso in contesti non forestali, come Sa Reina, La Regina, a Villamassargia in Sardegna, con il suo fusto di 16 metri di circonferenza e un’altezza di 100; o il Castagno dei 100 Cavalli in provincia di Catania che, con un tronco di 22 metri di diametro, una chioma di oltre 100 e un’età stimata tra i 2.000 e i 4.000 anni, è uno degli alberi più antichi e grandi al mondo.
“Bisogna ricordare che nel nostro Paese, e nel continente europeo, il bosco è stato sfruttato dall’uomo per millenni: dai tempi dell'Impero Romano fino ad oggi, gli alberi sono sempre stati tagliati e anche le due guerre mondiali hanno avuto un impatto significativo. Negli ultimi decenni, dal secondo dopoguerra in particolare, la direzione è cambiata e ciò sta consentendo ai boschi di ricostituirsi. I nostri popolamenti forestali sono in uno stadio simile a quello degli Stati Uniti, sebbene con dimensioni più ridotte”. A darci qualche dato è il rapporto State of Europe forest 2020, secondo cui la superficie forestale in Europa è aumentata del 9% in 30 anni: con 227 milioni di ettari, più di un terzo della superficie europea è coperta da foreste. Il 46% è costituito prevalentemente da conifere, il 37% da latifoglie e il resto da foreste miste. Circa tre quarti delle foreste sono tendenzialmente coetanee, di queste il 64% è oltre la fase di rinnovazione e non ha ancora raggiunto la fase di maturità.
In Italia i popolamenti forestali sono ancora relativamente giovani, ma sono in fase di crescita. “Questo processo nel nostro Paese è forse anche più evidente di quello in corso negli Usa. E ciò perché fino a poco tempo fa, i popolamenti forestali sono stati soggetti a pressioni importanti, mediamente maggiori di quanto avvenuto negli Stati Uniti”. Dal secondo dopoguerra è trascorsa una settantina d’anni, che non è ancora sufficiente a raggiungere le grandi dimensioni.
Il peso della gestione forestale
Sulla presenza di grandi alberi incide anche la gestione forestale dei singoli Paesi. Carrer spiega che nel centro Europa, per esempio, non se ne trovano molti, perché qui la scelta è il “taglio e impianto”, della stessa specie o di una specie diversa: si adotta un tipo di gestione molto spinta che serve a ottimizzare il processo di crescita per produrre legno, in primo luogo. Avere piante enormi costituirebbe un problema per le segherie, che invece necessitano di fusti non troppo grandi, quindi comodi da lavorare.
In Italia, invece, la gestione forestale ha sempre avuto un approccio più naturalistico, con meno enfasi sulla produzione. “A differenza dell’Europa del nord, dove molti popolamenti forestali si trovano in pianura o in zone collinari, nel nostro Paese dobbiamo convivere con l'ambiente montagnoso delle Alpi e degli Appennini: tagliare alberi su superfici ampie può causare problemi di dissesto idrogeologico. Per questo motivo, si è sviluppata una gestione che mira a mantenere una copertura continua del suolo, evitando di creare aperture di dimensioni eccessive. Invece di praticare il taglio e l'impianto come al nord, qui si tende a mantenere almeno parte delle piante esistenti. In Italia, il taglio a raso è praticamente vietato”.
Carrer osserva che rispetto anche a Paesi come l’Austria, la Svezia o la Germania, l’Italia ha una gestione forestale che favorisce la crescita naturale degli alberi e dunque – potenzialmente – la possibilità che questi raggiungano dimensioni importanti. Va tenuto presente tuttavia che, anche senza l’intervento antropico, sono molti i fattori che influenzano la crescita di boschi e foreste, nel nostro Paese come nel resto d’Europa, e tra questi anche il cambiamento climatico in atto.
Gli incendi si verificano soprattutto nella regione mediterranea, le tempeste di vento e le forti nevicate sono più frequenti invece nelle regioni centrali e nord-occidentali del continente. I danni causati dagli insetti fluttuano, mentre quelli provocati dal vento e dalla neve sono aumentati. Si è osservato tuttavia che questi eventi tendono a spostarsi anche in aree diverse da quelle indicate, con siccità e ondate di calore estreme, epidemie di bostrico più estese e una maggiore frequenza di incendi boschivi. Foreste in espansione dunque, ma pure vulnerabili per diverse ragioni.