SCIENZA E RICERCA

Servono nuovi modelli per lo scioglimento del Thwaites in Antartide

Il destino dell’Antartide occidentale dipende in buona misura da quello che avviene ai suoi margini, dove il ghiaccio abbandona l’appoggio al suolo ed estende le sue lunghe propaggini in mare.

Una parte di questo strato marginale di ghiaccio si trova immersa, così come è sott’acqua la linea di contatto tra ghiaccio e terra. Qui il suolo si inabissa verso i fondali oceanici, mentre una gigantesca arcata di ghiaccio si proietta verso l’alto per centinaia di metri fino a sbucare, chilometri più avanti, fuori dal pelo dell’acqua. Questo imponente monumento architettonico naturale è anche lo strato più basale del ghiaccio marino antartico.

Sulla linea sottomarina di incontro tra terra e ghiaccio viene esercita anche una forza che agisce da contrafforte per l’arcata di ghiaccio e che aiuta a sorreggerla.

Negli ultimi decenni però, a causa di correnti oceaniche calde e salate, lo scioglimento progressivo di questo strato basale ha innescato un rapido assottigliamento delle piattaforme glaciali. Di conseguenza si è indebolita anche l’azione di contrafforte a sostegno di tali piattaforme.

Dal 1994 al 2012 il tasso di scioglimento è aumentato del 70% e molte di queste linee di incontro tra terra e ghiaccio nel mare di Amundsen si sono ritirate verso l’entroterra. Gli scienziati stanno tentando di capire se questo possa portare un giorno al collasso del ghiaccio in parte galleggiante in parte ancorato al suolo sottomarino.

Il ghiacciaio di Thwaites, nell’Antartide occidentale, è un osservato speciale. Dagli anni ‘90 del secolo scorso la sua linea sottomarina è regredita di 14 km e, in alcune regioni, si ritira a una velocità di 1,2 km all’anno.

Lo scioglimento dei suoi ghiacci contribuisce già per circa il 4% dell’innalzamento annuale del livello dei mari, mentre un suo completo collasso, che avverrebbe nel corso di qualche secolo, li farebbe innalzare di più di mezzo metro, poiché la sua superficie è paragonabile all’intera Gran Bretagna. Un fenomeno così catastrofico contribuirebbe anche alla destabilizzazione di altri ghiacciai antartici (come il Pine Island) e il loro scioglimento nel corso di qualche millennio farebbe inesorabilmente salire le acque globali anche di 3 metri. Per tutte queste ragioni, Thwaites si è guadagnato il soprannome di “ghiacciaio del giorno del giudizio” o “dell’Apocalisse” (Doomsday Glacier).

Nessuno sa se Thwaites abbia già sorpassato il punto oltre il quale lo scioglimento diventa un processo irreversibile. Due gruppi internazionali di ricercatori hanno tentato di studiare le dinamiche di interazione tra mare e ghiaccio, ricorrendo a diverse strategie. I risultati sono stati pubblicati in due articoli apparsi su Nature.

Il gruppo guidato da Peter E. D. Davis, del British Antartic Survey di Cambridge, ha perforato il ghiaccio per più di 500 metri, calando dalla superficie una strumentazione che è sbucata sott’acqua, misurando una serie di parametri quali temperatura, salinità e velocità delle correnti. Dai dati raccolti è emerso che il tasso di scioglimento è più basso di quanto atteso.

Sebbene la temperatura dell’acqua fosse di 2 gradi sopra il punto di congelamento, abbastanza da far perdere tra i 20 e i 40 metri di ghiaccio all’anno, uno strato di circa 2 metri di acqua dolce, rilasciata proprio dallo scioglimento, schermava il ghiacciaio dall’acqua salata e dalle correnti più calde, riducendo il tasso di scioglimento a soli 5 metri all’anno.

Quelle che potevano sembrare buone notizie però sono state controbilanciate dalle osservazioni dell’altro gruppo, guidato da Britney E. Schimdt. La linea di contatto tra suolo e ghiaccio continua infatti a regredire: le cause dello scioglimento andavano quindi ricercate da qualche altra parte.

La ricercatrice della Cornell University di Ithaca, negli Stati Uniti, ha calato nel traforo un robot sviluppato dal suo gruppo e con un controller della Play Station 4 lo ha pilotato facendogli esplorare in immersione la pancia del ghiacciaio.

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Quello che è emerso è che lo strato basale è tutt’altro che uniforme, ma piuttosto modellato da scalini e terrazzamenti, tra i quali sono stati osservati crepacci, alcuni anche di un centinaio di metri di ampiezza. Qui secondo i ricercatori l’acqua salata e più calda fa breccia nello strato di acqua dolce e più fredda, provocando correnti più intense e aumentando potenzialmente i tassi di scioglimento fino a più di 43 metri all’anno.

Il destino del ghiacciaio secondo i ricercatori dipende in gran parte dalla velocità di formazione di questi crepacci, che dal fondo potrebbero risalire sino in superficie, provocando il distacco di interi iceberg, fenomeno tutt’altro che raro in Antartide.

Solitamente ghiacciai come il Thwaites vengono monitorati principalmente tramite immagini satellitari, che però fanno sembrare uniformi le dinamiche di assottigliamento e scioglimento. I dati raccolti dai due gruppi di ricerca invece mostrano che la complessità delle interazioni tra mare e ghiaccio è tale che i modelli attuali non sono sufficientemente adeguati per descriverli. Occorrerà pertanto aggiornarli e i lavori appena pubblicati sono preziosi passi in questa direzione. Modelli migliori consentiranno di predire con maggiore accuratezza le evoluzioni future del Thwaites, che rimane una spada di Damocle sospesa sopra gli insediamenti costieri del mondo di oggi e di quello delle future generazioni.

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