SOCIETÀ

Odio e violenze nel giornalismo femminile

È un trend in crescita, e lo è stato soprattutto nell’anno del Covid, quello che misura l’odio verso lavoratrici e ai lavoratori del mondo dell’informazione perpetrato attraverso linguaggi violenti e intimidazioni online.

Nel 2021, nella classifica dei Paesi che nel mondo garantiscono la libertà di stampa, il World Press Freedom Index, l'Italia mantiene la sua quarantunesima posizione (su 180 paesi). Pesano ancora le intimidazioni, gli attacchi verbali e fisici contro i giornalisti (20 dei quali vivono oggi sotto scorta), perpetrati in particolare dalle mafie o dai gruppi neofascisti, che sono ancora in aumento, in particolare a Roma e nella regione circostante nel Lazio e al sud. Secondo il report ‘Atti intimidatori perpetrati nei confronti di giornalisti - anno 2020’ redatto dal Servizio Analisi Criminale del Ministero dell’Interno, nei primi tre mesi del 2021 sono stati registrati 63 episodi (+50% rispetto al primo trimestre 2020), in quasi un caso su due (42%) arrivati tramite web. Lazio, Toscana, Lombardia, Sicilia, Puglia ed Emilia Romagna le regioni più colpite (con 45 casi su 63, pari al 71% del totale). Le donne, tra insulti e minacce di tipo sessista, l’obiettivo privilegiato degli odiatori. Una riflessione su questo aspetto viene dalla ‘Relazione sul rafforzamento della libertà dei media: protezione dei giornalisti in Europa, incitamento all'odio, disinformazione e ruolo delle piattaforme, redatta dal Parlamento europeo lo scorso anno (2020), dove compare un dato allarmante: il 70% delle donne occupate nel settore dei media ha subito più di un tipo di molestia, minaccia o attacco online, il 52% solo nell’anno precedente. Sempre secondo i dati emersi dalla relazione, le molestie e gli abusi online (compresi l'incitamento all'odio e lo stalking) sono spesso a carattere marcatamente sessuale e non si basano sul contenuto del lavoro delle vittime, ma sulle loro caratteristiche fisiche, sul loro background culturale o sulla loro vita privata. Minacce che portano le giornaliste all'autocensura e hanno un effetto dissuasivo sulla libertà di stampa e sulla libertà di espressione.

E nel nostro Paese? A far luce sulla situazione italiana un’indagine, la prima del genere, condotta nel 2019 dalla Commissione Pari Opportunità della Fnsi in collaborazione con Casagit, Inpgi, Usigrai, Ordine dei giornalisti e Agcom e con la consulenza della statistica Linda Laura Sabbadini. I dati che ne emergono non sono confortanti. L'85% delle giornaliste, a tutte le età, dichiara di aver subito molestie sessuali almeno una volta nel corso della propria vita professionale, oltre il 66% negli ultimi 5 anni e il 42% è stata vittima di una qualche forma di molestia nell’anno di realizzazione dell’indagine.  Battute a sfondo sessuale, insulti e svalutazione sono la più diffusa forma di molestia. Metà delle intervistate ha subito almeno una volta nella vita pressioni, avances o è stata seguita o controllata. In un caso su tre le giornaliste hanno dichiarato di aver subito ricatti sessuali e molte hanno subito gesti e telefonate oscene, commenti sessuali, minacce di violenza e violenze tentate, oltre che minacce di diffondere immagini o video intimi. Tutti abusi perpetrati in 3 casi su 4 all’interno delle redazioni, alla presenza di altri colleghi o in una stanza chiusa. Chi molesta ha più di 45 anni ed è in genere un superiore. Il 60 per centro delle vittime ha parlato di quanto accaduto con altri colleghi, ma non con superiori, con il sindacato o con la polizia. Solo il 2 per cento delle intervistate ha dichiarato, infine, di aver denunciato l'accaduto. Chi ha scelto il silenzio, lo ha fatto per paura di ripercussioni o per la convinzione che la denuncia non serva a nulla.

Uno studio, ADVOOCATE- Addressing visual imagery in online harassment and/or offline abuse against women (photo-) journalists, finanziato dall’Università di Padova su programma MSCA Seal of Excellence @ UNIPD e realizzato in collaborazione con l'Università di Gothenburg, ha indagato questo fenomeno in una prospettiva comparata tra Italia e Brasile.

Alice Baroni racconta il lavoro di ricerca attraverso cui ha mappato i diversi tipi di abusi e molestie rivolte alle lavoratrici del mondo dell’informazione comparando la situazione italiana e quella brasiliana

Lo studio coordinato da Alice Baroni, ricercatrice MSCA Seal of Excellence @ UNIPD presso il Dipartimento di Scienze Politiche, Diritto e Studi Internazionali (SPGI) con la supervisione di Claudia Padovani, per due anni, dal 2019 al 2021 ha raccolto dati in contesti online e offline, e interviste con giornaliste, caporedattori e caporedattrici e rappresentanti di associazioni professionale di media italiani e brasiliani: O Globo, Estado de S. Paulo e Folha de S. Paulo, Federazione Nazionale dei Giornalisti (FENAJ), l'Associazione Brasiliana di Giornalismo Investigativo (ABRAJI), Corriere della Sera, La Repubblica, il Fatto Quotidiano, Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI), la Giulia Giornaliste (Giornaliste Unite Libere Autonome) in Italia. La ricerca ha consentito di realizzare una mappatura dei diversi tipi di abusi e molestie, come per esempio, discorsi d’odio basati sul genere, attacchi online-offline, molestie basate su immagini via email, telefono o social media.

Secondo la ricerca, negli ultimi cinque anni (2015-2020), rispettivamente, in Italia e in Brasile quasi la metà delle intervistate italiane (42,6%) e il 79,9% di quelle brasiliane è stata vittima di discorsi d'odio almeno una volta e, rispettivamente il 2 e il 15, per cento quotidianamente; il 33,2% di quelle italiane e il 43,2% delle intervistate brasiliane affrontato, invece, quotidianamente il cyberstalking.

Lo stesso vale per le minacce di stupro (13% e 7%), minacce di omicidio (19,6% e 7%) alla famiglia e/o agli amici (19,7% e 7,1%). Le partecipanti allo studio brasiliane e italiane credono di essere diventate un bersaglio di molestie a causa del loro genere (34,9% e 19%), per il contenuto dei loro articoli (26,8%/ 19%) e a causa della loro età (12%/ 7,1%). Per le intervistate brasiliane anche a causa della loro etnia (2,4%) e dell’orientamento sessuale (4%). Alla base di questi attacchi, secondo le risposte raccolte, potrebbero esserci gruppi politici, persone ostili, programmi bot, bande, gruppi anti-gender/femministi e il governo.

Una risposta a questo fenomeno ancora non c'è. Secondo le rappresentanti dell’informazione italiana non solo 'non è stato adottato alcun meccanismo di protezione specifico dalle redazioni contro le molestie o le minacce online, oltre alla tutela legale nell'esercizio della professione giornalistica'  ma anche, di questo fenomeno, nello stesso settore dell'informazione, non se ne parla affatto. 

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