SCIENZA E RICERCA

Sognare a occhi aperti, "toccasana" per il cervello

Cosa accade quando si sogna ad occhi aperti? Quando si lascia andare il pensiero in ambienti estranei al qui e ora, quando viaggiamo con la mente restando svegli ma rilassati, magari in poltrona, e piano piano arriviamo altrove senza mai però abbandonarci al sonno.

L’esperienza di veglia (leggi qui) che fa vagare la mente quando ci troviamo in uno stato favorevole di quiete, ci può portare in altri luoghi rivelandosi davvero preziosa. Pensando a un superpotere, quanti di noi hanno desiderato possedere il dono dell'ubiquità, non tanto per poter svolgere più attività contemporaneamente ma, piuttosto, per evadere per un attimo dalla realtà, vivere altre avventure e storie parallele e tornare infine ispirati?

Dreamers / They never learn - I sognatori non imparano mai canta Thom Yorke dei Radiohead in Daydreaming mentre nel video del singolo continua ad aprire porte ritrovandosi in ambienti sempre nuovi: un ospedale, una lavanderia a gettoni, un bosco, un carcere, una spiaggia, una biblioteca, diverse case private, in cui attraversa cucine e salotti abitati, per raggiungere infine il fuoco in una grotta tra le montagne innevate. È il racconto di una precisa ricerca o quello di un viaggio libero a occhi aperti?

Il pensiero nel dolce far nulla, in uno stato di quiete o attesa, senza dispositivi in mano, senza stimoli esterni, non è tutto tempo perso. Cosa accade, cosa vediamo e come ci sentiamo? Dei benefici creativi che si possono ottenere abbandonandosi a sane (mai eccessive) sessioni di sogni a occhi aperti scriveva già lo psicologo americano Jerome L. Singer nel saggio The inner world of daydreaming del 1975 (non prendiamo qui in considerazione il cosiddetto maladaptive daydreaming, disturbo - ancora poco conosciuto e indagato - per cui pare non si riesca a smettere di fantasticare: in questo caso il sogno ad occhi aperti si mangia tutto il resto, persino la vita reale). 

Nelle prime righe dell’articolo In defense of daydreaming, pubblicato su The New York Times nel 2022, si legge: Letting your mind wander can benefit the brain. Citando una ricerca dedicata proprio all'importanza di "lasciare vagare la mente favorendo certi sogni a occhi aperti che possono darci gioia, serenità e persino renderci più creativi", ci si concentra sul rischio di sottovalutarne il valore. Effettivamente, ridestandomi da miei sogni a occhi aperti, dopo essere cioè 'tornata sulla terra', ho spesso la sensazione di aver nutrito la mia creatività semplicemente vagando altrove per un po', di aver attivato un fruttuoso processo mentale favorito proprio da quella pausa dal mondo reale, abbandonando pc, smartphone e altre attività fisiche e intellettuali. 

Superando la ‘semplice poesia’ del daydreaming, un ulteriore passaggio alza il livello della riflessione grazie una indagine scientifica avviata nel campo delle neuroscienze. Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Harvard (Harvard Medical School), pubblicato recentemente sulla rivista Nature, ha permesso di monitorare l'attività dei neuroni nella corteccia visiva del cervello dei topi mentre questi si trovavano in uno stato di veglia e quiete, aprendo nuovi scenari relativi al ruolo dei sogni a occhi aperti nella plasticità cerebrale, alla capacità del cervello di rimodellarsi in risposta a nuove esperienze. E tutto questo potrebbe riguardare anche noi.

A otto topi sono state mostrate due diverse immagini, a scacchiera con quadrati grigi e macchiati di bianco e nero, per sessantaquattro volte e per un tempo brevissimo, giusto un paio di secondi, concedendo poi, tra una visione e l'altra, una pausa di un minuto in cui lo schermo osservato tornava semplicemente grigio. Come spiegano i ricercatori di Harvard, è stata registrata l'attività di circa settemila neuroni nella corteccia visiva scoprendo che, quando un topo guardava un'immagine, i neuroni si attivavano in uno schema specifico e, procedendo con l'esperimento, l'attività neuronale collegata alla visione della prima immagine è diventata sempre più distinguibile dalla seconda fino a coinvolgere gruppi di neuroni diversi. Ma soprattutto: quando un topo guardava lo schermo grigio, durante la pausa, i neuroni potevano attivarsi con un modello simile, ma non identico, a quello osservato durante la visione dell'immagine: segno che stava fantasticando su quel che aveva visto poco prima. 

I modelli di attività durante i primi sogni a occhi aperti di un topo prevedevano come la risposta del cervello all'immagine sarebbe cambiata nel tempo. La ricerca fornisce risultati preliminari, che avranno bisogno di ulteriori approfondimenti, ma già offre preziosi indizi sulla capacità di plasmare la futura risposta del cervello a ciò che vede, assegnando ai sogni a occhi aperti un ruolo nella plasticità cerebrale.

Con questo studio, ha spiegato l'autore principale, il neurobiologo Nghia Nguyen dell'Istituto Blavatnik della Harvard Medical School, si è cercato di "capire il processo di sogni a occhi aperti a livello neurobiologico, chiedendosi se i momenti di pausa tra le immagini possano rivelarsi importanti per l'apprendimento e la memoria". I ricercatori hanno scoperto che i sogni a occhi aperti della corteccia visiva si verificano contemporaneamente all'attività nell'ippocampo, area associata alla memoria: questo permette di ipotizzare un collegamento tra le due regioni del cervello.

Ora possiamo spegnere il pc, appoggiare lo smartphone sul comodino, concederci una pausa e lasciare andare il pensiero: fantasticare, cioè, per qualche minuto, senza il timore di perdere tempo. 

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