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Iraq: l'uccisione del generale Soleimani rischia di far esplodere la situazione mediorientale

L’ordine di uccidere è arrivato direttamente dal presidente americano Donald Trump, che non si è neanche premurato di avvisare il congresso degli Stati Uniti dell’attacco al convoglio di auto appena ripartito dall’aeroporto internazionale di Baghdad. A bordo di quelle due auto colpite dall’aviazione americana (mancano conferme, ma si tratterebbe di missili lanciati da un drone) c’era anche Qassem Soleimani, uno dei più influenti generali iraniani, capo dei Pasdaran (i guardiani della rivoluzione khomeinista) e delle milizie estere (Al Quds), vicinissimo all’ayatollah Alì Khamenei e da molti indicato come potenziale futuro leader del paese. Una figura di primissimo livello per ruolo e potere decisionale, ritenuto al centro (a volte come ideatore, altre come esecutore) dei principali conflitti in medioriente degli ultimi anni. E’ ritenuto la mente delle operazioni iraniane in Iraq e Siria, dove si schierò a sostegno del dittatore Bashar al-Assad.

Qassem Soleimani era da molti indicato come potenziale futuro leader del paese

L’attentato (a due giorni dall’assalto all’ambasciata Usa in Iraq) è stato di fatto rivendicato dal Pentagono, che ha diffuso un comunicato nel quale si parla di “azione difensiva decisiva per proteggere il personale americano all’estero”.

«Il generale Soleimani - è scritto nel comunicato - stava attivamente sviluppando piani per attaccare diplomatici e membri del servizio americani in Iraq e in tutta la regione. Il generale Soleimani e la sua forza Quds sono stati responsabili della morte di centinaia di membri dei servizi americani e della coalizione e del ferimento di altre migliaia. Il generale Soleimani ha anche approvato gli attacchi all'ambasciata americana a Baghdad che hanno avuto luogo questa settimana».

Il presidente Trump, pochi istanti prima dell’annuncio, ha twittato in bianco l’immagine di una bandiera americana. Nel raid sono rimasti uccisi anche Abu Mahdi al-Muhandis, numero due delle Forze di Mobilitazione Popolare, un esponente di spicco di Hezbollah in Libano, Muhammad al-Kawtharani, e il responsabile delle relazioni pubbliche delle forze pro-Iran, Mohammed Ridha.

L’uccisione del generale Soleimani ha scatenato reazioni in tutto il mondo. Rabbiose quelle iraniane: «Il lavoro e il cammino del generale iraniano non si fermeranno e una dura vendetta attende i criminali, le cui mani nefaste sono insanguinate con il sangue di Soleimani», ha dichiarato Alì Khamenei, che ha subito dichiarato tre giorni di lutto in Iran, per poi nominare Esmail Qaani, come suo successore. Mentre il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif ha parlato di “atto di terrorismo internazionale degli Stati Uniti”: «L’assassinio del generale Soleimani è estremamente pericoloso, una folle escalation: gli Stati Uniti si assumeranno la responsabilità di questo avventurismo disonesto». Reza Naghdi, uno dei generali dei Pasdaran: «La Casa Bianca deve lasciare la regione oggi o deve andare al mercato a ordinare bare per i loro soldati». Un anno e mezzo fa proprio Soleimani si rivolgeva così al presidente americano: «Mr Trump, ti avverto: siamo vicini a te in luoghi dove tu non puoi immaginare… Tu inizierai la guerra, ma saremo noi a finirla». L'attacco ha avuto conseguenze immediate sul prezzo del petrolio, in forte rialzo. Mentre a Teheran migliaia di persone sono scese in piazza per una manifestazione di protesta contro i crimini degli Usa.

Stato di allerta massimo in Israele, dove il ministro della Difesa Naftali Bennett ha convocato il capo di Stato maggiore, generale Aviv Kochavi, per valutare le possibili ripercussioni nei confronti di Israele. Il premier Benyamin Netanyahu potrebbe interrompere la visita in Grecia e rientrare subito in Israele. Da Teheran è arrivato il commento del presidente Hassan Rohani: «Gli iraniani e le altre nazioni libere del mondo si vendicheranno senza dubbio contro gli Usa criminali». Da Mosca arriva la convinzione che quanto accaduto farà crescere le tensioni in tutto il Medio Oriente. Il ministero degli Esteri russo ha diramato una nota nella quale si afferma: «L'uccisione di Soleimani è stato un passo avventuristico che accrescerà le tensioni in tutta la regione». Mentre Pechino invita tutti, ma soprattutto gli Stati Uniti, alla moderazione: «La Cina si è sempre opposta all'uso della forza nelle relazioni internazionali», ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, Geng Shuang.

Ordine di evacuazione per gli americani in Iraq

La tensione resta altissima. L'ambasciata degli Stati Uniti a Baghdad ha chiesto ai cittadini americani di «lasciare l’Iraq immediatamente». Perché su un dato, pur nella concitazione degli eventi, gli analisti già concordano: una reazione ci sarà. Chissà dove, chissà quando (probabilmente presto), ma ci sarà. La mossa di Trump è pericolosissima.

Il New York Times parla di “atto di guerra”. Un’opzione, quella dell’eliminazione del generale Soleimani, che in passato era stata già scartata dai presidenti Bush jr e Obama, proprio perché ritenuta troppo rischiosa e perché avrebbe potuto innescare una guerra tra Stati Uniti e Iran. Questa la dichiarazione di Joe Biden, candidato sfidante alla Casa Bianca: «Donald Trump ha gettato dinamite in una polveriera. Soleimani meritava di essere consegnato alla giustizia per i suoi crimini contro le truppe americane, ma il raid rischia di generare una pericolosa escalation. Trump deve al popolo americano una spiegazione sulla sua strategia». «Il raid americano a Bagdad è stato un atto provocatorio e sproporzionato che rischia di provocare una pericolosa ulteriore escalation di violenza», ha commentato Nancy Pelosi, presidente della Camera dei Rappresentanti.

L’attacco ordinato da Donald Trump potrebbe essere una mossa irreversibile, l’apertura di un capitolo “orribile”, come lo definisce The Guardian, nel sempre più instabile scenario mediorientale.

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