Periodicamente dobbiamo digerire che qualcuno che riteniamo immortale, uno scrittore di talento per esempio, muoia. Per fortuna rimangono le sue opere: ancora leggiamo e rileggiamo i romanzi “gialli” di Fruttero&Lucentini (mancati rispettivamente nel 2012 e, suicida, Lucentini, nel 2002), e così continueremo a fare con l’opera magna di Andrea Camilleri.
Anche per il maestro di Porto Empedocle varrebbe la pena usare le virgolette nel classificare “gialli” i suoi romanzi, non perché non lo siano, ma perché, come quelli dei famosi curatori di Urania (e non solo), sono ben di più.
Camilleri ha esordito nella scrittura nel 1978 per un editore a pagamento (fu un insuccesso), per poi pubblicare il primo romanzo con quello che diventerà il suo principale editore, Sellerio, nel 1984, facendo la fortuna della casa editrice oggi identificata come “quella che pubblica Camilleri” (anche se, a dire il vero, tra i suoi giallisti figurano nomi come Robecchi, Manzini, Piazzese), ma scoprirà la fortunata vena narrativa solo nel 1994 con La forma dell’acqua, il primo romanzo della “serie” che ha come protagonista il commissario Montalbano di Vigàta (da cui è stato tratto anche un fortunato sceneggiato televisivo con Luca Zingaretti).
Dal 1994 a oggi, tra raccolte di racconti, romanzi e brani in antologie sono 40 le opere di questo filone: l’ultima è in classifica in questi giorni, Il cuoco dell’Alcyon, una spy story in cui Montalbano è allontanato e costretto alle ferie e la sua squadra smantellata nel tentativo di “farlo fuori”. Non è stato un processo programmatico, quello che ha portato alla nascita di Salvo Montalbano, il cui nome è un esplicito omaggio allo scrittore spagnolo Manuel Vàzquez Montalbàn, ideatore a sua volta dell’investigatore Pepe Carvahlo, ma un accostarsi piano piano ad un personaggio che gli continuava a tornare alla mente. In una recente intervista televisiva, alla domanda “quali sono i suoi prossimi progetti” ha risposto infatti: “Io non faccio progetti, io scrivo”.
“ Io non faccio progetti, io scrivo Andrea Camilleri
Ecco, Andrea Camilleri è stato uno scrittore, di quelli che sanno narrare storie, ma che al contempo producono letteratura. Gli dobbiamo riconoscere, sopra ogni altra cosa, il talento di aver creato una lingua: un pastiche che mescola italiano e siciliano riuscendo in un’operazione miracolosa, cioè di farsi comprendere lusingando l’orecchio con un suono familiare a chi conosce il siciliano, e insieme esotico per chi è nato altrove. Si favoleggia che fu suo padre, sul letto di morte in ospedale, a suggerirgli di scrivere in siciliano: Camilleri gli aveva appena raccontato, in dialetto, la storia che aveva in mente e che non gli riusciva di mettere giù in italiano. Diede retta al padre, e quel racconto orale divenne un romanzo pubblicato poi da Sellerio con il titolo de Il corso delle cose nel 1998.
Nel frattempo aveva già cominciato a raccontare ai suoi lettori le storie di Montalbano e non solo: sono circa un’ottantina le opere, tra racconti, romanzi e saggi, che ha dato alle stampe tra il 1978 e oggi, oltre a quelle di Montalbano, e che portano il lettore in altre vicende, altri tempi, altri orizzonti.
Un esempio di questo riuscito “vigatese” (Vigàta è il nome di fantasia per Porto Empedocle)? L’incipit di La forma dell’acqua: “Lume d'alba non filtrava nel cortiglio della Splendor, la società che aveva in appalto la nettezza urbana di Vigàta, una nuvolaglia bassa e densa cummigliava completamente il cielo come se fosse stato tirato un telone grigio da cornicione a cornicione, foglia non si cataminava, il vento di scirocco tardava ad arrisbigliarsi dal suo sonno piombigno, già si faticava a scangiare parole”.
“ [...] una nuvolaglia bassa e densa cummigliava completamente il cielo come se fosse stato tirato un telone grigio da cornicione a cornicione, foglia non si cataminava, il vento di scirocco tardava ad arrisbigliarsi dal suo sonno piombigno Andrea Camilleri, La forma dell'acqua
Probabilmente lo scrittore è giunto a questa personalissima resa del mondo grazie al suo amore per le opere di Carlo Goldoni, Ruzzante, Belli e Porta e la ha nel tempo affinata, traducendola nella sua terra e nella sua lingua, per la quale un sano amor patrio in lui non muore mai: “Il bello della Sicilia è la scoperta quotidiana di siciliani sempre diversi. Chiudere il siciliano in un ruolo di tanghero scostante è un errore grosso. Certo che esiste un siciliano di questo tipo ma c'è anche il sangue di tredici dominazioni” o ancora: “Lo scirocco [vento che "avvolge" la Sicilia] è uno dei momenti più belli che possano essere concessi all'uomo, in quanto l'incapacità di movimento in quei giorni ti porta a stare immobile a contemplare una pietra per tre ore, prima che arrivi un venticello. Lo scirocco ti dà questa possibilità di contemplazione, di ragionare sopra alle cose, anche se è un po' difficile, in quelle circostanze, sviluppare il pensiero che è un po' ammataffato, colloso, come la pasta quando scuoce”.
Camilleri è stato anche un personaggio pubblico, nonostante l’età (cominciò a diventar famoso a quasi settant’anni e altre ventitré primavere lo hanno visto all’opera) e nonostante spesso gli scrittori rifuggano l’esposizione mediatica (anche se sempre di meno): di lui ci restano parecchie interviste televisive, pagine web, raccolte di citazioni, il suo pensiero politico, ma quello che non morirà mai è la sua opera, per la quale, già nel 2006 aveva previsto la fine “temendo l’Alzheimer” consegnandola a Sellerio. Un’ultima avventura del commissario Montalbano quindi ci aspetta in libreria, e poi la voglia di rileggere.