CULTURA

Il colibrì, intervista a Sandro Veronesi

Sandro Veronesi ci ha abituati a grandi romanzi. Il narratore, che ha raggiunto il grande pubblico con Caos calmo (con cui vinse lo Strega nel 2006 e che fu anche un film con Nanni Moretti), è appena tornato in libreria con Il colibrì (La Nave di Teseo), un romanzo ardito per forme e contenuti in cui lo scrittore mette sulla carta il dolore della vita, ma, di contro, anche i momenti in cui “uscir di pena è diletto fra noi”. Attraverso la figura di Marco Carrera, chiamato dalla madre “il colibrì” perché fino ai quindici anni non cresceva come i suoi coetanei, ma che in realtà un colibrì lo ricorda perché sa tenersi a mezz’aria – volare stando fermo –, l’autore rappresenta i conflitti della vita di ciascuno, e fa di questo suo protagonista e del suo navigare a vista una sorta di unicum.

Ma cos’è cambiato in Veronesi tra Caos calmo e Il colibrì?

Lo abbiamo sentito al telefono e ci ha risposto così: “Innanzitutto ho chiuso i conti con Pietro Paladini, il protagonista di Caos calmo, scrivendo Terre rare, che ne è una specie di seguito, nel quale volevo smascherarlo, perché Pietro Paladini era stato scambiato per un eroe, sebbene nel romanzo certe caratteristiche infelici di lui non le avessi certo nascoste, ma i lettori non ci hanno creduto: hanno creduto che fosse un santo. Allora ho scritto un altro romanzo, ambientato dieci anni dopo, nel quale ho fatto emergere proprio quegli aspetti. Non è che volessi colpevolizzarlo: però ho chiuso il conto che era rimasto aperto, non tanto narrativamente – quando un romanzo è finito è finito – ma proprio nella percezione. Il libro aveva avuto molto successo e Pietro Paladini era diventato una specie di archetipo, e io non ero d'accordo con quest'immaginario: allora lo ho ri-raccontato. Però Terre rare non ha avuto lo stesso successo di Caos calmo e quindi molte persone non lo sanno".


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E poi continua: "A questo punto ho preso in mano un personaggio tutto diverso, con tutta una diversa impostazione, una figura sulla quale potessi lavorare, per esempio, da un punto di vista generazionale sfruttando il mio punto di vista: l'ho scelto della mia stessa età, e quindi certe vicende che vengono attraversate durante il romanzo sono viste attraverso i suoi occhi grazie al fatto che sono gli stessi occhi che avevo io a quel tempo. C’è differenza tra avere 13 anni o avere 14 anni nell'anno dell'austerity. Quando hai 14 anni e ti hanno comprato la Vespa, lo senti proprio sul tuo corpo quest’impedimento improvviso che la tua civiltà – che sembrava onnipotente – ti infligge, perché non c’è più benzina non si può più circolare. Ma se ne hai 13, invece, non hai ancora un mezzo tuo, e quella limitazione la senti meno. Quindi ho scelto un personaggio con la mia stessa età proprio per potergli poi dare invece tutte le altre caratteristiche diverse da me, ma far sì che il suo sguardo fosse realistico. Il cambiamento tra i miei romanzi precedenti e Il colibrì è stato nel punto di partenza: avevo tutt’altro da raccontare. In Caos calmo cercavo di raccontare una “bolla” nella quale il personaggio si rifugia “approfittando” della propria figlia per non soffrire. Non solo per non soffrire della morte della moglie, che è di per sé una tragedia, ma nemmeno del senso di colpa per avere “sbagliato sorella”. Immagino che un uomo che sposi una donna senza amarla – e poi questa muoia tragicamente – si senta anche in colpa, oltre a soffrire. Per non sentire né l'una emozione né l'altra, Paladini trova rifugio nella “bolla” in cui vive la sua bambina, che sta aspettando lui per capire come reagire a questa morte terribile e quindi è ferma. Però non è ferma come “il colibrì”: è ferma proprio. Il suo immaginario si è fermato di fronte a un evento più grande di lei. Nel mio nuovo romanzo si fa tutt'altro: si va dentro il dolore per combatterla, la dittatura del lutto e del dolore. Perché certo non c'è infingimento possibile per eluderli".

Nel mio nuovo romanzo si va dentro il dolore per combatterla, la dittatura del lutto e del dolore Sandro Veronesi

Foto di Sandro Veronesi: Marco Delogu

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