SOCIETÀ

2023, l’anno degli eventi estremi

Credevamo che gli effetti del cambiamento climatico si sarebbero materializzati in un lontano futuro, e invece sono già oggi la cornice ineliminabile del nostro presente. Da questo punto di vista, sembra che il 2023 sia sulla buona strada per porsi in cima a molte classifiche. Se continuiamo di questo passo, ricorderemo l’anno in corso come un nuovo annus horribilis per quanto riguarda la progressione della crisi climatica.

Dall’inizio dell’anno ad oggi, infatti, sono stati superati numerosi record. I primi giorni di luglio 2023, ad esempio, sono stati i più caldi mai registrati: la temperatura media globale ha raggiunto il valore più alto dall’inizio delle serie storiche, superando per la prima volta i 17°C (17,23°C il 6 luglio 2023). Luglio 2023, nello specifico, è stato riconosciuto come il mese più caldo di sempre, con una temperatura media globale superiore di 1,54°C rispetto alla media dell’epoca preindustriale.

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Ascolta l'intervista ad Annalisa Cherchi

Le acque del Mediterraneo, nel corso di questa estate rovente, hanno raggiunto l’incredibile temperatura superficiale di 30°C, oltre 5°C sopra la media per il mese di luglio, con gravi conseguenze per la funzionalità degli ecosistemi marini. Nel frattempo il Sud America, dove ora è inverno, è colpito da un’ondata di calore anch’essa pressoché senza precedenti.

Inoltre, limitandoci a quanto accaduto in Italia, il 2023 ha visto un susseguirsi di anomalie come nubifragi (notevoli quelli che si sono abbattuti su Milano e sulla Lombardia nel corso dell’estate), alluvioni (tra tutte, quella dell’Emilia-Romagna, per cui, tuttavia, non è stato provato con certezza un legame diretto con il cambiamento climatico antropogenico), ondate di calore (come quelle che hanno colpito in successione, tra luglio e agosto, soprattutto le aree centrali e meridionali del Paese).

Abbiamo parlato di estremi: in effetti, si tratta di eventi che esulano dalla ‘normale’ variabilità climatica, cioè dal range di variazione meteorologica che ci si aspetterebbe in una condizione in cui il clima terrestre non fosse alterato dalla prolungata emissione di gas serra causata dalle attività umane. Tuttavia, la più aggiornata scienza del clima propone una prospettiva diversa: questi fenomeni, che ancora consideriamo straordinari, si stanno rapidamente affermando come la nuova normalità. Come evidenziato anche nell’ultimo rapporto di sintesi dell’IPCC, pubblicato a marzo 2023, una persona nata nel 2020, che avrà dunque settant’anni nel 2090, avrà molte più probabilità di vivere simili eventi estremi rispetto ai suoi nonni, nati negli anni ’50 e ’60 del secolo precedente.

Ripercorrere tutti gli eventi meteorologici estremi che si sono susseguiti nel mondo nel corso di quest’anno sarebbe lungo, e va oltre lo scopo di questo articolo (lo ha fatto, in una rassegna per immagini, la BBC). Ma un’estate come quella che volge al termine, segnata dalle conseguenze estreme di un clima in rapido cambiamento, potrebbe avere una funzione: ricordarci che la crisi climatica è una questione globale, un disastro al quale tutti siamo esposti, di fronte a cui tutti siamo vulnerabili.

Molte sono state, nel dibattito pubblico italiano, le polemiche legate alla (in)certezza nel dimostrare la dipendenza di questi fenomeni meteorologici dal cambiamento climatico. Alcune delle argomentazioni più diffuse tra gli scettici sottolineano che le ondate di calore e le alluvioni ci sono sempre state – con tanto di titoli di giornali vecchi di decenni che attestano la ‘normalità’ di questi eventi. Quel che a volte sfugge, nel dipanarsi di queste polemiche, è che il punto della questione non è il se, ma il quando. In altri termini, il cambiamento climatico non altera l’eventualità che questi eventi si verifichino, ma modifica la loro frequenza e la loro intensità, che aumentano considerevolmente. In un vademecum per i giornalisti curato dal World Weather Attribution si specifica che «il cambiamento climatico non può causare un evento (nel senso binario del concetto di ‘causazione’), perché tutti gli eventi meteorologici sono causati da diversi fattori, tra cui, per via della natura caotica del tempo meteorologico, va incluso anche un elemento di casualità. Ma il cambiamento climatico può influire su quanto sia probabile che un evento si verifichi e sulla sua intensità. E può dunque influire sull’impatto che uno specifico evento meteorologico avrà sulle persone, sulle proprietà, e sulla natura».

Come spiega Annalisa Cherchi, ricercatrice all'Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima (ISAC) del CNR di Bologna, meteo e clima sono diversi, e necessariamente è diverso l’approccio con il quale si studiano questi sistemi.

«Le previsioni meteorologiche coprono un orizzonte spaziale e temporale limitato», spiega la ricercatrice. «Vi è una distanza temporale oltre la quale la validità delle previsioni diminuisce, perché l’atmosfera è un sistema caotico. Ad ogni modo, gli strumenti che si utilizzano per realizzare le previsioni meteorologiche sono molto simili a quelli usati per costruire le proiezioni climatiche. Infatti, la base è costituita, in entrambi i casi, da modelli di circolazione generale, cioè sistemi di equazione che rappresentano le leggi che regolano i cambiamenti nell’atmosfera, o, nel caso del clima, tutte le componenti del sistema climatico (l’atmosfera, gli oceani, la superficie continentale, i ghiacci marini e i ghiacci continentali). Quello che cambia è il modo in cui questi strumenti sono utilizzati ed il tipo di informazioni che ne possiamo ricavare.

Gli scenari climatici sono gli andamenti temporali delle emissioni di determinati forzanti atmosferici (ad esempio, CO2 o metano) in diversi futuri possibili, che si ipotizzano in base alle diverse possibili traiettorie di sviluppo di economia e società. Queste emissioni sono in grado di modificare le proprietà radiative, e non solo, dell’atmosfera, e possono quindi modificare la temperatura ed il clima in generale. Gli scenari vengono poi dati in pasto ai modelli climatici, e le proiezioni che si ottengono rappresentano le caratteristiche climatiche che si avrebbero nei diversi scenari ipotizzati».

Proprio per via della complessità dei sistemi studiati, e per via della molteplicità di fattori che concorrono a causare un evento meteorologico, risulta difficile, a volte, stabilire con certezza un nesso di causalità diretta tra la tendenza all’aumento della temperatura media globale causata dalle attività antropiche – confermato oltre ogni ragionevole dubbio – e i singoli eventi estremi. Il World Weather Attribution (WWA) è un progetto internazionale che approfondisce lo studio di alcuni di questi eventi (tra cui alluvioni, siccità, incendi, ondate di calore) e tenta di confermarne l’attribuzione.

«Le tecniche di attribuzione si basano su due principi fondamentali», approfondisce Annalisa Cherchi. «Da una parte, la caratterizzazione dell'evento estremo in sé, cioè l’individuazione delle sue caratteristiche specifiche; dall’altra, la verifica della probabilità che lo stesso evento si verifichi in condizioni climatiche diverse da quelle osservate nella realtà. A questo scopo ci vengono in aiuto proprio i modelli climatici, sulla base dei quali si possono fare delle valutazioni statistiche su quanto spesso un determinato tipo di evento si ripete in esperimenti con caratteristiche e scenari climatici diversi».

Sulla base di questi studi, il WWA ha recentemente stabilito che le ondate di calore che hanno colpito il Nord America, l’Europa e la Cina a luglio 2023 sarebbero state “estremamente rare” in assenza di cambiamento climatico antropogenico. In particolare, «in Cina un evento simile avrebbe potuto verificarsi una volta ogni 250 anni; in Europa meridionale e nelle regioni di Stati Uniti e Messico, ondate di calore come quelle verificatesi sarebbero state virtualmente impossibili se gli umani non avessero scaldato il pianeta bruciando combustibili fossili». Nella realtà attuale, invece, queste ondate di calore non possono più essere considerate eventi rari: «Ci si aspetta eventi simili circa ogni 15 anni nell’America centro-settentrionale, ogni 10 anni nell’Europa del Sud, ogni 5 anni in Cina».

Non per tutti i tipi di eventi meteorologici estremi, tuttavia, è facile condurre studi di attribuzione. Come spiega ancora la ricercatrice, la difficoltà sta nella complessità dell’evento stesso: «Nel caso dell’alluvione in Emilia-Romagna, ad esempio, lo studio ha concluso che l’attribuzione non è certa. Questo però non significa che sicuramente quell’evento non è dipeso dal cambiamento climatico in corso; piuttosto, vuol dire che la caratterizzazione di quell'evento e gli esperimenti che sono stati fatti non hanno permesso di dare una risposta definitiva, cioè di affermare con certezza che quell’evento non si sarebbe verificato se non ci fosse stato il cambiamento climatico».

«Questo tipo di risposta, tuttavia, non significa che non possiamo aspettarci che si verifichi un maggior numero di eventi di questo tipo», conclude la ricercatrice. «Infatti, indipendentemente dall'attribuzione di quell’evento particolare, in base alla comprensione che abbiamo dei modelli numerici e dei fenomeni fisici sul clima, sappiamo che la probabilità che ci siano eventi precipitativi intensi è maggiore in condizioni di riscaldamento globale. Questo non implica che tutti gli eventi precipitativi intensi del recente passato e del prossimo futuro non avrebbero potuto verificarsi senza il cambiamento climatico in corso; piuttosto, il messaggio da tenere a mente è che la probabilità che questo tipo di eventi sia più frequente nel prossimo futuro è maggiore, ed è tanto maggiore quanto più continuiamo a produrre emissioni che contribuiscono in modo significativo al riscaldamento globale».

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