CULTURA

“Caccia al topo”: un incontro inaspettato

Cosa fareste se sorprendeste dei topi nella vostra casa?

Una delle reazioni più comuni – dopo una varietà di manifestazioni che va dall’imprecazione sussurrata tra sé e sé all’urlo scomposto – è la risoluzione di sterminare gli ospiti sgraditi.

È quel che ha deciso di fare, lì per lì, anche Daniele Zovi, quando ha scoperto che una innocua famiglia di topolini di campagna approfittava della sua assenza per scorrazzare liberamente nella sua casa sull’altopiano di Asiago.

Da questa decisione iniziale, tuttavia, Zovi si dissocia rapidamente. A determinare il ripensamento è un incontro: quello, non previsto, tra i due abitanti della casa – l’umano e il topo.

Ci guardiamo per alcuni secondi. Il suo piccolo muso appuntito è più o meno all’altezza del mio viso. È perplesso. Sono perplesso anch’io. "Caccia al topo", Daniele Zovi, p. 13

Quello sguardo, inizialmente così straniante, si rivela invece estremamente generativo. Solleva questioni, genera domande, riporta alla mente dell’autore ricordi e riflessioni che confluiscono nel libro Caccia al topo, pubblicato nel 2023 per i tipi di UTET e firmato proprio da Daniele Zovi, scrittore ed ex generale dei Carabinieri forestali.

Al di là del casus belli, che è la derattizzazione, proprio lo sguardo è il filo conduttore del racconto. Nel corso della narrazione, infatti, vengono ricordati altri incontri ravvicinati con animali selvatici: un gallo cedrone, un lupo, un orso. In tutti i casi, lo scambio di sguardi è vissuto come un incontro, che schiude un momento di riconoscimento. Guardando negli occhi l’altro animale, l’essere umano intuisce di avere qualcosa di comune con esso, una consapevolezza che abbatte con forza la barriera dell’alterità.

Con il riconoscimento – va da sé – viene la compassione, intesa nel suo senso etimologico come capacità di immedesimazione. Compassione che tuttavia, quando si tratta di sterminare un animale ‘invadente’, può essere d’intralcio. Infatti, in seguito all’incontro con il “suo” topo, Zovi si trova costretto a riconsiderare le tattiche violente fino a quel momento adottate a cuor leggero. Quel topo – afferma lo scrittore – “ha aperto una porta”.

Il fatto è che il topo sulla scala mi ha “spostato”. I topi in casa non ce li voglio, ma non voglio più ucciderli: da cacciatore diventerò scacciatore. "Caccia al topo", Daniele Zovi, p. 93

E l’ex-cacciatore si attiene, in effetti, a questo proposito: nessun topo sarà più messo in pericolo, e lo scontro tra le due intelligenze animali si trasferisce su un altro piano – l’elaborazione di trappole sempre più sofisticate da un lato, e la loro elusione dall’altro.

La storia corre su due piani paralleli. Da una parte, vi è il racconto dei tentativi – non sempre efficaci – di dissuadere i topi dal considerare la casa umana come loro rifugio e dispensa. Contemporaneamente, si dipana il filo dei ricordi e delle riflessioni: il tema principe è l’atteggiamento che noi umani abitualmente adottiamo nei confronti degli altri esseri viventi, e in particolar modo nei confronti degli altri animali. Di norma, infatti, siamo portati a pensare che vi sia una differenza sostanziale tra “noi” e “gli animali” – spesso dimentichiamo che, in effetti, siamo animali anche noi. E così gestiamo, cacciamo, alleviamo individui come se fossero oggetti, senza mettere a fuoco le somiglianze che ci uniscono e le peculiarità che fanno di loro – quanto di noi – esseri unici.

Ma in quanti altri miliardi di casi l’uomo alleva animali senza tener conto delle loro sofferenze? … L’enorme e complessa questione che riguarda il rapporto tra noi e gli altri animali si ripresenta di continuo e riceve risposte quasi sempre contrastanti. "Caccia al topo", Daniele Zovi, pp. 68-69

Eppure, il rapporto tra umani e altri animali non è sempre così linearmente utilitaristico: sono molti i casi in cui di un singolo animale riconosciamo la personalità, e altrettanti i casi di amicizia, a volte addirittura simbiosi, con un ‘cugino’ non umano. E ciò non avviene solo con i nostri animali domestici, ma – come racconta Daniele Zovi, attingendo a una lunga esperienza e a una conoscenza davvero profonda del mondo naturale – anche con gli animali selvatici. Quanti di noi, ad esempio, hanno simpatizzato con l’intrepido orso M49 – amichevolmente soprannominato Papillon – durante la saga di catture e fughe che lo ha visto protagonista, prima del triste epilogo? Papillon, reo di aver causato danni di natura esclusivamente economica, è ora un ergastolano.

È tristissimo che [M49] debba finire i suoi giorni così. Ancora una volta l’uomo ha anteposto i suoi interessi – salvare qualche arnia e qualche forma di formaggio – ai diritti del selvatico. "Caccia al topo", Daniele Zovi, p. 77

Forse, se chi ha emesso l’ordinanza di cattura (per un certo periodo di tempo, su M49 pendeva una sentenza di abbattimento) avesse avuto l’opportunità di guardare negli occhi quel giovane orso intraprendente, la storia avrebbe avuto un finale diverso. Come è accaduto per il topo (i topi) che ha eletto a propria dimora la casa di montagna del generale dei Forestali, il quale ha esperito la potenza non mediata dell’incontro.

Lo sguardo che ci siamo scambiati ha messo in campo una relazione. In una qualche misura, che stento ancora a comprendere, ha generato un sentimento e ha modificato in me l’immagine dell’animale e la percezione che ho di lui. "Caccia al topo", Daniele Zovi, p. 89

La lettura di Caccia al topo è un’opportunità per provare – in un contesto protetto: quello della nostra immaginazione – a superare confini che a volte sembrano invalicabili, e per mettere in discussione le nostre abitudini e convinzioni. Potremmo scoprire che quel che definiamo “altro”, che siamo abituati a considerare nemico, potrebbe in realtà esserci solo sconosciuto. E, come è accaduto in seguito a un inaspettato incontro interspecie, l’acquisizione di tale consapevolezza potrebbe schiuderci un’altra prospettiva sulla realtà, aiutandoci a realizzare che ci sono “tanti mondi quanti occhi che li guardano” e, forse, aprendo la strada al cambiamento.

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