SOCIETÀ

Il cambiamento climatico continua a far registrare nuovi record

L’estate del 2022 in Europa è stata la più calda di sempre da quando si effettuano le rilevazioni. Ora un lavoro pubblicato su Nature Medicine ha quantificato in più di 60.000 i morti causati dalle ondate di calore dal 30 maggio al 4 settembre. Oltre 18.000 decessi sono avvenuti solo in Italia, il più colpito tra i Paesi europei.

L’estate scorsa aveva scalzato quella del 2021 dalla vetta della classifica. Non sappiamo se quella europea del 2023 scalzerà a propria volta quella del 2022, ma sappiamo già che il mese di giugno appena trascorso, pur essendo stato relativamente fresco in area mediterranea, è stato a livello globale il giugno più caldo mai registrato.

Il trend è continuato il mese successivo: il 3 luglio, per la prima volta nella storia recente, la temperatura media del pianeta ha superato quota 17°C. Il record precedente era stato fissato ad agosto 2016 con 16,92°C. I giorni seguenti hanno fissato nuovi picchi fino a quello massimo del 7 luglio, che ha sfiorato i 17,2°C, facendo quindi registrare, secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO), la settimana più calda della storia. Secondo alcuni climatologi, tra cui lo statunitense Michael Mann, potrebbero essere stati i giorni più caldi che la Terra ha conosciuto negli ultimi 120.000 anni.

In particolare le temperature superficiali dell’Atlantico del Nord hanno raggiunto valori fuori scala rispetto allo storico. Le anomalie si sono iniziate a registrare già durante il mese di maggio per proseguire anche a giugno, quando si sono raggiunti anche 1,6°C sopra la media. L’ondata di calore marino ha che colpito l’Irlanda è stata classificata dalla WMO come categoria 5, il massimo (oltre l’estremo): la temperatura superficiale delle acque ha raggiunto anche i 5°C sopra la media intorno a metà giugno.

Tra le cause scatenanti, il sistema europeo Copernicus menziona, oltre all’atteso trend del cambiamento climatico causato dall'uomo, un’inusuale circolazione atmosferica. I venti dell’anti-ciclone delle Azzorre (una zona di alta pressione atlantica) sono stati più deboli del solito e questo ha portato a un minor rimescolamento delle acque superficiali (calde) con quelle più profonde (fredde). Inoltre la riduzione dei venti ha portato meno sabbia dal Sahara che solitamente svolge un ruolo schermante riflettendo una parte della luce solare. Un altro fattore che potrebbe aver favorito l’aumento delle temperature è, paradossalmente, la diminuzione dell’inquinamento da particolato (derivante dai settori industriale, energetico e dei trasporti) che è avvenuto nel corso degli ultimi 40 anni. Anche in questo caso, meno particelle (per quanto inquinanti) in atmosfera riflettono meno luce solare.

Le anomalie in realtà non hanno riguardato solo il Nord Atlantico ma tutta la superficie oceanica che da aprile almeno è di quasi mezzo grado al di sopra delle medie storicamente registrate. Quanto questi valori inusuali possano essere attribuiti alla naturale e periodica oscillazione climatica del Pacifico Sub Tropicale iniziata quest’anno a marzo e nota come El Niño tuttavia non è chiaro. Sebbene la fase opposta che ha un effetto raffrescante, nota come la Niña, sia considerata ormai terminata, gli effetti riscaldanti di El Niño raggiungeranno il loro picco verso la fine dell’anno (da cui il nome che lo accosta alla festa della Natività) e probabilmente proseguiranno per l’anno successivo. I climatologi infatti ritengono che il 2024 potrebbe sfondare i record fissati quest’anno.

Altra fonte di preoccupazione deriva dalle condizioni del ghiaccio in Antartide, che a giugno era per il 17% al di sotto delle medie stagionali: circa 2,6 milioni di chilometri quadrati di ghiaccio mancavano all’appello rispetto alla media degli ultimi 30 anni e 1,2 milioni di chilometri quadrati rispetto al precedente record negativo fissato nel 2022. “È davvero qualcosa che non ha precedenti” ha dichiarato Matthew Sparrow, a capo del World climate research programme. “Questa riduzione del ghiaccio marino attorno all’Antartide eravamo abituati a vederla nell’Artico, ma non in Antartide”. Anche per quanto riguarda le quantità di ghiaccio marino a livello globale il 2023 sta abbattendo tutti i record.

Tornando nell’emisfero boreale, gli ultimi mesi sono stati drammaticamente segnati anche dagli incendi in Canada, che solitamente non iniziano prima di luglio, mentre quest’anno sono partiti già a maggio. Battendo anche in questo caso ogni record prima ancora dell’usuale inizio della stagione degli incendi, a fine giugno erano bruciati più di 8 milioni di ettari, un’area più grande di Belgio e Olanda. Dopo aver tinto di uno spettrale arancione i cieli di New York, i fumi delle foreste canadesi sono arrivati sino in Sardegna.

Le alte temperature delle superfici marine, specialmente quelle atlantiche, destano preoccupazione per la stagione degli uragani che potrebbero riversarsi sulle coste del continente americano. Solitamente El Niño tende a sopirli, ma le alte temperature registrate finora potrebbero invertire questa tendenza. Precipitazioni intense e inondazioni nel frattempo hanno già investito l’India, il Giappone e la Corea del sud, mentre il sud degli Stati Uniti e il Messico sono stati investiti da una cappa di calore che ha portato più di 40° e messo a dura prova la rete elettrica del Texas. Altissime le temperature anche in Cina (a Sanbao è stato fissato il nuovo record nazionale di 52,2°C) e in Spagna. I bilanci si faranno alla fine di un’estate che ora è solo all’inizio.

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