SOCIETÀ

La polarizzazione sociale negli Stati Uniti e le possibili strategie per contrastarla

La polarizzazione degli individui all'interno dei gruppi sociali è un tema di grande interesse per gli studiosi che indagano le dinamiche di opinione, ovvero il modo in cui le persone sviluppano un parere su un determinato argomento e poi lo rafforzano o lo cambiano con il passare del tempo e a seconda delle esperienze vissute. Per chi si occupa di scienze sociali, studiare la polarizzazione e i suoi effetti significa anche capire le dinamiche di interazione tra persone con opinioni uguali oppure opposte.
Gli effetti della polarizzazione non sono sempre positivi, perché questo meccanismo sociale può creare una forte divisione ideologica all'interno di una comunità e fare sì che gli individui leggano ogni aspetto della realtà attraverso una lente distorta che li induce a rafforzare unicamente le opinioni o i sentimenti che già hanno riguardo a uno specifico tema e a schierarsi sempre più duramente contro i fatti o le credenze in contrasto con la loro visione del mondo.

Come riporta una recente review proposta dal fisico teorico e giornalista Morris Mitchell Waldrop su PNAS, nella letteratura scientifica vengono solitamente individuati due tipi di polarizzazione: la prima è la polarizzazione delle opinioni, che consiste nella divisione della società su specifiche questioni talvolta scottanti, come ad esempio il possesso di armi o le politiche sanitarie. Ma esiste anche la polarizzazione sociale o affettiva, che consiste nell'identificazione di un individuo con un gruppo sociale (che spesso coincide con un partito politico) talmente forte da accendere dei sentimenti negativi molto intensi, come rabbia, risentimento e a volte persino odio, verso chi viene percepito estraneo al proprio gruppo, perché appartiene, ad esempio, al partito opposto.

Gli effetti di questo secondo tipo di polarizzazione, afferma Waldrop, sono particolarmente osservabili negli Stati Uniti, dove questa affiliazione di gruppo si traduce in una divisione piuttosto netta della società in repubblicani e democratici.

Una meta-analisi condotta da Shanto Iyengar, politologo della Stanford University, e dal suo team riprende alcuni dei risultati prodotti dalla letteratura scientifica negli ultimi anni su questo tema proprio per indagare cause, conseguenze e possibili strategie mitigatorie della polarizzazione affettiva nella società americana.

L'affiliazione di gruppo è essenziale per il nostro senso di identità. Gli individui istintivamente considerano loro stessi come rappresentanti di ampie categorie socioeconomiche e culturali piuttosto che come distintivi portatori di tratti S.Iyengar et al., “The Origins and Consequences of Affective Polarization in the United States”, Annual Review of Political Science (2019)

La divisone della popolazione in repubblicani e democratici porta gli americani a percepire la loro società divisa in due gruppi: il proprio, ovvero quello di chi sostiene il loro stesso partito, e “gli altri”, cioè i sostenitori del partito opposto. La conseguenza di questa visione del mondo è la tendenza a provare sentimenti positivi verso i membri dello stesso gruppo e sentimenti negativi verso quelli dell'altro gruppo. Questa polarizzazione affettiva, sostengono gli autori, negli ultimi decenni è sensibilmente aumentata e rischia di affossare un autentico dibattito democratico e costruttivo, perché l'interazione tra i sostenitori di partiti opposti finisce spesso per trasformarsi in uno scontro di sentimenti, e non di opinioni, e di causare da un lato la devozione cieca al proprio partito, qualsiasi cosa dica, e dall'altro un odio, altrettanto cieco, verso i sostenitori dell'altro partito.

Inoltre, affermano gli autori, la polarizzazione affettiva ha anche delle conseguenze apolitiche, nel senso che influenza i comportamenti e i sentimenti delle persone anche al di fuori dell'ambito politico. Può orientare, ad esempio la scelta del partner o degli amici. Alcuni studi degli ultimi anni suggeriscono, infatti, che tra gli americani sia in aumento la tendenza a socializzare e a stringere legami e relazioni affettive preferibilmente all'interno del loro gruppo di riferimento, e quindi con persone che hanno la stessa ideologia politica.

Inoltre, Iyengar e coautori ritengono che la ricerca dovrebbe anche approfondire se e in che misura le preferenze politiche possano anche influenzare comportamenti diversi nelle interazioni economiche tra persone, nelle decisioni professionali e persino le scelte abitative.

Come sintetizza Waldrop, sono diversi i metodi con cui gli studiosi del campo indagano le dinamiche e le forme di polarizzazione: una prima strategia consiste nella raccolta di dati e sondaggi storici, utili per capire come varia il livello di polarizzazione nel tempo e attorno a quali tematiche principali. Un altro metodo si basa sul monitoraggio del comportamento degli utenti su internet, in particolare sui social media, e un altro ancora, quello dell'approccio sperimentale, procede ricreando alcune dinamiche e situazioni che hanno a che fare con la polarizzazione in un ambiente di laboratorio e con la partecipazione di volontari. Infine, è utile anche servirsi di modelli matematici per eseguire simulazioni al computer che permettano di studiare i possibili effetti di comportamenti polarizzati a partire da determinate cause scatenanti o situazioni di partenza.

Insomma, nell'ultimo decennio gli studiosi di scienze sociali hanno avvertito sempre di più la necessità di approfondire le dinamiche di questo meccanismo sociale per comprenderlo e cercare di contrastarlo; una polarizzazione estrema, esacerbata spesso dalla presenza di camere d'eco sui social media e dell'errata percezione della composizione del proprio gruppo e del partito opposto, può portare infatti a gravi conseguenze, come ad esempio il rifiuto di accettare i risultati di un'elezione e il ricorso alla violenza fisica.

La presenza di camere d'eco polarizzanti sui social media non è l'unica causa di questo fenomeno individuata dal lavoro degli studiosi in questo campo. In un articolo pubblicato su Science, Eli J. Finkel, professore al dipartimento di psicologia della Northwestern University, e colleghi osservano, ad esempio, che in letteratura viene spesso posto l'accento anche sulla diffusa convinzione, da parte dei cittadini, che a una certa ideologia politica si accompagni un determinato orientamento religioso o l'appartenenza a una classe o un gruppo sociale, che innesca la tendenza, da parte loro, ad allinearsi a queste identità e a diffidare dei gruppi sociali con caratteristiche tipicamente associate al partito opposto.

Finkel e gli altri autori dell'articolo individuano poi nella letteratura scientifica alcune possibili strategie di intervento per mitigare la polarizzazione affettiva e i suoi effetti.

La prima consiste nel cercare di correggere le percezioni o le intuizioni errate che le persone hanno riguardo agli appartenenti al partito opposto: secondo alcuni studi, favorire un'interazione costruttiva tra le parti, chiedendo alle persone di spiegare e giustificare le loro preferenze politiche, può aiutare a costruire un dialogo costruttivo e a creare esperienze di condivisione.
Un'altra strada da percorrere riguarda la rottura delle camere d'eco sui social, modificando l'algoritmo per far sì che agli utenti compaiano anche contenuti contrastanti con la loro visione del mondo e coerenti con quella del partito opposto. Gli autori avvertono però che questa potrebbe rivelarsi una mossa azzardata, perché visualizzare notizie non conformi con la propria ideologia potrebbe finire per rafforzare l'odio e i pregiudizi.
Infine, un'altra possibile soluzione per mitigare i preoccupanti effetti della polarizzazione affettiva potrebbe essere quella di rivolgersi ai capi dei partiti e alle élite politiche per incentivarli ad essere meno estremisti e aggressivi nel modo in cui parlano di chi si oppone alle loro proposte e si rivolgono agli esponenti degli altri partiti.

Quando la politica diventa una lotta basata sull'identità contro degli avversari corrotti – quando gli ideali e le politiche contano meno rispetto alla vittoria sui propri nemici – il governo diventa disfunzionale E. J. Finkel et al., “Political sectarianism in America”, Science (2020)

Un'altra soluzione possibile è quella individuata da Iyengar e colleghi in alcuni degli studi considerati nella loro meta-analisi e consiste nel combattere la divisone in gruppi ricordando ai cittadini, da parte delle élite politiche e dai capi civili e religiosi, che nonostante l'esistenza di partiti opposti, si è tutti parte di un'unica società: quella americana. Esaltare l'appartenenza a un unico gruppo, insistendo quindi sull'identità nazionale, piuttosto che sulle divisioni interne, potrebbe aiutare, secondo alcuni studiosi, a ridurre sentimenti violenti o aggressivi che rischiano di spaccare la società stessa. In questo caso, però, viene spontaneo domandarsi se davvero l'unico modo per superare una divisione tra gruppi sia crearne implicitamente una più grande, ovvero quella tra i cittadini di uno stato nazionale contro tutti gli altri abitanti del pianeta.

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