SCIENZA E RICERCA
Tutti sono indispensabili: "l’allattamento” delle larve delle formiche
Foto: Prince Patel/Unsplash
La cura dei piccoli e la condivisione dei compiti sono elementi essenziali della vita familiare. Ciò vale non soltanto per noi umani, ma per ogni specie di animale sociale, i cui individui si organizzano in comunità più o meno ampie e collaborano attivamente per assicurare a sé e agli altri la sopravvivenza e il successo riproduttivo.
Questa tendenza cooperativa è particolarmente marcata in alcuni gruppi animali: sono le specie eusociali, definite dall’Enciclopedia Britannica come «specie che vivono in gruppi familiari multigenerazionali, all’interno dei quali la gran parte degli individui coopera al fine di sostentare una relativa minoranza di individui (o addirittura uno soltanto) che sono membri del gruppo preposto alla riproduzione». La maggior parte delle specie eusociali è composta da insetti: tra le più note si annoverano le api, molte specie di vespe e le formiche.
Nelle affollatissime colonie che si creano in questi casi, gli individui sono tutti strettamente imparentati. Perché la colonia non collassi, ad ogni individuo viene assegnato, fin dai primi istanti di vita, un ruolo ben preciso, che dovrà svolgere per contribuire al benessere dell’insieme. Ad esempio, nel caso delle formiche – la grande passione di Edward O. Wilson, il grande biologo e mirmecologo statunitense scomparso circa un anno fa – le interazioni tra i membri della colonia sono variegate e frequentissime. La suddivisione dei compiti è molto dettagliata, e non è riservata solo agli individui adulti: anche i piccoli, nel corso dei diversi stadi di sviluppo, possono svolgere funzioni importanti per la comunità.
Uno studio condotto da un gruppo di ricerca della Rockefeller University di New York e pubblicato sulla rivista Nature illumina un nuovo aspetto delle relazioni che si instaurano all’interno di una colonia di formiche, esplorando in particolare il ruolo delle pupe. La pupa è la fase intermedia dello sviluppo della formica, nel periodo di transizione dallo stadio larvale all’età adulta. Poiché nello stadio pupale la formica è immobile, imprigionata (a seconda della specie) in un bozzolo di seta o in una sorta di esoscheletro rigido, generalmente si ritiene che, una volta entrato in questa fase, l’individuo sia temporaneamente ‘inutile’ alla comunità.
Ant milk: The liquid secreted by ant pupae appears to be key to colony health pic.twitter.com/Ia3WVN3Iqp
— nature (@Nature) December 16, 2022
Eppure, gli esperimenti condotti dagli studiosi statunitensi sembrano dimostrare esattamente il contrario. Le pupe, infatti, svolgono un compito fondamentale all’interno della colonia: precisamente, producono latte che viene utilizzato per nutrire sia le adulte operaie, sia le larve.
Poco dopo l’inizio dell’impupamento e fino al completamento della metamorfosi, le formiche secernono un liquido che si accumula nello spazio tra il corpo e la cuticola protettiva esterna e che, ad un certo punto, fuoriesce dall’area rettale.
La quantità di liquido secreta dalle formiche nel corso dell’impupamento è stata una sorpresa per i ricercatori: le pupe osservate in colonia, e non in isolamento, non sembravano produrre questo liquido. Per risolvere questa incongruenza, gli studiosi hanno iniettato una sostanza colorante nel liquido delle pupe e le hanno posizionate all’interno di una colonia. Nell’arco delle 24 ore successive, tutte le formiche adulte che si erano prese cura delle pupe presentavano tracce del colorante nel proprio apparato digerente, suggerendo che il nettare prodotto dalle pupe venga consumato dalle operaie. Inoltre, il tasso di sopravvivenza delle pupe curate dalle operaie ha raggiunto il 100%, il che mostra come questo atto di ‘svuotamento’ della cavità tra il corpo e la cuticola esterna delle pupe sia essenziale per la sopravvivenza di queste ultime: infatti, quando il liquido si accumula, le pupe sono più soggette ad infezioni fungine, che possono portare anche alla morte.
In una seconda fase dell’esperimento, i ricercatori hanno voluto testare l’ipotesi che anche le larve potessero nutrirsi del liquido prodotto dalle pupe. La supposizione sembrava supportata dal fatto che, osservando l’intero ciclo riproduttivo della colonia, emerge con evidenza come vi sia una precisa sincronizzazione tra la schiusa delle uova e l’inizio della secrezione dalla parte delle larve ‘maggiori’, già impupate. Ripetendo l’esperimento di tracciamento del liquido grazie ad un colorante, è stato osservato che, nelle 24 ore successive all’accostamento tra pupe e larve, queste ultime presentavano tracce del colorante nell’apparato digerente, proprio come era avvenuto con gli individui adulti.
In effetti, esaminando il comportamento delle operaie di O. biroi che offrono cure parentali alle larve, si nota che esse attaccano letteralmente queste ultime sulle pupe, solitamente ponendo l’apparato boccale delle larve vicino all’area rettale delle pupe, per facilitare la suzione del ‘latte’.
Il ‘latte’ delle pupe è altamente nutriente: un’analisi proteomica e metabolomica del liquido ha evidenziato la presenza di una varietà di micro- e macro-nutrienti, che sono benefici sia per le larve, sia per le adulte. Si tratta di un fenomeno definito trofallassi (dal greco, significa “scambio di nutrimento”), decisamente comune in molte specie eusociali ma mai documentato, prima d’ora, con il diretto coinvolgimento delle pupe.
La scoperta apre molte nuove domande di ricerca: poiché la secrezione di liquido durante la metamorfosi è un fenomeno altamente conservato – offre alle pupe un grande vantaggio evolutivo – rimane da comprendere in che modo esso sia stato cooptato, nel corso dell’evoluzione dell’eusocialità, per il nutrimento di altri individui della colonia. Inoltre, la dimostrazione dell’importanza sociale delle pupe suggerisce come vi sia ancora molto da scoprire della complessa socialità di ‘superorganismi’ come le colonie costruite e strenuamente mantenute dagli insetti eusociali.