SOCIETÀ

I rigurgiti del razzismo in Italia

Nelle ultime settimane sono uscite fin troppe notizie di atti di razzismo, in particolar modo contro i meridionali. In un paese liberale e progredito perché avvengono ancora questi episodi di discriminazione? I pregiudizi resistono ancora in mezzo ai tanti tentativi da parte delle istituzioni culturali ed educative di estirparli. Chi nega una stanza a una ragazza perché nata nel sud Italia, chi crede di fare giustizia picchiando una donna che voleva parcheggiare la macchina – non ne aveva certo diritto, essendo siciliana! – e infine, chi ritiene di poter fare battute razziste su una ragazza nata a Palermo di origini ghanesi che genere di convinzioni ed educazione civica possiede?

È un odio del tutto irrazionale e privo di fondamento quello che spinge una persona ad aggredirne un'altra, verbalmente o fisicamente, solo sulla base della sua provenienza. Eppure, sembra che chi si comporti in questo modo sia davvero convinto di essere nel giusto, protetto da chissà quale status di superiorità morale e sociale. Ma da cosa è legittimata una convinzione del genere? In che modo il mondo in cui si vive ogni giorno conferma e alimenta una simile credenza? Odio gratuito e pregiudizi sono a volte talmente cementati nella coscienza da diventare solidi principi. Questa trasformazione è a dir poco pericolosa; comportamenti come quelli di cui si è sentito parlare nelle ultime settimane non dovrebbero lasciarci indifferenti, anzi, dovrebbero portare a chiederci se è vero che gli episodi di razzismo stiano effettivamente aumentando di numero nell'ultimo periodo.

Insomma, è il 2019, sono state vinte molte battaglie a livello culturale e legislativo per difendere i diritti di tutti i cittadini, “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, come recita tra l'altro la Costituzione. In un paese in cui si cerca e si promette il progresso scientifico, medico ed economico, come si può restare regrediti come persone?

Se ti sedessi su una nuvola non vedresti la linea di confine tra una nazione e l'altra, né la linea di divisione tra una fattoria e l'altra. Peccato che tu non possa sedere su una nuvola Khalil Gibran

Ne abbiamo parlato con la professoressa Annalisa Maria Frisina, docente di sociologia generale all'università di Padova, impegnata in attività di ricerca sul razzismo e in progetti mirati a contrastare questa cultura dell'odio.

"Il razzismo anti-meridionale fa parte della storia italiana fin dal principio", spiega la professoressa. "Gaia Giuliani e Cristina Lombardi-Diop hanno ricostruito una "storia dell’identità razziale degli italiani", analizzando la “bianchezza” prodotta dal gruppo dominante insieme ai processi di razzializzazione di coloro che sono stati considerati “neri”. In primo luogo, il confronto con la “nerezza” è avvenuto sul versante interno, con il Meridione identificato come “nero” e pericoloso (in quanto refrattario alle leggi dello Stato)  dalle  teorie sulla “razza” del positivismo (i “criminali nati” di Cesare Lombroso e l’“Italia barbara” di Alfredo Niceforo). Il razzismo anti-meridionale è stato costruito attraverso i dibattiti parlamentari dell’Italia liberale, le spedizioni militari per l’unificazione (che diversi studiosi hanno descritto come una forma di colonialismo interno), ma anche attraverso la letteratura. In secondo luogo, la bianchezza degli italiani è stata costruita contro i colonizzati, rappresentati come “mostri” e/o “animali” e quindi de-umanizzati. La costruzione della “bianchezza” degli italiani continuò dopo la proclamazione della Repubblica, che cercò frettolosamente di archiviare il razzismo come frutto del colonialismo fascista. Come hanno sottolineato le storiche Silvana Patriarca e Valeria Deplano, nonostante l’articolo 3 della Costituzione Italiana del 1948 abbia ufficialmente bandito le discriminazioni razziali, un’idea implicitamente razziale dell’italianità ha continuato ad essere riprodotta nella Repubblica da pratiche non-istituzionali e istituzionali. Sono innumerevoli i modi in cui è stata ri-affermata la “bianchezza” della nazione, legandola alla presunta omogeneità culturale e religiosa dell’Italia".

"La modernità europea si basa, sia materialmente sia culturalmente, sulla conquista e sullo sfruttamento di po­poli e di territori di altri continenti", continua la professoressa. "Le rappresentazioni europee dell'alterità si sono forgiate nel razzismo e sessi­smo coloniali, precursori delle ideologie e delle politiche criminali del nazifascismo. Ciò significa che il razzismo è un sistema secolare di dominio globale che gerarchizza l'umanità in grup­pi superiori (considerati "umani", legittimi conquista­tori di terre altrui, cittadini a pieno titolo e detentori di diritti ... ) e grup­pi inferiori ("sub-umani" o "non-umani", che difficilmente verranno riconosciuti come cittadini, come soggettività politiche da ascoltare e con le quali confrontarsi). Nei processi di socializzazione delle nuove generazioni non si è lasciato spazio per svilup­pare una coscienza critica nei confronti dei pericoli del razzismo, del sessismo e del fascismo".

Gli episodi di razzismo, ultimamente, stanno poi aumentando di numero, come conferma  la professoressa Frisina. "Si veda il monitoraggio sul sito Cronache di ordinario razzismo per avere un'idea di come la violenza razziale sia un fenomeno strutturale e non episodico; e si leggano ad esempio i 'libri bianchi', pubblicati da Lunaria".

E il motivo per cui tali episodi  sono in aumento non è perché forse chi nutre sentimenti di questo tipo si sente ora legittimato a pensare e agire così perché segue l'esempio di una classe politica che difende posizioni di chiusura verso il diverso? E se fosse vero, insomma, che ciò che spesso frenava le persone da compiere atti di razzismo era una “buona dose di vergogna” che adesso invece non c'è più? Possibile che sentimenti di aggressività e di odio siano stati in qualche modo scagionati?

"Come il collega Alfredo Alietti ha sostenuto in proposito, sembra che si sia passati da una lunga fase di "non sono razzista, ma" (in cui il razzismo c'era ma veniva dissimulato) ad una in cui è possibile dire apertamente "sono razzista". La politica conta moltissimo. Ad esempio, si veda in proposito il barometro dell'odio delle elezioni europee 2019 sul sito di Amnesty International", conclude la professoressa.

Come si può contrastare allora questa tendenza? Ora più che mai sono indispensabili le campagne di educazione civica alla cittadinanza, a livello scolastico e non, per promuovere atteggiamenti di apertura e rispetto senza discriminazioni. Ancora una volta sono la cultura, la consapevolezza, e una buona dose di buon senso che possono aiutarci a riflettere e forse, addirittura, a salvarci.

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