Dal famosissimo Dodo al meno conosciuto moho di Kauai – il Kauaʻi ʻōʻō, un uccello canterino dichiarato estinto nel 2023 –, sono oltre 600 le specie di uccelli estinte a causa dell’azione umana dal tardo Pleistocene, quando gli esseri umani iniziarono a diffondersi in tutto il mondo. Gli ultimi 130.000 anni, in particolare, sono stati caratterizzati da un significativo cambiamento ambientale come risultato di fluttuazioni climatiche naturali ma soprattutto – e sempre più – di attività umane che, da millenni a questa parte, sono una delle principali cause (dirette o indirette) di estinzione delle specie. Ma l’impatto della scomparsa di moltissime varietà di uccelli a causa delle attività umane è ben più ingente di quanto stimato finora.
Una ricerca condotta dall’Università di Birmingham e recentemente pubblicata sulla rivista Science va oltre i “semplici” numeri ed esamina le conseguenze di queste perdite per il Pianeta ad ampio spettro, dimostrando che l’estinzione del 5% delle specie di uccelli conosciute ha influenzato la diversità di tutti gli uccelli e sottolineando l’urgenza di identificare le funzioni ecologiche che si stanno perdendo a causa di questo fenomeno.
La perdita di biodiversità non si misura solo con il numero di varietà scomparse ma anche attraverso la perdita di diversità funzionale (functional diversity, FD) e diversità filogenetica (phylogenetic diversity, PD): la prima riguarda il ruolo ecologico degli organismi e può essere definita come la distribuzione e l’abbondanza delle specie di una comunità; consente di analizzare il cambiamento grazie allo studio delle interazioni che gli ecosistemi hanno tra loro e con l’ambiente. La seconda rappresenta uno dei modi possibili per misurare la biodiversità in un’area, fornisce un’indicazione sulla storia evolutiva di una specie e sulla sua unicità: tiene conto non solo di quante ne esistono, ma anche di quanto sono vicine (o distanti) dal punto di vista evolutivo.
Tom Matthews, primo autore dello studio e docente all’Università di Birmingham, ha spiegato che “Il numero di famiglie di uccelli estinte è solo una parte della crisi: è fondamentale capire che ognuna di esse ha un compito specifico nel suo ambiente e quindi gioca un ruolo importante nell’ecosistema. Alcuni uccelli controllano i parassiti mangiando insetti, gli uccelli spazzini riciclano materia morta mentre altri ancora, come i colibrì, sono importanti impollinatori. La scomparsa di queste specie implica la perdita anche della loro funzione ecologica; oltre alla diversità funzionale, ogni varietà animale porta con sé anche una certa quantità di storia evolutiva: quando si estingue, si perde una parte della “famiglia” degli organismi viventi. La fine di una specie equivale al taglio di un ramo dell’albero della vita”.
La ricerca ha rivelato che l’intervento dell’uomo ha causato una perdita di circa 3 miliardi di anni di storia evolutiva e una diminuzione del 7% della diversità funzionale globale degli uccelli, un dato significativamente maggiore di quanto ci si aspettasse. L’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN) – il più grande network di soggetti autorevoli sul tema della conservazione della biodiversità – ha documentato che dal 1.500 d.C. oltre il 75% delle estinzioni ha riguardato specie insulari, nonostante le isole rappresentino solo il 7% della superficie terrestre.
Le conseguenze di questo fenomeno si manifestano in diversi modi, tra cui la diminuzione dell’impollinazione dei fiori, una minore dispersione dei semi e l’interruzione del controllo delle popolazioni di insetti, inclusi parassiti e vettori di malattie, oltre a un aumento delle epidemie dovuto al ridotto consumo di carogne. La diminuzione dell’avifauna documentata nello studio probabilmente inciderà anche sull’abilità di molte specie vegetali di adattarsi ai cambiamenti climatici attuali e futuri.
In questo studio i ricercatori non solo hanno stimato la diversità funzionale e filogenetica persa a causa di estinzioni antropogeniche negli ultimi 130.000 anni, ma hanno anche previsto l’entità delle perdite future. Le proiezioni indicano infatti che nei prossimi 200 anni potrebbero estinguersi oltre 1.000 specie di uccelli, con riduzioni previste della diversità funzionale media del 6% e di quella filogenetica del 7%: questi scenari evidenziano l’urgenza di adottare misure di conservazione efficaci per prevenire ulteriori perdite di biodiversità aviaria.
“Questi risultati ci ricordano che la crisi attuale delle estinzioni non è solo una questione di numeri: identificando le perdite nella diversità funzionale e filogenetica degli uccelli causate dall’azione umana, le nostre scoperte evidenziano l’urgenza di comprendere e prevedere gli impatti delle estinzioni passate sulla funzionalità degli ecosistemi, preparando il terreno per la perdita futura prevista. Queste informazioni sono fondamentali per stabilire obiettivi efficaci per le strategie di conservazione globale, nonché per gli sforzi di ripristino e rinaturalizzazione degli ecosistemi” conclude Matthews.