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Elezioni Gran Bretagna: il trionfo dei conservatori e di Boris Johnson. Ora la Brexit

E Brexit sarà. Gli elettori del Regno Unito hanno finalmente deciso che fine farà il loro paese dopo oltre tre anni d’impasse. Hanno premiato senza più alcun dubbio i Conservatori di Boris Johnson e a lui hanno affidato le chiavi per uscire dall’Unione Europea, dopo quasi mezzo secolo di appartenenza (l’adesione porta la data dell’1 gennaio 1973). Al grido di “get Brexit done”, i Tories hanno incassato una vittoria senza ombre e conquistato la maggioranza assoluta in Parlamento: 364 seggi (ne sarebbero bastati 326). Un voto definitivo. Johnson ha ora tutte le carte in regola per ottenere dal Parlamento britannico il via libera definitivo all’accordo, già concordato due mesi fa con Bruxelles, che porrà fine alla permanenza della Gran Bretagna nell’UE. La data fissata è quella del 31 gennaio 2020. E stavolta non si tornerà indietro.

i Tories hanno incassato una vittoria senza ombre e conquistato la maggioranza assoluta in Parlamento

Le dichiarazioni di Boris Johnson

«Voglio ringraziare il popolo inglese per aver votato a queste elezioni che non volevamo, ma che sono state storiche», ha dichiarato Johnson poco dopo la diffusione dei primi exit poll. «Abbiamo ricevuto un nuovo e potente mandato per portare a termine la Brexit, ma non soltanto per portare a termine la Brexit: per unire questo Paese, cambiarlo in meglio e per focalizzarci sulle priorità del popolo britannico». Il premier gongola e si gode un successo addirittura oltre le aspettative. «Abbiamo provocato un terremoto e cambiato la mappa politica del Paese, ora dovremo cambiare anche il partito per essere all'altezza», ha commentato Johnson con il suo staff quando i risultati sono diventati certi. Festeggia anche Theresa May, ex primo ministro, che per 3 volte s’era vista bocciare dal Parlamento il suo piano d’uscita dall’Ue e che alla fine era stata costretta a lasciare Downing Street. «Il Paese può finalmente superare questo scoglio e portare a termine la Brexit, anche se molto del lavoro era stato già fatto». Una sorta di rivincita per la ex premier, che comunque è stata eletta nel suo collegio di Maidenhead, nel Berkshire.

Le congratulazioni di Donald Trump

Il presidente americano Donald Trump è stato tra i primi a festeggiare la vittoria di Johnson. «Congratulations to Boris Johnson on his great WIN!», ha twittato Trump, per poi aggiungere: «La Gran Bretagna e gli Stati Uniti saranno ora liberi di concludere un nuovo grande accordo commerciale dopo la Brexit. Questo accordo ha il potenziale per essere molto più grande e redditizio di qualsiasi accordo che potrebbe essere fatto con l'Ue».

Un voto di testa più che di pancia per le “elezioni più importanti dal dopoguerra”

Un voto di testa più che di pancia per le “elezioni più importanti dal dopoguerra”, come erano state definite dai giornali britannici, e in realtà da gran parte dei leader. Un voto che ha visto crescere l’affluenza dei più giovani alle urne (si stima circa 2 milioni di voti in più rispetto alle ultime consultazioni, nel 2017). Un trionfo per Johnson, il leader arruffone, borioso, non eccessivamente simpatico, il Trump d’Inghilterra com’è stato più volte definito.

Trionfo Johnson, disfatta Corbin

Criticabile quanto si vuole, ma che di certo ha un merito: riesce a farsi ascoltare dagli elettori. Riesce a colmare la distanza con la “gente comune”. Il voto di ieri è la diretta conseguenza di questo merito. Di segno opposto l’umore in casa laburista: una disfatta senza appello per Jeremy Corbyn, che non è stato in grado di raccogliere e dare voce a tutte le perplessità (ed erano tante) che i cittadini inglesi avevano nel passaggio della Brexit. Corbin ha scelto, con ostinazione, di percorrere una strada più rigorosa, un profilo più sottile, pieno di distinguo, tanto da apparire a volte ambiguo. Non è comunque riuscito ad approfittare dei dissidi interni che hanno lacerato i Conservatori. Non è riuscito a farsi ascoltare, a farsi capire con chiarezza. E gli elettori l’hanno messo alla porta. Corbyn si è dichiarato «molto deluso», ma non ha annunciato dimissioni, come invece fece Ed Milliband dopo la sconfitta (meno grave) del 2015. Ha dichiarato soltanto che «non guiderà il Partito Laburista in future elezioni». Ambiguo, nel suo stile.

Il conteggio finale dei voti recita 364 seggi per i Conservatori (ne guadagnano 46 rispetto alle elezioni del 2017), 203 per i Laburisti (che ne avevano 263: un risultato catastrofico). In termini assoluti, i Conservatori hanno ottenuto quasi 14 milioni di voti, mentre i Laburisti poco più di 10. Buono il risultato dei Verdi, che aumentano i propri voti del 60% (circa 860mila preferenze).

Ora Boris Johnson presenterà in Parlamento, prima di Natale, il piano d’uscita dalla Ue. Il via libero definitivo arriverà a gennaio. Il 31 l’uscita formale dall’Unione, che sancirà il divorzio definitivo (Londra pagherà circa 40 miliardi di euro di “buonuscita”, a copertura degli impegni già assunti). Da febbraio partiranno invece i negoziati che dovranno definire i rapporti futuri tra Gran Bretagna e Unione Europea.

Ora Boris Johnson presenterà in Parlamento, prima di Natale, il piano d’uscita dalla Ue

Il voto di ieri, e la conseguente accelerata sulla Brexit, avranno conseguenze concrete e immediate per i turisti e per i cittadini europei (gli italiani sono 700mila) che lavorano in Gran Bretagna (che dovranno però registrarsi al Ministero dell’Interno britannico, sulla base del “Settlement scheme”). Con la Brexit finirà il regime di libera circolazione con il resto d’Europa. Dunque frontiere, e passaporti, e visti elettronici, sul modello americano. La politica sull’immigrazione avvantaggerà i lavoratori qualificati. Per semplificare: se hai una professionalità bene, se vieni in cerca di fortuna resti fuori. E tra i lavoratori “non qualificati” rientrano ad esempio baristi e camerieri (molti sono italiani). Quindi si partirà soltanto con un contratto in tasca e con una durata limite (si parte da una base di un anno, si parla di 5 anni per i docenti) senza maturare diritto alla residenza.

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