SCIENZA E RICERCA

Esplora e proteggi il pianeta: le app per il monitoraggio della biodiversità

Contribuire attivamente alla conservazione della biodiversità utilizzando una tecnologia alla portata di tutti, proteggere le specie in via d’estinzione puntando alla creazione di una rete di monitoraggio ambientale, nutrire il senso di una responsabilità collettiva e diffusa. La domanda è: la scienza può contare anche su strumenti semplici e azioni collettive e condivise? Può partire anche da qui, anche da ‘noi’? "Utilizzata dalle comunità indigene, nelle aree protette, nella ricerca e per il monitoraggio scientifico, nella scienza comunitaria, nell'educazione ambientale, nella silvicoltura, nell'agricoltura, per le indagini sociali e nella prevenzione della criminalità ambientale”, fin dalle sue origini negli anni Novanta del secolo scorso, con i trackers indigeni del Kalahari, CyberTracker ha avviato progetti e attività con l'obiettivo di proteggere le specie in via di estinzione e consentire a chiunque sia dotato di uno smartphone, anche chi non sa leggere o scrivere, di “generare dati ricchi e complessi sulla biodiversità”. A spiegarlo è Louis Liebenberg, fondatore di CyberTracker conservation, l’organizzazione no-profit con sede in Sudafrica che ha sviluppato la piattaforma e il programma di certificazione.

Il sistema dei parchi nazionali del Sudafrica è stato tra i primi ad adottare il software: oggi nel parco nazionale Kruger ben 400 ranger utilizzano l’app per registrare un’ampia gamma di osservazioni, dati su biodiversità, specie invasive, disponibilità delle risorse idriche, tracce di bracconieri, impronte umane. E a partire dal 2010 l'ecologista Emilie Ens, che dirige il Cross-cultural ecology and Environmental management lab alla Macquarie University, ha pubblicato numerosi articoli dedicati alle abitudini della fauna selvatica nelle zone remote dell'Australia, partendo proprio da dati raccolti attraverso la piattaforma CybertTracker. 

Partiamo da un recente articolo, pubblicato su Science, in cui si annuncia l’uscita di una versione online aggiornata della app: una nuova piattaforma di dati sulla conservazione che punta a migliorare la collaborazione tra comunità indigene, volontari, scienziati e responsabili della conservazione. “Circa 600mila persone in 150 Paesi aveva i già scaricato le versioni precedenti sviluppate a partire dagli anni Novanta - si legge su Science -. Le comunità lo hanno utilizzato per osservare la fauna selvatica, monitorare le risorse idriche e mappare i siti: lo strumento ha aiutato a gestire le specie e le riserve vulnerabili e ha fornito agli scienziati molti dati condivisi poi in pubblicazioni sulle popolazioni e sul comportamento della fauna selvatica, alcune scritte in collaborazione con i trackers indigeni”. Le versioni precedenti di questa tecnologia hanno evidenziato dei limiti: “Alcuni utenti trovavano difficile la navigazione e la personalizzazione del software e rischiavano di perdere dati preziosi se uno smartphone o un tablet veniva danneggiato o distrutto: un pericolo piuttosto comune quando si lavora sul campo. Così Liebenberg ha iniziato a testare una nuova versione con un'interfaccia più intuitiva e che oggi permette di caricare i dati sul cloud invece di conservarli su un singolo dispositivo”. 

La storia di Liebenberg e della CyberTracker conservation inizia oltre trent’anni fa nel deserto del Kalahari. Le tradizionali attività dei trackers stavano scomparendo e risultava dunque necessario trovare nuove modalità di monitoraggio per la conservazione della natura, per prima cosa, preservando il patrimonio di conoscenza delle popolazioni indigene. “La certificazione ha consentito ai trackers di ottenere lavori nell'ecoturismo, come ranger nelle unità anti-bracconaggio, nel monitoraggio della fauna selvatica e come collaboratori nella ricerca scientifica. Dal 1994 a oggi, la certificazione di trackers ha portato a livelli crescenti di competenze di tracciamento in Africa, Stati Uniti ed Europa”. Considerando che alcuni dei migliori trackers indigeni africani non sanno né leggere né scrivere, nel 1996, con l'aiuto di Karel Benadie, tracker del parco nazionale Karoo in Sudafrica, viene creata “l'interfaccia per i trackers non alfabetizzati“. Insieme al ranger e tracker James Minye, Benadie ha rintracciato il rinoceronte nero, a rischio di estinzione, registrandone movimenti e comportamento nei minimi dettagli. Coinvolgendo scienziati e comunità locali, in aree chiave per la biodiversità, CyberTracker ha combinato la conoscenza indigena con la tecnologia informatica e satellitare all'avanguardia”.

Ci sono altri interessanti progetti capaci di coniugare tecnologia e ricerca in un’ottica di efficace e ampia collaborazione, non solo tra scienziati esperti: alcuni progetti si tramandano di generazione in generazione continuando a raccogliere e condividere dati utili per la scienza affidandosi all'impegno e all'esperienza di semplici cittadini. Da oltre un secolo, negli Stati Uniti, la National Audubon Society, che dal 1905 si occupa di proteggere la natura e in particolare preservare gli habitat degli uccelli, organizza il Christmas Bird Count, un vero e proprio censimento degli uccelli attraverso una raccolta di segnalazioni e avvistamenti da parte di volontari in un breve periodo invernale, quello natalizio: The nation's longest-running community science bird project. Potremmo definirlo uno dei primi esempi di citizen science, che si basa sulla raccolta di informazioni di interesse scientifico sul mondo naturale con l’aiuto di un pubblico non specializzato, di volontari non addetti ai lavori. Si realizza, cioè, con il contributo dei cittadini, che possono raccogliere dati utili sulla presenza e distribuzione di specie di flora e fauna, fornendo indicazioni preziose per il monitoraggio, la gestione, la conservazione della biodiversità.

Un approfondimento pubblicato nel 2021 su The Conversation, firmato da Louis Liebenberg e Glynis Joy Humphrey, riflette sui diversi concetti di citizen science e tracking science. “Il termine citizen science intende ampliare la rete di persone il cui contributo alla scienza è riconosciuto. Ma la parola 'cittadino' può risultare problematica: la terminologia determina chi può partecipare alla scienza e come viene sviluppata la conoscenza e, in alcuni contesti, le persone potrebbero sentirsi escluse da questo termine. Per essere cittadino bisogna essere un soggetto legalmente riconosciuto, cittadino di uno Stato o un abitante di una città o un paese. Le eredità del colonialismo potrebbero rendere questo termine inappropriato in una società postcoloniale. Storicamente, le comunità indigene spesso perdevano i loro diritti sulla terra e si vedevano negata la cittadinanza nelle colonie di nuova costituzione. Oggi il termine esclude anche gruppi come i migranti”. E ancora: “Tracking science è proposto come metafora inclusiva che non discrimina in base al genere o all'origine socio-culturale: non intende sostituire il termine citizen science, piuttosto, integra il termine e abbraccia la maggior parte dei contributi alla conoscenza scientifica indipendentemente dall'origine”.


LEGGI ANCHE

Un'associazione nazionale per la citizen science


L’app eBird del Cornell Lab of Ornithology invita i birdwatchers a individuare e tenere traccia delle specie di uccelli in diverse aree del mondo, attraverso foto e registrazioni di suoni. “Ogni osservazione può contribuire alla scienza della biodiversità, da quella della farfalla più rara a quella dell'erba più comune del tuo cortile”: così, la popolare e numerosa community iNaturalist permette di esplorare, scoprire e condividere osservazioni contribuendo ad arricchire database scientifici come il Global biodiversity information facility

Di più recente creazione è la app-gioco gratuita lanciata da 3bee che nel nome accoglie identità e propositi. Si chiama Biodiversa - scatta e proteggiè accessibile a tutti ed è stata ideata per “collettivizzare la tutela della biodiversità”, sensibilizzare, educare e favorire la partecipazione attiva attraverso il gioco con lo scopo di realizzare un archivio cooperativo dedicato alla biodiversità europea con l'obiettivo di potenziare il protocollo Element-E, per il monitoraggio della biodiversità terrestre, che fornisce report dettagliati e consente a enti e imprese di quantificare in maniera oggettiva il proprio impatto sulla biodiversità.

Dopo aver scaricato l'app, nel momento dell‘iscrizione, si viene informati del livello di accuratezza, attualmente pari al 72% per 7mila specie. È solo il punto di partenza perché, “con il tuo supporto - si legge -, puntiamo a raggiungere il 90% di accuratezza per 15mila specie entro i prossimi 6 mesi. Abbiamo bisogno di 5 milioni di foto per migliorare il nostro database. Ogni foto dà un contributo significativo”. Iniziamo.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012