CULTURA

Atelier d'artista: Jacopo Mazzonelli

"Le mie opere partono dall'elemento sonoro, da una costante ricerca delle implicazioni della musica, del suono, della parola”. Jacopo Mazzonelli e il suo atelier sono al centro del quindicesimo episodio della serie dedicata ad artisti e spazi di creazione. “Gli elementi vengono calati in quadri spesso silenziosi, con qualche eccezione, perché in effetti alcuni cicli di opere producono un suono: in questa direzione è stata sviluppata ABCDEFG, ovvero sette pianoforti che suonano una sola nota della scala diatonica e che si offrono come sculture autonome e silenziose, ma al tempo stesso veri e propri strumenti da attivare, successivamente, all'interno di un quadro performativo. L'idea è di lavorare sul confine, un limite sottile tra contemplazione dell'opera e produzione sonora". Artista visivo e performer, classe 1983, Mazzonelli vive e lavora a Verona. Si diploma al Conservatorio a diciannove anni dopo aver studiato composizione e direzione d'orchestra, poi a Milano si forma con il pianista Antonio Ballista, concentrandosi sulla musica del Novecento storico e contemporaneo. Oggi la sua arte è il risultato della fusione di diversi percorsi di ricerca ed esplorazione tra musica, scultura, performance.

"Il deposito del tempo sugli strumenti, che mediamente hanno un secolo, per me risulta particolarmente interessante. Diventa un atto profondo e significante rispetto a un materiale che, come la pelle, subisce cambiamenti: trovare questo materiale è un punto di partenza per sviluppare un discorso artistico". Attualmente impegnato in un ambizioso lavoro di ricerca sulla percezione del tempo, del ritmo e sull'idea del divenire, Mazzonelli spiega: "Con le mie opere provo a cristallizzare il movimento, attuando una sorta di ralenti estremo nel quale si può immaginare il movimento stesso all'interno di un blocco di ghiaccio, di un quadro quasi archeologico. Lavoro con parti di orologi e meccanismi, quadranti e lancette, magneti in ferrite".

Servizio di Francesca Boccaletto e Massimo Pistore

L'idea è di lavorare sul confine, un limite sottile tra contemplazione dell'opera e produzione sonora Jacopo Mazzonelli

Artista dai gusti e uno stile raffinati, oltre alla musica Mazzonelli esplora diverse discipline, dal cinema alla videoarte, dando vita a un "linguaggio tridimensionale", più precisamente, "a opere in cui è sempre presente l'elemento sonoro, in tutte le sue declinazioni, ma in un processo di tridimensionalità". È un metodo di lavoro basato sulla ricerca e la pratica, influenzato dalla formazione pianistica: “Ho una mentalità creativa e al tempo stesso ginnica. Oltre la parte teorica, lavoro per sviluppare e padroneggiare nuove tecniche: per passare dall'idea all'opera, senza intoppi, ci vuole una continua pratica".

Come un anatomista, studia e seziona strumenti per dare vita a nuove opere d'arte. "Il pianoforte verticale è lo strumento con cui lavoro di più: disassemblarlo è particolarmente interessante, fisico, faticoso, perché significa riuscire a estrarre una tavola armonica incastonata come una perla tra i montanti lignei della schiena e il telaio in ghisa. Un lavoro ‘di nervo’ che per me è diventato quasi una abitudine. Aprendo lo specchio superiore e inferiore riesco a intravedere quello che mi potrà servire, a volte sono dettagli: dal colore del cuore dei feltri dei martelletti al tipo di avorio utilizzato, dalla lavorazione del tasto pianistico ai pedali di ottone..."

Per arrivare a un lavoro sintetico […], diretto e incisivo come una lama, è necessaria una continua osservazione da più angolazioni, e per fare questo bisogna essere in studio Jacopo Mazzonelli

Lo incontriamo nel suo ampio e luminoso atelier nel centro di Verona, una sorta di galleria essenziale delle sue opere. "Questo è il mio quarto studio: i primi due erano a Trento, gli ultimi a Verona. Quello in cui ci troviamo ora è lo spazio che amo di più. Vengo qui tutti i giorni, arrivo al mattino e resto fino alle nove o dieci di sera: per arrivare a un lavoro sintetico, significativo e asciutto, diretto e incisivo come una lama, è necessaria una continua osservazione da più angolazioni, e per fare questo bisogna essere in studio, tra i propri strumenti di lavoro".

"La pre-progettazione, che sviluppo con software e macchine, in realtà ha dei grossi limiti perché, nonostante si cerchi di prevederla, all'interno dell'opera, la materia si comporta in maniera sempre diversa, continua a cambiare mentre la osservi e la lavori. Per questo ci vuole una routine quotidiana, un lavoro costante sui propri pezzi".


Atelier d'artista

Una serie ideata e realizzata da Francesca Boccaletto e Massimo Pistore

Intervista di Francesca Boccaletto, riprese e montaggio di Massimo Pistore

Con la consulenza artistica di Giulia Granzotto


Tutti gli episodi della serie Atelier d'artista sono QUI

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