SOCIETÀ

Youth4Climate: il grido dei giovani invade le negoziazioni per la crisi climatica

Scusate per il ritardo” si è presentato così il ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani sul palco della prima sessione plenaria della Youth4Climate, l’appuntamento in preparazione della COP26 che riunisce a Milano dal 28 al 30 settembre 400 giovani provenienti da 189 Paesi del mondo per lavorare a una carta negoziale sui cambiamenti climatici.

Lo ha detto il ministro Cingolani, lo ha ribadito poco dopo Patricia Espinosa, segretario esecutivo dell’Unfccc. Avrebbero potuto tranquillamente riferirsi al drammatico ritardo accumulato dai decisori politici nell’affrontare la crisi climatica. Invece la sessione plenaria mattutina è iniziata alle 10 e mezza passate, con più di mezz’ora di ritardo. I test anti-Covid all’ingresso del centro Milano Congressi sono stati meno rapidi del previsto, l’attesa per il risultato doveva essere di 20 minuti, alcuni hanno atteso anche un’ora. L’arrivo di Greta Thunberg ha poi mandato all’aria ogni protocollo di distanziamento e sicurezza. I giornalisti si sono scagliati e assembrati attorno a lei, proprio davanti alle postazioni di prelievo dei tamponi, chi per una foto chi per una fugace dichiarazione.

Superato l’impasse iniziale i lavori hanno finalmente preso il via. Le attese del resto, questa volta intese come aspettative, sono alte. “Ci aspettiamo da voi nuove soluzioni innovative, questo è quello che ci aspettiamo da voi ragazzi” ha detto Cingolani, secondo cui la Youth4Climate serve a “dare in mano ai giovani un esperimento di governo del futuro”. In tre giorni si dovrà arrivare a una dichiarazione finale che verrà posta all’attenzione dei leader mondiali alla COP26 di Glasgow, nel Regno Unito, a inizio novembre. “È quello che succede nelle negoziazioni formali tra governi” ha spiegato Patricia Espinosa. Il 30 settembre, all’apertura della PreCop, anch’essa organizzata dall’Italia, verrà presentato il frutto del lavoro dei tre giorni.

I 400 giovani attivisti della Youth4Climate, selezionati tra 8700 domande pervenute, si divideranno in gruppi di lavoro incentrati su 4 linee tematiche: Youth Driving Ambition (Ambizione climatica); Sustainable Recovery (Ripresa sostenibile); Non-State Actors’ Engagement (Coinvolgimento dei soggetti non statali); A Climate Conscious Society (Una società più consapevole delle sfide climatiche). A cui si intrecceranno altri 3 sotto-temi: riconoscimento del ruolo svolto dalle comunità locali e dalle popolazioni indigene; educazione ambientale (con riferimento anche al lavoro svolto dall’Action for Climate Empowerment dell’Unfccc, in riferimento all’articolo 12 dell'Accordo di Parigi); sensibilizzazione pubblica e comunicazione scientifica.

“Invece del declino delle emissioni stiamo assistendo a un aumento di emissioni, e non possiamo continuare in questa direzione, altrimenti gli eventi climatici estremi saranno peggiori e più frequenti” ha dichiarato Patricia Espinosa. “Dobbiamo riportare Paesi, aziende e comunità sulla strada giusta. Voi potete fare questo, usando le vostre competenze, il vostro impegno e le abilità comunicative. Dovete guidare quest’ambizione climatica, per rendere davvero di successo la COP26. Queste discussioni, queste soluzioni, sono davvero importanti. Questa è la vostra opportunità per fare la differenza, non solo con proposte ma anche con soluzioni. Non vediamo l’ora di ascoltare le vostre idee, i vostri risultati e continuare a lavorare con voi”.

Il tema del clima però non è l’unico sul tavolo della Youth4Climate. Ad esso è indissolubilmente legato quello della lotta alle disuguaglianze. “La transizione ecologica non è uguale per tutti, dipende da dove vivi nel mondo” ha ricordato Roberto Cingolani. “Un Paese molto vulnerabile vive diversamente la transizione ecologica rispetto a un Paese del G7, le sue priorità sono diverse”.

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Intervento di Vanessa Nakate a Youth4Climate

Lo stesso concetto è stato riaffermato con straordinaria forza nel toccante intervento di Vanessa Nakate, ventiquattrenne dell’Uganda, un Paese che sta vivendo sulla propria pelle una delle più drammatiche accelerazioni del cambiamento climatico. “L’Africa è il continente che ha contribuito di meno alle emissioni di CO2, a eccezione dell’Antartide. Storicamente l’Africa è responsabile solo del 3% delle emissioni globali accumulate finora” ricorda Vanessa Nakate, “eppure gli africani stanno subendo uno degli impatti più brutali dei cambiamenti climatici: siccità, ma anche uragani e alluvioni devastanti, che si lasciano dietro una scia di dolore, fame e morte. Milioni di persone in Africa subsahariana soffrono la scarsità di acqua e cibo. Il Madagascar sta vivendo una terribile carestia. Chi pagherà per il Madagascar? Ma anche fuori dall’Africa diverse isole dei Caraibi e del Pacifico sono già inabitabili. 6 milioni di persone in Bangladesh sono già senza casa ed entro 2050 il 75% della costa sparirà sott’acqua, generando 40 milioni di rifugiati climatici. Più di 38.000 specie sono nella lista rossa del rischio estinzione. Chi pagherà per le isole perdute dei Cariabi e del Pacifico? Chi pagherà per le comunità che lasceranno la costa del Bangladesh? Chi pagherà per le migliaia di specie che finiranno nell’oblio? Per quanto ancora i bambini dovranno essere dati via in matrimonio perché le loro famiglie hanno perso tutto a causa della crisi climatica? Per quanto ancora li dobbiamo vedere morire per la siccità o cercare una boccata d’aria mentre annegano nelle alluvioni? I nostri leader sono smarriti e il pianeta è danneggiato. A volte li sentiamo parlare di adattamento perché la mitigazione non sarebbe più sufficiente. Ci era stato promesso che entro il 2020 sarebbero dovuti arrivare 100 miliardi di dollari per aiutare i Paesi vulnerabili al cambiamento climatico. Stiamo ancora aspettando. Ma c’è una cosa di cui non sento mai parlare i leader mondiali: la perdita e il danno. Non ti puoi adattare alla perdita di intere culture, alla perdita di tradizioni, alla perdita di storie, non ci si adatta a morire di fame e all’estinzione. Perché è così semplice per i leader aprire nuove miniere di carbone, costruire condutture del gas e frantumare le rocce con il fracking, pratiche che distruggono il pianeta e il futuro dei loro figli, e non riescono a capire che la perdita e il danno sono qui con noi adesso? È tempo, è tempo di prendersi cura di chi è più vulnerabile all’impatto climatico e metterli al centro delle negoziazioni. E c’è bisogno di finanziamenti, servono sostegni, non prestiti che aumenterebbero solo il debito mettendolo sopra al debito già esistente. È il momento di mantenere le promesse, basta promesse vuote, basta conferenze vuote”.

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Intervento di Greta Thunberg a Youth4Climate

Durante la prima sessione plenaria mattutina sono intervenuti anche il sindaco di Milano Beppe Sala e in collegamento il presidente designato della COP26 di Glasgow Alok Sharma. A chiudere è stata l’attivista svedese Greta Thunberg, derisoria nei confronti dei leader mondiali e sprezzante di ogni cautela nel denunciare la loro inattività nei confronti della crisi climatica.

“Il cambiamento climatico non è solo una minaccia, è soprattutto un’opportunità, per creare un pianeta più in salute, più verde, da cui tutti possiamo trarre beneficio. Dobbiamo assicurarci questa opportunità. Può essere una vittoria per tutti. Possiamo conciliare la conservazione ecologica e uno sviluppo di alta qualità. Si può combattere il cambiamento climatico con innovazione, cooperazione e forza di volontà per ottenere i cambiamenti che servono al mondo. Se lo facciamo insieme possiamo farlo. Dobbiamo razzolare e predicare bene. Quando dico cambiamento climatico a cosa pensate? A lavori green. Dobbiamo fare una transizione senza traumi verso un’economia decarbonizzata. Non c’è un pianeta B, non c’è un pianeta Bla. Bla Bla Bla. Bla Bla Bla".

Greta cambia tono. "Qui non si tratta di una qualche dispendiosa e politicamente corretta operazione di green washing. Economia verde! Bla Bla Bla. Emissioni zero al 2050, Bla Bla Bla. Neutralità climatica, Bla Bla Bla. Questo è quello che sentiamo dai nostri cosiddetti leader. Parole che suonano grandiose, ma che fino ad oggi non hanno portato a nessuna azione. I nostri sogni e speranze annegano nelle loro parole vuote. Certamente abbiamo bisogno di un dialogo costruttivo, ma hanno avuto 30 anni di Bla Bla Bla. Più del 50% delle emissioni di anidride carbonica sono avvenute dopo il 1990 e un terzo dal 2005".

Greta ne ha per tutti, per i politici e per i media. "I media riportano quello che i leader dicono che faranno e non quello che fanno davvero, senza responsabilizzarli. Capiamoci bene, io penso ce la possiamo ancora fare. Il cambiamento non è solo possibile ma anche urgente e necessario. Dicono che vogliono soluzioni, ma non puoi risolvere una crisi che non la capisci fino in fondo”.

Anche Greta Thunberg pone l’accento su quanto la crisi climatica sia solo un sintomo di una crisi molto più profonda che va affrontata alla radice: “una crisi di sostenibilità, una crisi sociale, una crisi di disuguaglianza, che risale al colonialismo, basata sull’idea che alcune persone valgano più di altre e che hanno il diritto di sfruttare e rubare la terra e le risorse di altre persone”.

Greta ricorda anche quanto stiamo ancora aumentando la velocità nella direzione sbagliata: “Il 2021 sarà l’anno con il secondo più alto aumento di emissioni di sempre e secondo l’Onu le emissioni aumenteranno del 16% nel 2030 rispetto al 2010. I leader mondiali non possono dire che ci stanno provando perché chiaramente non lo stanno facendo, in quanto continuano ad aprire nuove miniere di carbone, pozzi di petrolio e impianti di gas, facendo finta di avere ambizioni climatiche e si congratulano l’un l’altro senza vergogna e senza riuscire a risolvere questi problemi soprattutto nei Paesi più vulnerabili. Se per loro questa è climate action allora non vogliamo la loro azione climatica. Fanno finta di ascoltarci, ma non ci ascoltano. Guardate ai numeri, guardate alle statistiche: le emissioni continuano ad aumentare, la scienza non mente. Ma possiamo invertire questa tendenza: dobbiamo ottenere drastiche riduzioni annuali come non è mai stato fatto al mondo. Dovremo cambiare. Non possiamo più lasciare che le persone al potere decidano cosa è possibile e cosa no. Non possiamo più lasciare che le persone al potere decidano cosa è la speranza. La speranza non è un Bla Bla Bla. La speranza è dire la verità, agire. E viene sempre dalle persone. E Noi persone (We the people) vogliamo un futuro sicuro. Vogliamo azione climatica e giustizia climatica. Mi avete sentito: cosa vogliamo noi? Giustizia climatica! Quando la vogliamo? Ora! Cosa vogliamo noi? Giustizia climatica! Quando la vogliamo? Ora! Sono assolutamente convinta che noi possiamo farcela e dobbiamo iniziare subito. Di nuovo: cosa vogliamo noi? Giustizia climatica! Quando la vogliamo? Ora! Cosa vogliamo noi? Giustizia climatica! Quando la vogliamo? Ora!

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