CULTURA

Il ritorno di Carpaccio

Intendiamoci, non se n'è mai veramente andato: i capolavori che da cinque secoli lo fnno amare e ammirare sono ancora in gran parte nella città lagunare; era però dal 1963 che Palazzo Ducale non ospitava una retrospettiva interamente dedicata a Carpaccio. Una ragione in più per tornare a celebrare uno dei grandi maestri della pittura veneziana, ma anche per fare il punto sullo stato della critica e per far tornare nel luogo d’origine decine di opere oggi disperse in tutto il mondo.

A cominciare da quelle provenienti dalla National Gallery of Art di Washington, che assieme alla Fondazione Musei Civici di Venezia ha appena inaugurato presso l’Appartamento del Doge Vittore Carpaccio. Dipinti e disegni. La mostra, aperta fino al 18 giugno e curata assieme ad Andrea Bellieni e a Gretchen Hirschauer da Peter Humfrey dell’università di St Andrews in Scozia, uno dei maggiori esperti al mondo di pittura veneziana rinascimentale, segue lo schema di quelle su Tintoretto del 2018 e su Canaletto del 2019, avendo debuttato alla fine dello scorso anno oltreoceano per poi spostarsi a Venezia.

Il percorso espositivo, valorizzato da un allestimento sobrio ma di sicuro impatto, comprende 70 opere tra dipinti (42) e disegni (28, sei dei quali recto/verso): Carpaccio era infatti anche un disegnatore eccezionale e ci ha lasciato un nutrito corpus di schizzi e disegni. In mostra sono riunite soprattutto opere provenienti da musei e collezioni internazionali, oppure da chiese degli antichi territori della Serenissima, dalla Lombardia all’Istria e alla Dalmazia: opere che illustrano compiutamente la varietà e l’altezza della pittura di Carpaccio seguendone anche l’evoluzione; fino al capitolo conclusivo della sua carriera, tra il secondo e il terzo decennio del Cinquecento, quando l’arte del maestro, pur rimanendo colta e suggestiva, non riesce più a tenere  il passo delle novità tematiche e tecniche introdotte da Giorgione e viene in qualche modo “esiliata” sulla terraferma.

Nato da una famiglia di mercanti veneziani intorno al 1465, Vetor Scarpaza, in seguito latinizzato dallo stesso pittore in Carpatio o Carpathius, è sicuramente uno degli artisti più originali e innovativi della Venezia del pieno Rinascimento, all’epoca straordinario crocevia tra Italia e Mediterraneo orientale, ma anche tra Europa del nord e del sud, come evidenziato durante la presentazione da Gretchen Hirschauer, curatrice per l’arte italiana e spagnola presso la National Gallery di Washington. Una Venezia all'apice dello splendore come centro economico e artistico ma che presto conoscerà le prime avvisaglie della decadenza, con la guerra di Cambrai (1509-14) combattuta contro le altre potenze europee coalizzate (tra cui papato, regno di Francia e impero germanico).

È in questo clima che Carpaccio si forma sotto l’influenza della tradizione pittorica veneziana ma anche dei maestri toscani e ferraresi, dei tedeschi come Dürer, dei ‘primitivi’ fiamminghi e di Antonello da Messina. Poco si sa di certo sulla sua formazione, probabilmente passata per la bottega di Gentile e Giovanni Bellini: la prima opera datata è l'Arrivo di Sant'Orsola a Colonia (1490), originariamente realizzata nell’ambito del ciclo pittorico per l’omonima confraternita, in cui sebbene molto giovane l’artista appare già affermato e sicuro di sé.

Proprio alle serie narrative dipinte in grandi teleri per le ‘scuole’, le confraternite laiche veneziane, Carpaccio lega indissolubilmente il suo nome: oltre a quello di Sant'Orsola, eseguito nel corso degli anni Novanta del Quattrocento, ne realizza anche per la Scuola di San Giorgio degli Schiavoni (unico ancora nella sede originaria) e per la Scuola degli Albanesi (oggi diviso in musei diversi a Venezia, Milano e Bergamo e temporaneamente riunito proprio in occasione della mostra), entrambi databili al primo decennio del Cinquecento; infine, nel decennio successivo, il ciclo per la Scuola di Santo Stefano (anch'esso diviso in vari musei italiani e internazionali).

Nel 1494 Carpaccio contribuisce con un proprio dipinto all’ampio ciclo a più mani raffigurante i miracoli del reliquiario della Vera Croce della Scuola Grande di San Giovanni Evangelista (ora a Venezia, Gallerie dell'Accademia). Una personalità dunque originale e autonoma, che coniuga la minuziosa attenzione ai particolari e alla vita quotidiana tipica della pittura nordica con la capacità narrativa espressa nei grandi pittorici. Il tutto, secondo il co-curatore Andrea Bellieni, sempre eseguito “con estro che spazia dal giocoso al teatrale, dall’aneddoto alla satira, ma giungendo anche a supremi vertici di poesia, psicologismo, drammaticità e profondità spirituale”.

Anche per questo il Carpaccio, pittore a detta di Vittorio Sgarbi quasi onirico e grande “raccontatore di storie”, illustrate con modalità quasi cinematografiche, è stato particolarmente amato da scrittori come John Ruskin e soprattutto Henry James, che oltre alla tecnica sopraffina prediligeva in lui l’umorismo e il grande senso di umanità, che lo rendono capace di comunicare intensi sentimenti di vita e di gioia. Un pittore che merita un ruolo e un attenzione specifici anche rispetto a figure supreme come Giovanni Bellini, Giorgione, Tiziano e Tintoretto, e che promette di tornare, come nel 1963, a sedurre nuove generazioni di visitatori.

There is something ridiculous in talking of Venice without making Carpaccio almost the refrain Henry James

Vittore Carpaccio
Dipinti e disegni

A cura di Peter Humfrey,
con Andrea Bellieni e Gretchen Hirschauer

Venezia, Palazzo Ducale, Appartamento del Doge
18 marzo - 18 giugno 2023

palazzoducale.visitmuve.it/carpaccio

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