Più di 11mila scienziati da 153 diversi paesi del mondo che firmano un appello su ciò che sta accadendo al nostro clima. Pubblichiamo di seguito l'intero appello uscito su Bioscience e tradotto da climalteranti.it.
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Gli scienziati hanno l’obbligo morale di avvertire chiaramente l’umanità di ogni minaccia catastrofica e di dire le cose come stanno. Sulla base di questo obbligo e degli indicatori grafici presentati di seguito, insieme a oltre 11.000 scienziati firmatari da tutto il mondo, dichiariamo in modo chiaro e inequivocabile che il pianeta Terra sta affrontando un’emergenza climatica.
Esattamente 40 anni fa, scienziati di cinquanta nazioni si incontrarono alla Prima Conferenza mondiale sul clima (nel 1979 a Ginevra) e concordarono che, nei cambiamenti climatici, tendenze allarmanti richiedevano di agire d’urgenza. Da allora, allarmi simili sono stati lanciati con il Vertice di Rio nel 1992, il Protocollo di Kyoto nel 1997 e l’Accordo di Parigi nel 2015, così come messaggi da decine di altri incontri mondiali e da parte di svariati scienziati hanno avvertito che i progressi erano insufficienti (Ripple et al. 2017). Tuttavia, le emissioni di gas serra (GHG) continuano ad aumentare rapidamente, con effetti sempre più dannosi per il clima terrestre. Serve incrementare immensamente gli sforzi per conservare la nostra biosfera, per evitare che la crisi climatica provochi sofferenze indicibili (IPCC 2018).
Gran parte del dibattito pubblico sul cambiamento climatico si basa soltanto sulla media della temperatura alla superficie del globo, una misura insufficiente per cogliere la portata delle attività umane e i reali pericoli derivanti da un pianeta in riscaldamento (Briggs et al. 2015). Ora politici e cittadini hanno urgente bisogno di una serie di indicatori che comunichino gli effetti delle attività umane sulle emissioni di gas serra e i loro impatti sul clima, sul nostro ambiente e sulla società. Partendo da lavori preesistenti (cfr. materiale supplementare S2 da climalteranti.it), presentiamo in successione i “segni vitali” del cambiamento climatico negli ultimi 40 anni, valutati per le attività umane che possono influenzare le emissioni di gas serra e modificare il clima (figura 1) e per gli impatti climatici già avvenuti (figura 2). Usiamo solo insiemi di dati rilevanti, chiari, facilmente comprensibili, raccolti sistematicamente almeno negli ultimi 5 anni e aggiornati almeno una volta all’anno.
Figura 1 Indicatori di attività umane che possono influire sulle emissioni di gas serra o sui cambiamenti climatici, dal 1979 ad oggi.
Questi indicatori sono collegati almeno in parte ai cambiamenti climatici. Nel pannello (f), la perdita annuale di copertura vegetale può essere dovuta a qualsiasi motivo (ad es. incendi, raccolte in piantagioni alberate o conversione di foreste in terreni agricoli). L’incremento forestale non è coinvolto nel calcolo della perdita della copertura vegetale. Nel pannello (h), l’idroelettricità e l’energia nucleare sono mostrate in figura S2. Le tariffe mostrate nei pannelli sono le variazioni percentuali per decennio su tutte le serie storiche. I dati annuali sono mostrati con punti grigi. Le linee nere sono linee di tendenza smussate per regressione locale. Abbreviazione: Gt oe all’anno, gigatonnellate di petrolio equivalente all’anno. Fonti e dettagli aggiuntivi su ciascuna variabile sono forniti nell’Allegato S2 (materiale supplementare da climalteranti.it), inclusa la tabella S2.
Figura 2 Indicatori di impatti climatici reali
Serie storiche delle risposte climatiche dal 1979 ad oggi. Le variazioni mostrate nei pannelli sono le percentuali di variazione decennali per tutta la serie temporale. Queste percentuali sono in termini percentuali, ad eccezione delle variabili di intervallo (d, f, g, h, i, k), in cui sono invece riportate le variazioni in somma. Per l’acidità dell’oceano (pH), il rateo percentuale si basa sulla variazione dell’attività degli ioni idrogeno, aH+ (valori di pH più bassi significano maggiore acidità). I dati annuali sono mostrati con punti grigi. Le linee nere sono linee di tendenza smussate per regressione locale. Fonti e dettagli aggiuntivi su ciascuna variabile sono forniti nell’Allegato S2 (materiale supplementare), inclusa la tabella S3.
La crisi climatica è strettamente legata ai consumi eccessivi di uno stile di vita benestante. I paesi più ricchi sono i principali responsabili delle emissioni di gas serra e in generale hanno le emissioni pro capite più elevate (tabella S1). Consapevoli dei molti sforzi messi in atto da singole regioni e paesi, quelle che mostriamo in questo articolo sono tendenze generali, prevalentemente alla scala globale. I nostri “segni vitali” sono progettati per essere utili al pubblico, ai decisori politici, al mondo imprenditoriale, e a coloro che lavorano per attuare l’Accordo di Parigi sul clima, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite e gli Obiettivi di Aichi sulla Biodiversità.
I segnali profondamente preoccupanti delle attività umane comprendono l’aumento sostenuto della popolazione umana e di quella degli animali da allevamento, la produzione pro-capite di carne, il prodotto interno lordo, la perdita globale di copertura arborea, il consumo di combustibili fossili, il numero di passeggeri dei voli aerei, le emissioni di anidride carbonica (CO2), e le emissioni pro-capite di CO2 a partire dall’anno 2000 (figura 1). Segnali incoraggianti riguardano invece la diminuzione dei tassi globali di fertilità (figura 1b), la deforestazione rallentata nell’Amazzonia brasiliana (figura 1g), il maggior consumo di energia solare ed eolica (figura 1h), il disinvestimento delle istituzioni nei combustibili fossili per oltre 7 mila miliardi di dollari USA (figura 1j), e la parte delle emissioni di gas serra interessata dal carbon pricing (figura 1m). Tuttavia, il declino dei tassi di fertilità umana è rallentato sostanzialmente negli ultimi vent’anni (figura 1b), e di recente la deforestazione nell’Amazzonia brasiliana ha ripreso ad aumentare (figura 1g). Il consumo di energia solare ed eolica è aumentato del 373% per decennio, ma nel 2018 era ancora 28 volte inferiore rispetto a quello dei combustibili fossili (somma di gas, carbone e petrolio; figura 1h). Nel 2018, circa il 14% delle emissioni globali di gas serra era coperto da schemi di carbon pricing (figura 1m), ma il prezzo medio globale per tonnellata di anidride carbonica (ponderato sulla proporzione di emissioni) era di soli 15,25 dollari USA (figura 1n). È necessaria una tassa sul carbonio molto più elevata (IPCC 2018, sezione 2.5.2.1). I sussidi annuali per i combustibili fossili alle aziende energetiche hanno subìto diverse fluttuazioni e, a causa di un recente picco, nel 2018 hanno superato i 400 miliardi di dollari USA (figura 1o).
Particolarmente preoccupanti sono i concomitanti andamenti dei “segni vitali” degli impatti climatici (figura 2). Tre abbondanti gas serra (CO2, metano e protossido di azoto) aumentano tuttora in atmosfera (cfr. figura S1 per un forte picco della CO2 del 2019), così come la temperatura superficiale globale (figure 2a-2d). Il ghiaccio sta scomparendo ovunque rapidamente, come dimostra la riduzione dell’estensione minima di ghiaccio estivo nell’oceano artico, della calotta glaciale in Groenlandia e in Antartide, e dello spessore dei ghiacciai in tutto il mondo (figura 2e-2h). Il contenuto di calore degli oceani, l’acidità degli oceani, il livello del mare, le aree incendiate negli Stati Uniti, il numero di eventi meteorologici estremi e i relativi danni economici sono tutti in aumento (figure 2i-2n). Si prevede che i cambiamenti climatici avranno un notevole impatto sulla vita marina, d’acqua dolce e terrestre: dal plancton ai coralli, fino ai pesci e alle foreste (IPCC 2018, 2019). Tutte queste osservazioni evidenziano la necessità di agire con urgenza.
Malgrado 40 anni di negoziati globali per il clima globale, con poche eccezioni, l’umanità ha continuato a svolgere le proprie attività come se niente fosse e, in gran parte, non è riuscita ad affrontare la situazione (figura 1). La crisi climatica è arrivata e sta accelerando più di quanto la maggior parte degli scienziati si aspettava (figura 2, IPCC 2018). È più grave del previsto, e minaccia gli ecosistemi naturali e il destino dell’umanità (IPCC 2019). Particolarmente preoccupanti sono i potenziali punti di non-ritorno del clima e i meccanismi naturali che si auto-rinforzano (feedback atmosferici, marini e terrestri), e che potrebbero condurre a una “Hothouse Earth” fuori dal controllo dell’umanità (Steffen et al. 2018). Tali reazioni climatiche a catena potrebbero devastare significativamente ecosistemi, società ed economie, rendendo potenzialmente inabitabili vaste aree della Terra.
Per garantire un futuro sostenibile dobbiamo cambiare il nostro modo di vivere, così da migliorare i “segni vitali” riassunti nei nostri grafici. La crescita economica e la crescita della popolazione sono tra le principali cause dell’aumento delle emissioni di CO2 derivanti da combustibili fossili (Pachauri et al. 2014, Bongaarts e O’Neill 2018); quindi, abbiamo bisogno di attuare trasformazioni coraggiose e drastiche nelle nostre politiche economiche e demografiche. Suggeriamo – senza un ordine particolare – sei strategie di importanza critica collegate tra loro, che i governi, gli imprenditori e il resto dell’umanità possono compiere per attenuare gli effetti peggiori dei cambiamenti climatici. Sono passi importanti, ma non sono le uniche azioni necessarie o possibili (Pachauri et al. 2014, IPCC 2018, 2019).
Energia
Il mondo deve realizzare rapidamente pratiche diffuse di efficienza e risparmio energetico, e deve sostituire i combustibili fossili con energie rinnovabili a basse emissioni di carbonio (figura 1h) e con altre fonti di energia più pulita, se sicure per gli esseri umani e per l’ambiente (figura S2). Dovremmo lasciare le scorte rimanenti di combustibili fossili nel sottosuolo (cfr. le tempistiche indicate dall’IPCC 2018) e perseguire con cautela sistemi efficaci di emissioni negative, con tecnologie quali l’estrazione del carbonio alla fonte, la sua cattura dall’aria e, soprattutto, migliorare quella dei sistemi naturali (vedi sezione “Natura”). I paesi più ricchi devono sostenere le nazioni più povere nella transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili. Dobbiamo eliminare rapidamente i sussidi per i combustibili fossili (figura 1) e utilizzare politiche efficaci ed eque per aumentare gradualmente il prezzo del carbonio così da limitarne l’uso.
Inquinanti di breve durata
Dobbiamo ridurre rapidamente le emissioni di inquinanti climatici di breve durata, tra cui metano (figura 2b), black carbon (fuliggine) e idrofluorocarburi (HFC). Questa azione di riduzione potrebbe rallentare i feedback climatici nei prossimi decenni e ridurre il riscaldamento a breve termine di oltre il 50%, salvando milioni di vite umane e aumentando la resa dei raccolti grazie alla riduzione dell’inquinamento atmosferico (Shindell et al. 2017). Siamo a favore dell’emendamento di Kigali del 2016 al protocollo di Montréal per la riduzione graduale degli HFC.
Natura
Dobbiamo proteggere e ripristinare gli ecosistemi terrestri. Fitoplancton, barriere coralline, foreste, savane, praterie, aree umide, torbiere, suoli, mangrovie e alghe contribuiscono enormemente al sequestro della CO2 atmosferica. Le piante, gli animali e i microrganismi marini e terrestri hanno un ruolo importante nel ciclo e nello stoccaggio del carbonio e delle sostanze nutritive.
Dobbiamo ridurre rapidamente la perdita di habitat e di biodiversità (figura 1f-1g) proteggendo le foreste primarie e intatte rimanenti, soprattutto quelle con elevate riserve di carbonio e capaci di sequestrarlo rapidamente (“proforestazione”), e dobbiamo incrementare la riforestazione e l’afforestazione su enorme scala ovunque sia possibile. Nonostante la disponibilità di terre abbia dei limiti, le soluzioni climatiche basate sulla natura (Griscom et al. 2017) potrebbero generare fino a un terzo delle riduzioni delle emissioni richieste dall’Accordo di Parigi per l’anno 2030 (con un riscaldamento limitato a 2°C).
Cibo
Mangiare prevalentemente alimenti di origine vegetale e ridurre il consumo globale di prodotti animali (figura 1c-d), in particolare da ruminanti (Ripple et al. 2014), può migliorare la salute umana e ridurre notevolmente le emissioni di gas serra (incluso il metano, cfr. “Inquinanti di breve durata”). Inoltre, questo libererebbe sia i terreni coltivati per il mangime, lasciando così spazio alle piante destinate all’alimentazione umana, sia quelli dedicati ai pascoli, per supportare invece l’attuazione di soluzioni climatiche basate sulla natura (cfr. “Natura”). Pratiche colturali come la lavorazione minima del terreno, che aumenta il sequestro di carbonio nel suolo, sono di vitale importanza. E dobbiamo ridurre drasticamente l’enorme livello di spreco alimentare in tutto il mondo.
Economia
L’eccessiva estrazione di materiali e il sovra-sfruttamento degli ecosistemi, spinti dalla crescita economica, vanno limitati rapidamente per mantenere la sostenibilità a lungo termine della biosfera. Abbiamo bisogno di un’economia decarbonizzata che tenga conto esplicitamente della dipendenza umana dalla biosfera, e di politiche economiche coerenti con questo traguardo. I nostri obiettivi devono passare dalla crescita del PIL e dalla ricerca del benessere individuale al sostegno degli ecosistemi e alla promozione del benessere umano, dando la priorità ai bisogni fondamentali e riducendo le disuguaglianze.
Popolazione
La dimensione della popolazione mondiale, che vede tuttora un aumento di circa 80 milioni di persone all’anno, più di 200.000 ogni giorno (figura 1a-b), dovrebbe stabilizzarsi – e, idealmente, ridursi poco a poco – per mezzo di misure che garantiscano l’integrità sociale. Esistono politiche collaudate ed efficaci che rafforzano i diritti umani, abbassando al contempo i tassi di fertilità e riducendo l’impatto della crescita demografica sulle emissioni di gas serra e sulla perdita di biodiversità. Queste politiche mettono a disposizione di tutti i cittadini servizi di pianificazione familiare, rimuovono le barriere al loro accesso, e puntano al conseguimento della piena parità di genere, inclusa l’istruzione primaria e secondaria come base universale, specialmente per le ragazze e le giovani donne (Bongaarts e O’Neill 2018).
Conclusioni
La mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, nel rispetto della diversità degli esseri umani, richiedono grandi trasformazioni nel modo in cui la società globale funziona e interagisce con gli ecosistemi naturali. Siamo incoraggiati dalla recente ondata di preoccupazione. Diversi governi e amministrazioni hanno dichiarato l’emergenza climatica. Gli studenti scioperano. Nei tribunali vengono discusse cause in materia di “ecocidio”. Associazioni di cittadini e movimenti dal basso chiedono cambiamenti, e molti paesi, regioni, province, città e imprese stanno rispondendo.
Come Alliance of World Scientists, siamo pronti ad assistere i decisori politici in una transizione giusta verso un futuro sostenibile ed equo. Esortiamo a utilizzare diffusamente questi “segni vitali”, che consentiranno ai decisori politici, al settore privato e al pubblico di comprendere meglio la portata della crisi in corso, di seguire i progressi, e di riallineare le priorità per mitigare il cambiamento climatico. La buona notizia è che il cambiamento che auspichiamo, con giustizia sociale ed economica per tutti, promette di generare un benessere sociale di gran lunga superiore a quello a cui siamo abituati. Crediamo che le probabilità di successo saranno più alte se i decisori e tutta l’umanità risponderanno prontamente a questo appello e alla nostra dichiarazione di emergenza climatica, e agiranno per sostenere la vita sul pianeta Terra, la nostra unica casa.
Revisori scientifici che hanno contribuito allo studio
Franz Baumann, Ferdinando Boero, Doug Boucher, Stephen Briggs, Peter Carter, Rick Cavicchioli, Milton Cole, Eileen Crist, Dominick A. DellaSala, Paul Ehrlich, Iñaki Garcia-De-Cortazar, Daniel Gilfillan, Alison Green, Tom Green, Jillian Gregg, Paul Grogan, John Guillebaud, John Harte, Nick Houtman, Charles Kennel, Christopher Martius, Frederico Mestre, Jennie Miller, David Pengelley, Chris Rapley, Klaus Rohde, Phil Sollins, Sabrina Speich, David Victor, Henrik Wahren, and Roger Worthington.
Finanziamenti
Il Worthy Garden Club ha finanziato in parte questo progetto.
Sito internet
Bibliografia
Briggs S, Kennel CF, Victor DG. 2015. Planetary vital signs. Nature Climate Change 5: 969.
Bongaarts J, O’Neill BC. 2018. Global warming policy: Is population left out in the cold? Science 361: 650–652.
Griscom BW, et al. 2017. Natural climate solutions. Proceedings of the National Academy of Sciences 114: 11645–11650.
[IPCC] Intergovernmental Panel on Climate Change. 2018. Global Warming of 1.5°C: An IPCC Special Report. IPCC.
[IPCC] Intergovernmental Panel on Climate Change. 2019. Climate Change and Land. IPCC. Pachauri RK, et al. 2014. Climate Change 2014: Synthesis Report. Intergovernmental Panel on Climate Change.
Ripple WJ, Smith P, Haberl H, Montzka SA, McAlpine C, Boucher DH. 2014. Ruminants, climate change, and climate policy. Nature Climate Change 4: 2–5.
Ripple WJ, Wolf C, Newsome TM, Galetti M, Alamgir M, Crist E, Mahmoud MI, Laurance WF. 2017. World scientists’ warning to humanity: A second notice. BioScience 67: 1026–1028.
Shindell D, Borgford-Parnell N, Brauer M, Haines A, Kuylenstierna J, Leonard S, Ramanathan V, Ravishankara A, Amann M, Srivastava L. 2017. A climate policy pathway for near- and long-term benefits. Science 356: 493–494.
Steffen W, et al. 2018. Trajectories of the Earth System in the Anthropocene. Proceedings of the National Academy of Sciences 115: 8252–8259.
Traduzione dall’inglese di Simona Re, Claudio Cassardo, Giorgio Vacchiano. Revisione di Sylvie Coyaud e Tommaso Orusa.