SOCIETÀ

Il bullismo: un fenomeno di gruppo

Dopo un lavoro durato più di due anni, che ha visto il coinvolgimento dei ragazzi delle scuole medie di Ravenna, mercoledì 10 ottobre è stato presentato nella sala stampa della Camera dei deputati il cortometraggio sul bullismo intitolato "Spegni il cellulare, accendi il cuore".  La violenza nelle scuole continua a essere un tema caldo: a partire dall'ormai consolidata evoluzione del bullismo in cyberbullismo, passando per i film e le serie tv, come Tredici, che hanno modificato l'immaginario comune e stereotipato che ruotava attorno al bullo, arrivando alle aggressioni ai danni degli stessi insegnanti. 
 

La Federazione lavoratori della conoscenza (Flc Cgil) ha rilasciato una dichiarazione sugli attacchi subiti dai docenti da parte di studenti e genitori, richiedendo la collaborazione di tutte le figure professionali che lavorano in ambito formativo ed educativo, perché vengano chiarite le cause profonde che sono all'origine di questa tendenza. Inoltre la Flc Cgil ritiene inutili le misure repressive, considerate di "facile impatto mediatico", quali l'installazione di telecamere dentro le aule che "farebbero venire meno il senso stesso della comunità educante".

I dati e le politiche su bullismo e cyberbullismo

Risale al 2007 la direttiva ministeriale n.16 del Miur, che aveva per oggetto le linee di indirizzo generali per la prevenzione e la lotta al bullismo. Vennero istituiti presso ciascun ufficio scolastico regionale degli osservatori regionali permanenti sul fenomeno del bullismo e, sempre nell'ambito di questa iniziativa, vennero attivate una casella di posta e delle linee telefoniche per accogliere segnalazioni, ma anche per informare e consigliare gli utenti. 

A partire dal 2012 il Miur ha aderito al programma comunitario Safer Internet, che venne istituito dal Parlamento europeo e dal consiglio dell'Unione europea con decisione n. 1351/2008/CE. Il programma prevede: una serie di azioni strategiche per la promozione di un uso consapevole, sicuro e responsabile di internet fra i più giovani, il finanziamento di interventi a livello europeo e nazionale, attraverso la creazione di poli di riferimento nazionale sul tema della sicurezza su internet.

Dal 2012 al 2014 in Italia perciò è stato realizzato il progetto Generazioni connesse - Safer Internet Centre italiano, cofinanziato dalla Commissione europea, coordinato dal Miur con il partenariato del Ministero dell'interno, della polizia postale e delle comunicazioni, dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, di Save the children Italia, Telefono azzurro, Edi onlus e del movimento Difesa del cittadino. Nel 2014 il Miur ha risposto al nuovo bando europeo del programma Cef per gli anni 2015/2016

Generazioni connesse agisce su tre ambiti specifici: la realizzazione di programmi di educazione e sensibilizzazione sull'utilizzo sicuro di Internet, rivolti a bambini, adolescenti, genitori, insegnanti ed educatori, la helpline per supportare gli utenti su problematiche legate alla rete e due hotlines per segnalare la presenza online di materiale pedopornografico.  

Con la legge 29 maggio 2017, n. 71 il legislatore italiano ha dato disposizioni in materia di tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo, codificandone così la fattispecie in modo specifico e colmando un vuoto legislativo che costringeva ad agire per analogia, entro altre fattispecie previste in ordinamento, e in modo particolare dal codice penale.


Secondo il rapporto 2018 dell'Eurispes nel 2014 la metà dei giovani tra gli 11 e i 17 anni è stata vittima di bullismo: nel 19,8% dei casi gli atti di violenza si sono verificati più volte in un mese, per il 9,1% la cadenza è stata settimanale. Per combattere il bullismo la maggioranza dei giovani ritiene che la cosa migliore da fare sia confidarsi e chiede aiuto ai genitori, tuttavia 3 ragazzi su 10 pensano che la strategia da usare sia "far finta di nulla". Il 28,2% degli studenti che frequentano la scuola secondaria di primo grado utilizza i social network, percentuale che sale al 71,8% tra gli adolescenti della scuola secondaria di secondo grado. La tendenza a scambiarsi foto che li ritraggono in pose intime via chat si rileva fin dagli 11 anni e nel 33% dei casi gli atti di cyberbullismo sono legati proprio allo scambio di questo tipo di immagini. 



 

Come prevenire il bullismo?

Il Bo Live ha contattato la dottoressa Tiziana Pozzoli, ricercatrice al dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell'università di Padova, che ha spiegato che non è possibile predire con sicurezza quali bambini si comporteranno in modo prepotente verso i compagni, ma che esistono delle propensioni cioè dei tratti di personalità individuali che interagiscono con l'ambiente sia famigliare che scolastico.

"Un errore in cui spesso si incorre - continua Pozzoli - è quello di pensare al bullo come emarginato. In realtà il bullismo, per quanto sia una condotta immorale, è una condotta che funziona: nel senso che solitamente i cosiddetti bulli riescono ad avere uno status, fra i pari, elevato. Quindi non sono poi ragazzini che vengono esclusi, ma sono ragazzini popolari all'interno del gruppo". 

Il bullismo è un fenomeno di gruppo: il fatto che le violenze continuino dipende sì dalle caratteristiche dell'individuo, ma anche da come il contesto risponde a queste prepotenze Tiziana Pozzoli

I bulli hanno quindi bisogno di un ambiente favorevole per commettere gli abusi a danno dei compagni, ma fa gioco il solo supporto attivo? Secondo la ricercatrice il problema è che l'atteggiamento di silenzio da parte della maggioranza dei pari, che viene visto dagli adulti come un comportamento neutrale, è invece interpretato "quasi come un segnale tacito che ciò che si sta facendo può continuare". 

"I programmi di intervento più famosi, verificati anche da un punto di vista dell'efficacia, puntano proprio a individuare quelle strategie che possano far sì che questa maggioranza silenziosa, questi osservatori passivi, decidano poi di intraprendere delle condotte di tipo prosociale (qualsiasi comportamento volontario diretto a portare beneficio ad altre persone) e di aiuto alla vittima."

Il bullismo: un fenomeno di gruppo

Secondo Tiziana Pozzoli è quindi necessario un intervento sistemico, allargato a tutto il tessuto scolastico, inclusi gli adulti che gravitano attorno ai ragazzi: non solo gli insegnanti, ma anche i genitori. Per raggiungere dei buoni risultati è necessario l'apporto dello Stato: "Servono dei finanziamenti importanti, perché implementare questo tipo di programmi significa seguire le scuole per anni, vuol dire dare prova della loro efficacia ed efficienza e questo non si può fare assolutamente con programmi basati sull'emergenza, il bullismo è un fenomeno che ha bisogno di prevenzione: dobbiamo creare una cultura diversa".

Non si tratta solo di prevenire il bullismo, ma anche di offrire una formazione migliore ai ragazzi: "Si tralasciano importanti risultati in campo di ricerca scientifica, ossia che i bambini e i ragazzi apprendono meglio nel momento in cui si trovano in un ambiente con un clima relazionale ed emotivo sereno, quindi questi investimenti che come ricercatori ci aspettiamo e che speriamo che lo Stato prima o poi ci darà, servono non solo a prevenire il bullismo, ma in generale a creare degli ambienti di apprendimento migliori per i bambini".

Occorre aiutare i bambini e i ragazzi ad aumentare la loro autoefficacia per la difesa. Spesso non intervengono perché pensano di non esserne in grado Tiziana Pozzoli

Per quanto riguarda le aggressioni a danno degli insegnanti da parte dei genitori, la Dott.ssa Pozzoli si esprime così: "Il rischio che spesso si corre è quello di assimilare fenomeni che magari hanno caratteristiche comuni, come il comportamento aggressivo, ma non hanno poi molto altro in comune tra loro.  È importante vedere le differenze che ci sono: un genitore che aggredisce un insegnante perché ha punito suo figlio, chiama in causa una serie di variabili sociali di cambiamento delle figure genitoriali e della genitorialità, avvenuto negli ultimi anni, che in qualche modo è associato al comportamento dei figli, ma che è un fenomeno a parte."

Rischiamo di fare dei calderoni alla ricerca di un'unica causa, e questo non ci aiuta né a comprendere i problemi, né a risolverli Tiziana Pozzoli

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