CULTURA

Il cambiamento climatico spiegato a ritmo di jazz

Nel 1958 Billy Wilder iniziò a girare “A qualcuno piace caldo”, commedia musicale cult con Marilyn Monroe, Tony Curtis e Jack Lemmon. Nello stesso anno, dall'osservatorio Mauna Loe delle Hawaii, Charles David Keeling iniziò a monitorare l'accumulo di anidride carbonica in atmosfera. Da allora i punti di osservazione sulla superficie terrestre si sono moltiplicati e oggi il grafico che descrive la variazione nel tempo della concentrazione di ‎CO2 in atmosfera, nota come curva di Keeling, è ritenuta tra i risultati scientifici più importanti del XX secolo.

Nell'animazione grafica, la variazione di CO2 in atmosfera è una lenta oscillazione che Stefano Caserini, ingegnere ambientale titolare del corso di mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano, dal palco di Risvegli in Orto Botanico a Padova, sceglie di raccontare come una danza, accompagnata dal pianoforte di Erminio Cella e da un jazz al contempo leggero e profondo, che alterna ritmi incalzanti e melodie cullanti.

Nel gennaio del 1979 le parti per milione (ppm) di CO2 in atmosfera erano 336, nel gennaio 2016 siamo arrivati a 403 ppm. Nell'era pre-industriale i valori erano fermi intorno ai 278 ppm, mentre negli ultimi 800.000 anni hanno oscillato tra le 200 e le 300 ppm, partendo da un valore minimo di 185 ppm.

Trailer dello spettacolo "A qualcuno piace caldo"

Per inferire la concentrazione di anidride carbonica del passato, i paleoclimatologi hanno estratto “carote” di ghiaccio molto profonde, all'interno delle quali sono rimaste intrappolate bollicine d'aria che portano informazioni sul paleoclima terrestre.

L'anidride carbonica è uno dei principali gas atmosferici responsabili dell'effetto serra. Quando la radiazione solare arriva sulla Terra, una parte viene riflessa e un'altra rimane intrappolata sotto l'atmosfera, riscaldando il clima terrestre. L'effetto serra è stato fondamentale per garantire le condizioni necessarie all'evoluzione della vita sul nostro pianeta: senza di esso la Terra sarebbe un'enorme palla ghiacciata con una media di -18 gradi. Ma si tratta di un equilibrio estremamente delicato da mantenere.

Colui che per primo si accorse che l'anidride carbonica è uno dei principali gas responsabili dell'effetto serra fu Svante Arrhenius, chimico fisico svedese, premio Nobel per la chimica nel 1903. Pubblicò nel 1896 On the Influence of Carbonic Acid in the Air upon the Temperature of the Ground sul Philosophical magazine and Journal of science. L'eredità di Arrhenius fu raccolta proprio da David Keeling, che arrivò a dimostrare che sono le emissioni antropiche di CO2 a causare il riscaldamento delle temperature globali. Ma più di recente è stata raccolta anche da una ragazza svedese, sua lontana discendente, che ne eredita i geni lungo la linea paterna e il cui padre si chiama Svante, in onore dell'avo: Greta Thunberg.

Oggi abbiamo moltissimi dati che ci confermano che le predizioni di Svante Arrhenius erano corrette: il pianeta si sta riscaldando. Eppure, “a qualcuno piace caldo”.

Sulle note leggere della colonna sonora del film di Billy Wilder (che dà il titolo anche allo spettacolo, diretto da Francesca Cella), Stefano Caserini illustra gli strafalcioni che affollano il nostro ecosistema mediatico: dagli immancabili tweet del presidente Trump ai telegiornali italiani in prima serata, dai quotidiani nazionali (nessuno escluso) agli inserti di approfondimento. Tutti (o quasi) hanno ceduto, almeno una volta, alla tentazione di definire una pseudoteoria quella del cambiamento climatico.

“Spesso si fa confusione tra tempo meteorologico e clima” spiega Stefano Caserini. “Il primo è lo stato dell'atmosfera in un dato tempo e luogo, il secondo rappresenta il tempo medio sul lungo periodo e su vasta scala. D'inverno può fare freddo, certo, e le oscillazioni di temperatura possono essere anche molto ampie, come abbiamo visto negli scorsi mesi in Nord America. Ma per il clima anche i decimi di grado sono importanti, cruciali”.

Oggi due miliardi di persone hanno ancora scarso accesso all'energia e nei prossimi anni la loro domanda aumenterà. Ma il sistema energetico attuale non è sostenibile. Il declino dei combustibili fossili è già cominciato, i finanziamenti alle energie rinnovabili stanno crescendo di anno in anno e il fotovoltaico e l'eolico stanno calando di prezzo. Occorrerà poi togliere la CO2 in eccesso dall'atmosfera, riducendo la deforestazione, sviluppando tecnologie apposite, piantando nuovi alberi. “Non è in discussione se la transizione a un nuovo sistema di approvvigionamento energetico ci sarà, ma quanto rapida sarà” spiega Caserini, accompagnato dalle note di Too damn hot di Cole Porter.

Il nostro è un modello energetico estrattivo, ma se vorremo cambiare il mondo dovremo smettere di estrarre una buona parte del petrolio, del gas e del carbone che le grandi compagnie hanno già inserito nelle loro previsioni di bilancio. Buona parte dei combustibili fossili la cui estrazione è già in programma dovrà restare sotto terra, anche se così non produrranno ricchezza e profitto. Si parla per questo di bolla del carbonio, che necessariamente dovrà esplodere se riusciremo a contrastare in maniera efficace il cambiamento climatico.

Gli effetti dell'esplosione di questa bolla economica saranno tanto più grandi quanto meno preparate saranno le nostre società a guidare questa transizione. Il cambiamento è possibile, servono investimenti e serve soprattutto una volontà politica. Ci sono scelte da fare e ogni scenario ha delle implicazioni. L'umanità ha di fronte a sé diversi futuri.

La questione politica diventa dunque una questione di giustizia e di equità per le generazioni future. “Tra 4 secoli noi non ci saremo, e questa è la buona notizia. Ma non lo è se abbiamo un'idea di futuro” conclude Caserini, sulle note di Michelle Petrucciani.

Il clima è (già) cambiato è il titolo di un libro che Stefano Caserini ha scritto nel 2016. Il sottotitolo è ottimista: 10 buone notizie. Ma nella riedizione di quest'anno, come un inesorabile conto alla rovescia, le buone notizie si sono ridotte, a 9.

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