SOCIETÀ

Colline del Prosecco patrimonio Unesco: da vino povero a marchio globale

In alto i calici: il Veneto e l'Italia brindano alle colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, provincia di Treviso, elette sito Unesco patrimonio dell'umanità.

Il verdetto arriva da Baku, Azerbaijan, dove si è riunita la quarantaseiesima sessione del World Heritage Commettee dell'Onu: nel pomeriggio di domenica 7 luglio i 21 Stati membri hanno votato la delibera all'unanimità. Giunge a compimento un viaggio iniziato dieci anni fa e che l'anno scorso si era fermato a un passo dal traguardo.

Le colline del Prosecco ricoprono un'area di 15 comuni e si estendono, da est a ovest, da Vittorio Veneto a Valdobbiadene includendo a sud Conegliano, per quasi 19.000 ettari, distinti tra un'area centrale (core area) di 9700 ettari, e un'area definita cuscinetto (buffer zone) altrettanto grande. Come la grande muraglia cinese, le cascate dell'Iguazù tra Argentina e Brasile, Babilonia e il Kilimangiaro, sono ora tra i più importanti elementi ambientali, culturali e monumentali del mondo. Nel 1987 è stata la volta della laguna di Venezia, 10 anni dopo l'Orto Botanico di Padova e nel 2009 le Dolomiti. Le colline del Prosecco diventano l'ottavo sito veneto e il 55esimo italiano tutelato dall'Unesco.

A convincere il comitato dell'unicità paesaggistica sono state le cordonate collinari, che intervallano rilievi irti a piccole valli parallele tra loro; i ciglioni inerbiti, particolari terrazzamenti che danno sostegno ai vitigni, coltivati su terreni scoscesi e definiti per questo eroici. Il paesaggio agrario a mosaico, o a scacchiera, che ha avuto origine nel sistema mezzadrile medievale e che ancora oggi alterna appezzamenti a gestione famigliare e macchie di bosco. È del XIX secolo invece la tecnica della “bellussera”, un sistema di coltivazione che dispone le viti a raggiera grazie al sostegno di pali in legno collegati fra loro.

Colline del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene patrimonio dell'umanità. YouTube - ProseccoSuperiore

Unanime l'encomio dei rappresentanti delle istituzioni italiane. Il governatore del Veneto Luca Zaia ha ringraziato i cittadini dei territori del Prosecco, e i loro avi, eroici come i vigneti, “perché hanno strappato dai rovi queste colline e hanno disegnato un paesaggio che oggi è patrimonio dell'umanità”. Esulta anche il ministro dell'ambiente Sergio Costa, conscio della sfida, ambientale ed economica, che il riconoscimento dell'Unesco comporta: "Adesso che le luci del mondo si sono accese su questa zona, e che tutto il mondo ci guarda e ci guarderà nei prossimi anni, è fondamentale che tutti gli attori istituzionali aumentino l’impegno per la tutela dell’ecosistema e della biodiversità trasformando questa zona in un esempio di sostenibilità libero dai pesticidi. Noi faremo la nostra parte". Il ministro degli esteri Enzo Moavero Milanesi sottolinea come sia stato “riconosciuto il valore universale di un paesaggio culturale e agricolo unico, scaturito da una straordinaria, sapiente interazione tra un'attività produttiva d'eccellenza e la natura di un territorio affascinante”.

Entusiasta anche Innocente Nardi, presidente dell’Associazione temporanea di scopo per la candidatura “Colline di Conegliano Valdobbiadene Patrimonio dell'Umanità” (dietro la quale c'era un comitato scientifico guidato da Mauro Agnoletti, docente di pianificazione del paesaggio rurale all’università di Firenze), nonché presidente del consorzio (con cui coincide l'area premiata dall'Unesco) a tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg. È questo il più antico, ma non il più grande, dei tre consorzi a tutela del Prosecco (gli altri due sono il Prosecco Doc e l'Asolo Prosecco Docg). A 50 anni dall'ottenimento del marchio Doc (era il 1969) e dopo 10 anni dalla certificazione della denominazione di origine controllata e garantita (Docg, ottenuta nel 2009), commentando il riconoscimento Unesco Nardi ha rimarcato l'importanza dell'interazione tra uomo e natura “che la nostra gente ha saputo far propria gestendo un territorio particolarmente aspro, particolarmente difficile per le pendenze accentuate” e per questo anche fragile.

Il momento della proclamazione a Baku, l'esultanza del ministro Centinaio e il discorso del governatore Zaia. YouTube - LaRepubblica

Nel corso del lungo percorso di candidatura, iniziato una decina d'anni fa, non sono però mancate le critiche da associazioni ambientaliste, come Legambiente ma non solo, preoccupate dalle conseguenze dell'eccessivo sfruttamento di suolo (tra cui il rischio idrogeologico), della viticoltura intensiva, e dell'uso di pesticidi e erbicidi (da gennaio 2019 le colline del Prosecco hanno scelto di bandire il glifosato).

Tra le ragioni della bocciatura dell'anno scorso, lo stesso Icomos, il consiglio internazionale dei monumenti e dei siti, organo consultivo dell'Unesco, sosteneva che le colline della pedemontana trevigiana non presentavano le caratteristiche di unicità necessarie a renderle patrimonio dell'umanità. Inoltre, erano state proprio le eccessive coltivazioni dei vigneti, argomentava l'Icomos, a compromettere il paesaggio originario. Era stata comunque sottolineata la bellezza del territorio e la capacità gestionale, pregi che il comitato promotore della candidatura ha continuato a valorizzare, fino al verdetto, ribaltato, di quest'anno, che non tutti hanno accolto con favore.

Tra questi lo scrittore veneziano Tiziano Scarpa, che lancia un monito: “il riconoscimento Unesco è il bacio della morte. Prelude a uno snaturamento mortifero dei luoghi e delle identità che fanno la differenza e che così si omologano al resto del mondo”. O Camillo Langone, che firma un pezzo su Il Foglio intitolato “Le colline del prosecco patrimonio Unesco sono una sciagura”.

Sempre dalle pagine de Il Foglio, il sommelier Alvise Franceschin qualche anno fa spiegava come secondo lui il Prosecco avrebbe perso ormai da tempo la sua identità di vino. Stravolto, omologato al gusto delle masse, bevuto agli happy hour, miscelato negli Spritz: una bevanda globale, un progetto di marketing, come la Coca Cola. Il Prosecco dei nonni era molto diverso da quello che si beve oggi. Era un vino povero: “Torbido, frizzante naturale, acidulo e dal sapore intenso, molto spesso con fondo e con un retrogusto erbaceo" commentava Franceschin. La produzione di vini tradizionali come il verdiso è calata in concomitanza del successo del Prosecco. I tempi sono cambiati e anche il Pil locale: da attività di sussistenza, la produzione vinicola è tra i settori trainanti dell'economia dell'area.

L'Economia del Prosecco

Nonostante lo scetticismo di alcuni, il Prosecco già da qualche anno ha spiccato il volo. Nel 2014 è stato annunciato, per la prima volta, lo storico sorpasso allo Champagne nelle vendite all'estero: secondo i dati Istat rielaborati da Coldiretti il vino trevigiano quell'anno ha venduto oltre confine 320 milioni di bottiglie (+20% rispetto all'anno precedente), mentre lo spumante francese si è fermato a 307 milioni di bottiglie. In termini economici le esportazioni di Prosecco sono valse 246 millioni di dollari (+30% dall'anno precedente), contro i 231 dello Champagne. Nel 2014 sono state esportate in Francia 9,8 milioni di bottiglie di Prosecco, mentre al contrario abbiamo importato in Italia solo 5,8 milioni di bottiglie di Champagne.

Oggi l'economia del Prosecco vale quasi 2,5 miliardi di euro. In Italia si producono più di 464 milioni di bottiglie l'anno. È però meno del 20% il Prosecco Docg che viene prodotto sulla pedemontana trevigiana: circa 90 milioni di bottiglie, per un valore di 520 milioni di euro annui.

Secondo la Coldiretti, presieduta da Ettore Prandini, l’aumento record del 21% delle vendite sui mercati esteri nel 2019, dove il Prosecco è il vino made in Italy maggiormente esportato (gli inglesi sono quelli che ne consumano più di tutti), figura tra i fattori che hanno portato all’importante riconoscimento Unseco, che tuttavia rimane di carattere esclusivamente culturale. Non sarà possibile affiggere un apposito bollino sulle bottiglie, ma Nardi stima che l'iscrizione a sito patrimonio dell'umanità porterà a una crescita del valore del vino e a un aumento del turismo a ritmi del +20% all'anno. Oggi arrivano già circa 400.000 turisti all'anno, nel giro di 6 anni si sfiorerà il millione.

È anche per questo che sarà importante raccogliere le 14 raccomandazioni, rilasciate dal comitato del World Heritage, per il mantenimento dell’egida Unesco al sito. Occorrerà mitigare l'impatto ecologico della produzione, sviluppare un piano di sostenibilità a lungo termine per il paesaggio, elaborare un piano per il turismo, far ricorso ad energie rinnovabili e coinvolgere le comunità locali nella gestione del sito.

Tutti, dagli agricoltori ai ministri, passando per gli amministratori locali, sono consapevoli che questo dev'essere non il punto di arrivo, ma il punto di partenza di un lungo percorso, che gli studi scientifici potranno contribuire a monitorare.

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