SOCIETÀ

Serve una strategia europea per l’accumulo dell’energia

REPowerEU è solo l’ultimo di una serie di documenti programmatici prodotti dalla Commissione Europea e da altre agenzie indipendenti come IEA, IRENA e IPCC, che indica l’elettrificazione degli usi finali come la via maestra per la decarbonizzazzione.

Naturalmente l’energia elettrica impiegata dovrà essere prodotta il più possibile da fonti rinnovabili, che per loro natura sono intermittenti. Oltre all’adeguamento della rete elettrica che consente una gestione intelligente della domanda (tramite smart grid, comunità energetiche, aggregatori e altre soluzioni) è necessario sviluppare un sistema di accumulo dell’energia sia giornaliero, che risponda alle esigenze di flessibilità della rete (oggi se ne occupano principalmente centrali termoelettriche a gas o a carbone), sia stagionale, che consenta di superare le stagioni fredde in cui le rinnovabili producono meno energia.

Con REPowerEU la Commissione Europea alza l’asticella degli obiettivi delle installazioni di capacità rinnovabile: il 45% dell’energia a disposizione dell’Europa dovrà venire da fonti rinnovabili entro il 2030 e la sola capacità di fotovoltaico dovrà essere di 600 GW entro quella data.

Se esiste una pianificazione dello sviluppo dei modi di produzione dell’energia, ad oggi non esiste una strategia per lo sviluppo dei sistemi di accumulo: “Installiamo circa 1 GW di accumulo all’anno in Unione Europea. Avremmo bisogno di 14 GW l’anno per rispettare i target di decarbonizzazione” spiega Jacopo Tosoni, funzionario della EASE (European Association for Storage of Energy – associazione europea per l’accumulo dell’energia), ospite di un convegno sull’accumulo organizzato dal Centro Levi Cases, il 27 maggio a Padova, in un ciclo di conferenze dedicato alla transizione energetica.

“Serve flessibilità, sprechiamo molta dell’energia rinnovabile che produciamo in eccesso e i sistemi di stoccaggio non verdi, come gas e altri, oggi dominano ancora il mercato. La diffusione dello stoccaggio è in ritardo rispetto a eolico e solare. Questa situazione continuerà fino al 2030 e al 2050 se non ci sarà un netto cambio di passo. Ma se questo non avverrà non raggiungeremo gli obiettivi sulle rinnovabili, mancheremo i target climatici e avremo problemi di sicurezza energetica” rimarca Tosoni.

Rinnovabili e accumulo devono crescere insieme

Maggiore sarà la penetrazione delle rinnovabili, maggiore sarà il bisogno di flessibilità della rete da realizzarsi con sistemi di stoccaggio: verrà prodotta più energia a mezzogiorno e meno di notte; lo stesso accadrà a livello stagionale: ci saranno periodi di eccesso di energia e di deficit di energia.

I combustibili sono relativamente facili da stoccare, “lo sappiamo già fare bene con il gas e il petrolio” spiega Marco Baroni, consulente della IEA (International Energy Agency – agenzia internazionale dell’energia). Ma con il graduale abbandono dei combustibili fossili, a partire da quelli russi, “la domanda di elettricità crescerà molto da qui al 2050 e con essa dovremo aumentare lo stoccaggio dell’elettricità”.

Se eolico e solare devono aumentare del 5% all’anno circa, secondo quanto illustra Baroni, l’accumulo dovrebbe crescere a un ritmo di 15% l’anno, tre volte più veloce rispetto alle rinnovabili. Gli investimenti pianificati finora però non rispecchiano questo andamento: “quelli in energia verde sono di tre volte minori di quelli di cui ci sarebbe bisogno”.

Esistono diverse possibili soluzioni per i sistemi di accumulo, ma secondo il consulente della IEA, oltre a una gestione intelligente della domanda, le batterie e i sistemi di accumulo tramite il pompaggio dei bacini idrici (in alcuni casi anche a partire dalle già esistenti centrali idroelettriche) giocheranno un ruolo chiave.

“Le batterie da sole non possono fornire gli stessi servizi per lo stoccaggio giornaliero e stagionale, servono soluzioni differenziate” torna a spiegare Tosoni. “E non è che ci sarà una singola tecnologia dominante. Non vincerà il blu ray sul dvd. Ci saranno soluzioni diverse per finestre temporali diverse”.

Oltre agli obiettivi europei per i sistemi di accumulo, servono quelli a livello nazionale: “ci sono ad esempio in Spagna, ma non in Italia” dice Tosoni, secondo cui occorre interrompere gli incentivi inefficienti ai combustibili fossili e parallelamente sostenere gli investitori in un mercato dell’accumulo, con politiche di tassazione, tariffe e corrispettivi, che ad oggi invece non sono favorevoli. “In UE ci sono tanti servizi che lo stoccaggio potrebbe fornire e che non vengono remunerati. Gli incentivi in Europa sono molto minori rispetto a USA, UK e Australia, dove puntare sull’accumulo è più conveniente”. In altri termini, sottolinea Tosoni “serve una legislazione adeguata”.

Un regolamento europeo per le batterie

L’Europa sta lavorando a una proposta legislativa, ma solo a riguardo dell’utilizzo delle batterie, e principalmente per quelle destinate ai veicoli elettrici, ha fatto sapere Simona Bonafè, europarlamentare e relatrice della proposta di regolamento europeo sulle batterie, ospite al convegno.

Come ha ricordato Marco Baroni, “se le installazioni di capacità di solare ed eolico devono aumentare di 4 volte al 2030, i veicoli elettrici devono vedere le vendite aumentate di un fattore 18: il 6% dei veicoli venduti nel primo trimestre 2020 erano elettrici, devono arrivare al 60% nel 2030”.

Secondo le stime di Simona Bonafè, “passeremo da 0,7 a 4 milioni di batterie al 2030. Gran parte delle batterie cui si riferisce il regolamento è per i veicoli elettrici, ma varrà anche per batterie industriali. Per la prima volta ci stiamo preoccupando dell’intero ciclo di vita del prodotto, che deve avere requisiti di sostenibilità in termini di massima impronta carbonica, contenuto minimo di materiale riciclato, rimovibilità dei materiali e disasemblaggio delle batterie per consentirne il riciclo”.

Il regolamento si muove all’interno della doppia cornice degli obiettivi del Green Deal europeo e in quella dell’economica circolare. “I materiali strategici delle batterie non sono molti in Europa, perciò devono essere recuperabili e va creata un’industrializzazione del riciclo. Servono standard armonizzati che tengano la catena del valore in Europa”.

La transizione energetica deve essere sostenibile sul piano ambientale ma anche su quello sociale ed economico, sottolinea Bonafè. “I materiali spesso vengono da Paesi in cui sono estratti in condizioni di sfruttamento”. Emblematico è il caso del cobalto in Congo. “serve un sistema di verifica della provenienza dei materiali”.

Una strategia che ancora non c’è

Sebbene il regolamento sulle batterie va nella giusta direzione, sottolinea Tosoni, ancora non è una strategia vera e propria per lo sviluppo del settore dell’accumulo, indispensabile per rendere l’Europa veramente indipendente dal gas e dagli altri combustibili fossili che vengono dalla Russia, e non solo, e che ancora oggi reggono il sistema di back up della rete elettrica. “In REPowerEU manca una strategia per gli accumuli, che pure il Parlamento Europeo aveva già chiesto nel 2020”. Fa notare Tosoni. “L’obiettivo va elaborato dalla Commissione”.

Nonostante esista un’intera galassia di sistemi di accumulo, che vanno dall’idrogeno ai sistemi di pompaggio, passando per i sistemi di accumulo termico, chimico e magnetico, le batterie di nuova generazione (come quelle al sodio) e i metalli reattivi come l’alluminio, il regolamento che sta elaborando l’Europa si concentra solo sulle batterie, e nemmeno su tutti i tipi di batterie: “ad oggi nella proposta di regolamento non vi è menzione delle batterie a flusso” fa notare Alberto Bertucco, direttore del Centro Levi Cases.

“Altri sistemi di accumulo non sono previsti al momento” ammette Bonafè. “L’importanza strategica dei sistemi di accumulo è arrivata con la guerra in Ucraina. Si deve legiferare su soluzioni certe, le altre sono ancora sperimentazioni” sostiene l’europarlamentare.

Nemmeno sul fronte dell’economia circolare però gli obiettivi sono chiari: i target per il recupero dei materiali delle batterie ancora non sono stati fissati. “Siamo in fase negoziale, ma non sfugge a nessuno l’importanza di arrivare il prima possibile. È un quadro regolatorio parziale ma lo riteniamo importante” dichiara Bonafè “l’iter legislativo europeo è complesso, ma mi auspico che tra settembre e ottobre il regolamento venga approvato”.

Il mercato dell’accumulo

I sistemi di accumulo offrono alla rete elettrica tutta una serie di servizi quali la gestione della sovrapproduzione di energia negli orari di picco, e la regolazione di frequenza, stabilità, tensione e adeguatezza della rete elettrica.

“Occorre remunerare l’accumulo per renderlo conveniente all’investitore” sostiene Alfredo Camponeschi, responsabile dell’energy management di Enel Italia, secondo cui serve strutturare un vero e proprio mercato del cosiddetto time shift, ovvero della distribuzione della domanda di energia in orari in cui essa è maggiormente gestibile. “Bisogna mettere mano alla struttura del mercato per far nascere l’esigenza di accumulo. La mancanza di questo mercato non consente una diffusione dell’accumulo”.

Se il libero mercato sarà effettivamente in grado da solo di rispondere con prontezza e mettere a terra tutti i GW di rinnovabili e di accumulo che vengono richiesti dagli obiettivi europei è una certezza che ad oggi non abbiamo, fa notare Marco Baroni.

La discussione è inoltre aperta sugli interventi di adeguamento di cui avrà bisogno la rete elettrica per gestire in modo intelligente i flussi, ottimizzando le risorse disponibili e minimizzando gli sprechi.

Secondo quanto dichiarato dallo stesso ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, un repentino aumento del numero di GW da rinnovabili non è compatibile con l’attuale rete elettrica, per lo meno nel breve termine: il progetto andrebbe realizzato piuttosto nel medio termine (8-10 anni). Invece, secondo quanto dichiarato da Nicola Lanzetta, direttore di Enel Italia, la proposta di Elettricità Futura (che riunisce le aziende di Confindustria che si occupano di rinnovabili) di installare 60 GW di rinnovabili è tecnicamente realizzabile in tempi brevi.

La diatriba sarebbe risolvibile aprendo, tra governo e parti interessate, un tavolo di confronto, che associazioni quali Elettricità Futura e Italia Solare hanno più volte chiesto, ma mai ottenuto.

“Il problema di rete c’è e va valutato” ammette Alfredo Camponeschi, “ma in Sardegna l’abbiamo studiato e abbiamo visto che si può fare” riferendosi all’iniziativa di Enel di realizzare un piano per un’elettrificazione della Sardegna interamente basato sulle rinnovabili, che sono abbondanti sull’isola. Qui Enel ha anche già puntato su oltre 500 MW di accumulo. “Quello che serve è uno sviluppo organico e non disordinato delle rinnovabili e dell’accumulo” aggiunge Camponeschi.

A quello sulle rinnovabili, dovrebbe aggiungersi anche un serio contesto di confronto e pianificazione per lo sviluppo dei sistemi di accumulo dell’energia elettrica, senza cui non ci potrà mai essere vera indipendenza dai combustibili fossili.

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