SOCIETÀ

Cina, da culla del contagio a modello vincente: la metamorfosi comunicativa

Sono bastati tre mesi alla Cina per ribaltare la percezione globale della sua immagine: un paese che da untore, da culla del contagio, si è trasformato in esempio virtuoso da seguire, simbolo dell’efficienza, della rinascita, della pagina voltata, della battaglia vinta. Non più il paese da dove è partita la diffusione del Covid-19, che sta falcidiando popolazioni (ed economie) in ogni angolo del mondo, ma quello che per primo l’ha sconfitto. Il primo a riaprire (parzialmente) alcune città, il primo a diffondere video di stazioni ferroviarie di nuovo piene di gente (con mascherina) dopo mesi di quarantena. Il primo a dispensare consigli e a inviare aiuti concreti ai paesi (Italia in testa) che più si trovano in difficoltà e che tanto hanno bisogno di sperare in un domani meno drammatico. Merito del presidente Xi Jinping, che ha già capito da tempo l’enormità della posta in gioco, fin da quando ha taciuto al mondo (finché ha potuto) l’esistenza del virus e il suo diffondersi. Perché chi ripartirà per primo, chi riuscirà davvero a mettersi alle spalle l’incubo del coronavirus e a riaprire le fabbriche, avrà un vantaggio incolmabile rispetto a tutto il resto del mondo. E ora tutti i principali competitor della Cina, comprese le superpotenze, a partire dagli Stati Uniti, sono in ginocchio. L’India ha un miliardo di cittadini in quarantena. Dalla Russia poco filtra, se non generici blocchi imposti da Putin. Mentre l’Europa è tutto fuorché un’Unione, dilaniata dagli egoismi e corrosa al suo interno dai sovranismi: e nessuno stato europeo, da solo, può minimamente immaginare di competere con i pesi massimi. 

Le menzogne della Cina sulle vittime di Covid-19

Ma davvero l’emergenza Covid-19 è finita a Wuhan? Sembra proprio di no. Finora il coronavirus in Cina ha provocato ufficialmente 3.304 morti con 81.740 contagi. «Che la Cina abbia mentito sui numeri di questa pandemia sembrano esserci ormai pochi dubbi», scrive il Sole 24 Ore. «Quando la polmonite di Wuhan ha contagiato l’Occidente, i dati sui contagi e sulle vittime sono sembrati immediatamente difformi da quelli cinesi. Ci sono poi dei numeri che indicherebbero, addirittura, che il Covid-19 possa aver ucciso molte persone anche negli ultimi mesi del 2019, quando la Cina non aveva ancora annunciato l’emergenza sanitaria».

Eppure Xi Jinping, appena lo scorso gennaio, era al centro delle più feroci critiche, per la sordina che la dittatura aveva imposto alla diffusione delle notizie sul virus e per la repressione subita da chi aveva avuto il coraggio(medici e giornalisti soprattutto) di denunciare pubblicamente cosa stava accadendo. Tutto dimenticato: oggi Pechino ha ribaltato la sua immagine, raccontando la lotta eroica del popolo cinese che, unito come mai, è riuscito a combattere e a vincere la battaglia. E che ora si prodiga per aiutare, consigliare, sostenere i paesi che sono più in difficoltà, con l’invio di personale sanitario altamente specializzato e fornitura (a pagamento?) di materiale sanitario, dai respiratori alle mascherine. «L’Italia potrà uscire dalla fase acuta della pandemia grazie all’aiuto della Cina», ha scritto con enfasi il Global Times, tabloid cinese in lingua inglese, che ha anche rilanciato sul suo account Twitter un’intervista al viceministro alla Salute italiano, Pierpaolo Sileri, del Movimento 5 Stelle.

Diplomazia e Robot

Un restyling d’immagine rapidissimo e brillante, anche se per l’operazione sono stati utilizzati metodi poco ortodossi. La testata online Formiche.net ha pubblicato pochi giorni fa i risultati di una ricerca commissionata alla società Alkemy sull’utilizzo dei social network nell’enfatizzare il ruolo positivo della Cina. Ebbene, praticamente la metà dei post su Twitter pubblicati tra l’11 e il 23 marzo con l’hashtag #forzaCinaeItalia (per la precisione il 46,3%) è risultato opera di bot, vale a dire di account automatizzati. Anche il 37,1% dei post che contenevano l’hashtag #grazieCina sono stati certamente realizzati da robot. «Centrale in questa campagna risulta essere l’account ufficiale dell’ambasciata cinese in Italia», scrive ancora Formiche. Una chiara operazione di propaganda, pianificata dalla diplomazia cinese in parallelo con l’intensificarsi dei rapporti commerciali bilaterali, con l’Italia certo, ma soprattutto con gli Stati Uniti, culminati nella telefonata tra Xi Jinping e Trump, che nonostante le reciproche accuse e le teorie complottiste sembrano aver trovato un punto di sintesi: «La Cina ha condiviso le informazioni sul coronavirus in modo aperto, trasparente e responsabile», ha fatto sapere Xi attraverso l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua, che ha anche annunciato la prossima pubblicazione del discorso del presidente sul controllo dell’epidemia nell’Hubei. 

La vera Cina: rivolte interne e frontiere chiuse

Ma dietro le quinte della propaganda c’è altro, che stona con l’immagine del paese “vincitore” nella lotta al coronavirus e già tornato alla piena efficienza produttiva. C’è ad esempio la chiusura(decisa la scorsa settimana) delle frontiereagli stranieri (anche in possesso di visto) e la drastica riduzione dei voliproprio “per fare fronte al rischio di nuovi casi di contagio importati da altri Paesi”. Dunque nel timore di nuove ondate di contagio da Covid-19. Sono esentati dalla misura“ i diplomatici e i cittadini stranieri che vengono in Cina per attività economiche, commerciali, scientifiche e tecnologiche o per necessità umanitarie”, come ha spiegato il ministero degli Affari esteri cinese. Le restrizioni resteranno in vigore “in funzione della situazione epidemica”, vale a dire fino a nuovo ordine. Ma ci sono anche le notizie sugli scontri tra cittadini e poliziaproprio nella regione dell’Hubei, dove migliaia di manifestanti, esasperati dal protrarsi degli oltre due mesi di quarantena, hanno assaltato le forze di polizia, ribaltando diverse auto.  Video e immagini dei disordini sono state pubblicate sul web da vari siti di notizie online. E Bloomberg riporta le “preoccupazioni” dei dirigenti del Partito comunista per i disordini conseguenti dell'epidemia: «La Cina spende di più per la sicurezza interna che per la difesa nazionale, fornendo al partito ampi strumenti per reprimere i dissidenti politici», mentre «a volte i funzionari locali hanno lottato per contenere esplosioni di rabbia per l’approvvigionamento di generi alimentari o per controversie di lavoro». 

La scommessa finale: 28 miliardi di dollari sul 5G

Episodi che comunque non fermeranno le mire espansive di Xi Jinping: la pandemia, anche se non del tutto debellata, può essere, deve essere un’opportunità per Pechino. A partire dal 5G, la tecnologia wireless di ultima generazione (la quinta, appunto), che potrebbe rivoluzionare per tempi e performance, oltre che per concetto, le prestazioni dei telefoni cellulari e l’interconnessione dell’internet of things, della domotica, delle auto connesse, delle Smart City. La Cina sulle telecomunicazioni ha già il primato mondiale e vuole consolidare a tutti i costi questo vantaggio. E proprio per compensare da un lato l’impatto del coronavirus sull’economia, e dall’altro accelerare la ripresa economica interna, le quattro principali società cinesi di telefonia(China Mobile, China Unicom, China Telecom e China Tower) hanno deciso di stanziare circa 28 miliardi di dollari per il solo 2020per “implementare progetti di nuove infrastrutture”. A tavoletta sull’acceleratore, a qualsiasi costo. E, soprattutto, prima di qualsiasi altro. 

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