CULTURA

Una storia del cinema per ripopolare le sale

Sta per iniziare la stagione cinematografica 2022-2023, si annunciano nuovi grandi film, parte la stagione dei festival, a Venezia la settantanovesima edizione della Mostra dal 31 agosto al 10 settembre. Eppure, diminuiscono drasticamente gli spettatori in sala, crollano gli incassi, decine di strutture hanno chiuso negli ultimi anni perché non ce la facevano a tirare avanti, per i cinema italiani forse è proprio crisi.  Le principali cause sono note e strutturali: l’orientamento del pubblico più giovane verso le piattaforme dello streaming, l’enorme offerta di canali televisivi per tutte le generazioni, prima il confinamento imposto ciclicamente per mesi dalla pandemia Covid 19 poi i persistenti timori legati alle varianti e ai nuovi contagi nelle tante varianti di questi trenta mesi. 

L’Italia è certo uno dei paesi più in difficoltà, però il fenomeno è globale e non bastano le pur necessarie misure di salvaguardia e di sostegno annunciate dalle pubbliche amministrazioni centrali. L’aspetto più difficile è riportare nei cinema il pubblico più adulto, probabilmente desideroso, ma meno propenso. Sono gli spettatori del film di qualità, autoriale, che dovrebbero progressivamente superare la diffidenza degli effetti prolungati della malattia, confermata anche durante le stagioni primaverile ed estiva, dopo che nei primi quattro mesi del 2022 il pubblico in Italia era diminuito del 64 per cento rispetto alla media del periodo prepandemico 2017-19. Se ne era parlato qui, anche grazie al Dipartimento di Beni culturali dell'Università di Padova:

Una storia del cinema, al cinema, in quattro anni

Può valere la pena allora prendere in considerazione una manifestazione sperimentale pluriennale in corso a Sassari in Sardegna, meglio far circolare le buone idee, cosa potrebbe far nascere (altra) cosa. Dalla fine dello scorso gennaio in una multisala dell’antico pregiato capoluogo del nord-ovest dell’isola (seconda città della regione, oggi oltre 120.000 abitanti) è stato avviato con grande successo locale di critica e di pubblico un progetto destinato a terminare quasi quattro anni dopo: una peculiare rassegna di film che raccontano la storia del cinema e che potrebbe essere in linea di massima replicata in tante altre città e in una sala delle frequenti diffuse multisale italiane. Si chiama L’ombra della luce (titolo di una canzone di Franco Battiato, omaggio al grande musicista).

Si va al cinema necessariamente seguendo un filo esistenziale, non si tratta di un serioso cineforum con dibattito finale o di una manifestazione didattica con lezioni prolisse: insieme a ogni singolo film si partecipa a un racconto collettivo. Le pellicole scelte sono annunciate fin da subito, c’è una logica, c’è un ordine: una narrazione secolare si aggiunge all’emozione contingente delle due ore. Vengono via presentati in ordine assolutamente cronologico alcuni dei film più importanti (e forse già “visti”) della storia del cinema, quelli che spesso hanno inventato nuove forme dello spettacolo cinematografico, quelli che assieme all’intrattenimento godibile hanno fatto progredire la vita (e i sogni) di tutti (noi). Non si tratta certo della “soluzione” (ammesso che esista) per la crisi del cinema in sala, tuttavia offre spunti per un piccolo contributo.

Ovviamente nell’infinito oceano storico e geografico di tutti i film esistenti e nelle innumerevoli maniere possibili di raccontarne l’evoluzione, è stato necessario sceglierne un certo numero e selezionarne il filo. Si è deciso di privilegiare il linguaggio delle immagini, comprendendo generi diversi, paesi diversi, durate diverse, senza preclusioni di nessun tipo, dai Lumière agli Avengers, dalle inquadrature rigorosamente fisse degli inizi agli incredibili effetti speciali di oggi. Non servirebbe spiegare il contenuto dei singoli film, l’attenzione si rivolge alla forma, per seguire gli sviluppi e le contorsioni di quest’arte insieme semplice e complicata.

I film in programmazione 2022-2025 sono in tutto 130, le proiezioni si svolgono nei quattro anni solari; 33 appuntamenti settimanali all’anno con pausa estiva (gennaio-maggio, settembre-dicembre); due proiezioni il lunedì pomeriggio alle 16 e alle 19 per un pubblico tendenzialmente diverso (o, comunque, da far incontrare), con particolare attenzione alle scuole e agli studenti (Licei, Accademia, facoltà universitarie), pur senza intenti pedagogici. Il numero 130 è legato al centotrentesimo anniversario che ricorrerà nel 2025, la proiezione del mitico La Sortie des usines Lumière (“L'uscita dalla fabbrica Lumière”), girato nel marzo 1895 a Lione.

Riabituarsi a guardare una storia

Il pomeriggio dello spettacolo programmato nella rassegna ogni film viene brevemente introdotto con cenni solo sul momento storico della realizzazione e sulle particolarità di linguaggio cinematografico; sono rappresentate cinematografie di quanti più paesi possibile (all’inizio, per forza di cose, principalmente USA ed Europa ma poi Giappone, Cina, Corea, Iran e tanti altri), pur senza poter garantire almeno un film per (attuale) paese; senza eccezioni (e per quanto doloroso) ogni regista è presente con un solo film (non sempre il più bello o il più famoso ma quello più innovativo o particolare), il tutto cercando di privilegiare lo sguardo e le scelte dell’autore: 8 e mezzo del 1963 per Fellini, Effetto notte del 1973 per Truffaut, Omicidio in diretta del 1998 per De Palma! 

Proviamo a “guardare” i film: oramai le immagini di qualsiasi tipo ci circondano e sembra quasi che abbiano tutte lo stesso valore, le riprese fatte col cellulare sono uguali a qualsiasi film storico o contemporaneo. E, infatti, mentre pure esistono numerose scuole di cinema per registi e sceneggiatori, nessuno pare preoccuparsi del fatto che qualcuno poi dovrà vederli i prodotti. Non si tratta di analizzarli, capirli e spiegarli, per quello ci sono i critici di mestiere; si tratta davvero di riabituarsi a guardare e sentire qualcuno che ti racconta una storia. Soprattutto con le immagini. Soprattutto in sala. Il Cinema Moderno di Sassari ospita convintamente il progetto: ha quattro sale; una capienza complessiva di circa 520 posti; una media di 15 spettacoli al giorno; quasi 250 mila spettatori l’anno. 

La rassegna si è aperta lunedì 31 gennaio con Intolerance, film muto del 1916 dell’americano David Wark Griffith ed è proseguita, dopo la guerra di allora e i sette giorni di oggi, con Il gabinetto del dottor Caligari (Das Kabinett des Dr. Caligari) del 1920 del tedesco Robert Wiene, il 14 febbraio con Il carretto fantasma (Körkarlen) del 1921 dello svedese Victor David Sjöström, il 21 febbraio con Nanook (Nanook of the North: A Story of Life and Love in the Actual Arctic) del 1922 dell’americano Robert J. Flaherty, poi Cabiria, Nosferatu, Greed, La corazzata Potemkin e via così; ogni settimana successiva il film dell’anno successivo, rappresentando anche più generi (come è facile verificare, fra i primi vi sono sia horror che documentari); il titolo qualche volta in originale, qualche volta in italiano, qualche volta semplificato. Fin dal primo ciclo la formula ha coinvolto il mondo istituzionale e culturale di Sassari, con significativi patrocini e sponsorizzazioni.

Un'idea replicabile, con un programma di lungo respiro

Molto è opinabile, certamente, ma quel che sorprende è l’idea, fertile, replicabile, flessibile e, almeno per ora, di successo. Ognuno ha la propria storia personale con lo spettacolo cinematografico: dipende dalla generazione e dall’età, dai gusti familiari e personali, dalle abitudini amicali e sociali, dal mercato e dall’offerta contemporanei, dall’evoluzione della disponibilità di tempo e di consumo, dalle alternative storiche e contingenti. Tuttavia, sarebbe carino che si sapesse a priori e molto tempo prima che nella propria città in un determinato giorno si può andare al cinema a colpo sicuro: si vedrà qualcosa di interessante e unico, a prescindere dal parlato e dal colore, dal regista e dal titolo, dall’attore e dall’attrice. Fra gennaio e maggio 2022 sono stati in sostanza film muti in bianco e nero, si è arrivati al 1930. Nel ciclo successivo saranno quasi circa altri venti anni, poi nel 2023, i Cinquanta, Sessanta, Settanta e parte degli Ottanta, nel 2024 e 2025 i restanti, sempre più attuali.

L’elenco completo potrebbe essere sottoposto a innumerevoli osservazioni da un critico o da uno qualsiasi di noi spettatori. Manca questo e manca quello. Di quel regista si poteva scegliere altro. Quel paese non è rappresentato o poteva essere rappresentato diversamente. Forse gli stessi ideatori hanno avuto dubbi e ripensamenti, come sempre. Certo è che il progetto è piaciuto ed è stato molto utile ad accrescere la media degli spettatori a spettacolo in quella multisala. Qualche dato per i primi quindici film proiettati finora: il primo spettacolo ha avuto oltre 150 spettatori medi, ovvero 100 (cento!) abbonati e, in media, ulteriori 56 spettatori, dei quali 22 paganti e 34 “omaggiati” perché studenti o altro; il secondo spettacolo ha avuto quasi duecento spettatori medi, ovvero 194 (!) abbonati e, in media, ulteriori 80 spettatori, dei quali 58 paganti, la grande maggioranza. I due spettacoli in quella sala hanno avuto una media di circa 350 donne e uomini che hanno contribuito all’incasso giornaliero. I maggiori successi sono stati due film tedeschi: Nosferatu del 1922 e Metropolis del 1927, capolavori muti di Friedrich Murnau (Plumpe) e Fritz Lang.

L’idea è venuta all’attore, regista e sceneggiatore Antonio Luigi Antonello Grimaldi (Sassari, 1955), laureato in Giurisprudenza ma presto trasferitosi a Roma per la Scuola di Cinema, di cui probabilmente sono stati visti Il cielo è sempre più blu (1995), Radiofreccia (1998), Asini (1999), Un delitto impossibile (2000), Caos calmo (2008), Restiamo amici (2019), oltre a tanti episodi di una decina di serie televisive a partire da Distretto di polizia (2000-2007). Come spesso accade è stato poi un gruppo a farla germinare, soprattutto Fabio Canessa, critico della Nuova Sardegna, e Renato Quinzio del Nuovo Circolo del Cinema. Per le presentazioni vengono inoltre coinvolti vari insegnanti di cinema sia all’Università che all’Accademia di Belle Arti di Sassari, responsabili di circoli culturali e/o lavoratori dello spettacolo. Dopo la visione, infatti, vengono sottolineate, con interventi brevi e senza domande, le scene più importanti sempre riguardanti il linguaggio e la sua evoluzione, allargando il discorso alle scuole di pensiero (per esempio il montaggio nella scuola sovietica) e all’influenza del film su altri settori culturali. 

Presto a Sassari si ricomincia, per la fine dell’estate e l’autunno 2022. La formula consente integrazioni di manifestazioni ed eventi collaterali. Così, le prime due serate inaugurali a gennaio e febbraio furono “speciali”, con musica dal vivo per ricordare i fratelli Lumière e Marie-Georges-Jean Méliès fino agli anni Trenta (George Gershwin, Irving Berlin, Cole Porter). Una volta che si sa che si potrà certamente guardare un gran film quella determinata sera (il lunedì era anche un classico televisivo, generazioni fa), chi vuole può prepararsi e accompagnarsi, altre istituzioni culturali possono ipotizzare contorni e arricchimenti: si torna volentieri al cinema per inserirsi stabilmente in un percorso collettivo e in un rito di gruppo. Altre multisale in altre città e in altre regioni potrebbero prendere in considerazione lo spunto pluriennale dell’esempio sardo, compilare un proprio elenco di registi e di film, individuare differenti criteri di selezione, calibrare la formula nel proprio contesto.

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