SOCIETÀ
Čaputová, la neopresidente della Slovacchia: aria di cambiamento nel Gruppo di Visegrád?
Foto: Reuters/David W Cerny
15 marzo 1991: i governanti della Polonia, dell'Ungheria e della Cecoslovacchia (poi divisa in Repubblica Ceca e Slovacchia) firmano l'alleanza di Visegrád, nata dopo il crollo dell'Unione Sovietica per permettere a questi nascenti paesi di prosperare dal punto di vista militare, culturale ed economico e di promuovere l'integrazione unitaria nell'Unione europea che è avvenuta ufficialmente nel 2004. Il Gruppo di Visegrád è diventato in questi giorni protagonista del discorso politico europeo, grazie all'elezione del nuovo presidente della Slovacchia, Zuzana Čaputová, prima donna del paese a ricoprire questo ruolo. Avvocato, liberale, a favore dell'Unione europea e con un programma che si distacca dal resto dei presidenti del gruppo di Visegrád: perché i riflettori europei sono puntati su questa nuova elezione? Il motivo sta nel fatto che questo evento mette in discussione le politiche anti-europeiste che negli ultimi anni hanno contraddistinto i governi dei quattro paesi.
Partendo dall'inizio, la particolarità di questa area dell'est Europa è la condivisione di buona parte della storia del Novecento, partendo dalla dominazione dell'Impero austro-ungarico fino all'entrata nell'Unione europea, passando per l'occupazione nazista (Polonia e Cecoslovacchia) e la dominazione sovietica dopo la Seconda guerra mondiale.
L'obiettivo generale alla firma dell'accordo era quello di affrontare la sfida post-comunista, in una visione europeista a lungo termine, ponendo enfasi su quattro punti principali:
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il desiderio di eliminare i resti del blocco comunista;
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il superamento delle ostilità storiche tra i membri;
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la collaborazione per aderire al progetto di integrazione europea;
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la vicinanza delle idee politiche.
“Il gruppo di Visegrád, per entrare nell’Unione Europea, ha dovuto accettare i criteri di Copenaghen come il libero mercato e la garanzia di istituzioni stabili. La questione principale, tuttavia – spiega il prof. Antonio Varsori, docente di Storia delle relazioni internazionali all'università di Padova -, è se le leadership e i cittadini di questi 4 paesi abbiano effettivamente accettato ciò che c’è di implicito nell’adesione all’UE: questo non è avvenuto. Il punto fondamentale è che, rispetto ai paesi fondatori, il gruppo ha una storia complessa e completamente diversa. Per 50 anni il comunismo è stato presente nella storia di questi paesi, anche se la sua natura fu internazionale. Quando la dominazione sovietica cadde e si costituì il gruppo di Visegrád, ciò che rimase fu una forte sensazione nazionalista: la loro visione dell’Unione europea non è negativa ma semplicemente diversa rispetto ai paesi fondatori”.
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L'ultimo punto dei principi del Gruppo, in particolare, è quello che ha portato a considerare negli ultimi tempi il Gruppo di Visegrád come simbolo delle posizioni contro l'Unione europea e il tema dell'immigrazione. “Quando il gruppo chiese di entrare nell’Unione nel 2004, - continua il prof. Varsori - la loro posizione era sicuramente di svantaggio. Sono passati 15 anni, non sono pochi: sono cresciuti a livello economico e ora il loro condizione è decisamente migliorata e rappresentano una voce importante e decisiva all’interno dell’UE”.
L'elezione di Zuzana Čaputová può portare a una nuova era del Gruppo di Visegrád: “Non ci dobbiamo stupire più di tanto della vittoria di Čaputová. La Slovacchia sta affrontando una crisi politica dovuta alle recenti indagini per corruzione e la neopresidente ha fatto della lotta a questo problema il simbolo della propria campagna”.
I wish to thank everyone for their support and good wishes! I now look forward to serving my country 🇸🇰 - reinforce trust in justice ⚖️ and the #RuleofLaw, protect #liberal #democratic values, & work towards a successful Slovakia in a strong, united and #green Europe. 🇸🇰🇪🇺
— Zuzana Čaputová (@ZuzanaCaputova) 1 aprile 2019
La neopresidente, infatti, ha deciso di candidarsi alle elezioni dopo l'assassinio del giornalista Jan Kuciak e della sua compagna, avvenuto nel febbraio 2018. Il reporter stava lavorando a un'inchiesta sui legami tra la politica slovacca e le organizzazioni criminali, in particolare con imprenditori italiani e 'Ndrangheta: dopo la sua morte, in tutto il paese si sono accese numerose proteste di massa che hanno portato alle dimissioni dell'ex presidente Robert Fico.
A un anno e oltre dall'omicidio, l'11 aprile 2019, dopo 5 ore di interrogatorio, l'ex soldato slovacco Miroslav Marcek confessa l'omicidio, inizialmente considerato l'autista che scortò l'assassino all'abitazione di Kuciak. Sono state indagate in tutto 5 persone, compreso l'imprenditore Marian Kocner, considerato il mandante, che fino a oggi si dichiara innocente.
Neither investigative reporter #JanKuciak nor his fiancée Martina Kusnirova, noticed they were being watched or had any idea they were being targeted. Over a year ago, both were shot and killed in their new home. This is how it happened. #justice4jan https://t.co/IfneJJAyJG
— OCCRP (@OCCRP) 8 aprile 2019