Tracciamento, distanziamento sociale, terapie intensive: le parole che quotidianamente ci accompagnano da marzo, sono queste. Queste stesse parole però le sentiamo, le diciamo, le vediamo anche e soprattutto perché viviamo in un luogo che si può permettere di affrontare la pandemia, indubbiamente con difficoltà, ma con mezzi e risorse appropriate. Pandemia, il nome stesso lo dice che riguarda tutti a livello globale e questo significa anche che non riusciremo a debellarla se qualcuno verrà lasciato indietro. Un incontro al Festival della Salute Globale di Padova ha affrontato proprio questo argomento. L’evento, che si è tenuto online, ha visto la partecipazione di Seth Berkley, direttore esecutivo di Gavi, Peter Sands, direttore esecutivo del Global Found e della viceministra agli Affari Esteri ed alla Cooperazione Internazionale Emanuela Del Re.
“ La sfida più grande è sempre stata quella di creare dei sistemi sanitari resilienti
La corsa al vaccino sta per giungere al suo primo ed importante step. Una corsa che tutti gli Stati stanno facendo, cercando di arrivare nel gruppo di testa, cioè quel gruppo in cui l’ipotetico vaccino potrà essere distribuito. Per fare in modo che i paesi più ricchi non occupino però tutti i posti di questa gara, esistono delle organizzazioni che puntano su una diffusione equa e globale delle cure. Oltre a Gavi e Global Found, la pandemia da Covid-19 ha fatto in modo che nascesse anche ACT accelerator, cioè per l’appunto una collaborazione globale per accelerare lo sviluppo, la produzione e l'accesso equo a nuovi sistemi diagnostici, terapeutici ed vaccini COVID-19.
Per capire cosa fanno in concreto queste cooperazioni, basta leggere i dati di Gavi. 822 milioni di bambini sono stati vaccinati grazie a Gavi, un traguardo annunciato dallo stesso direttore esecutivo Seth Berkley nell’incontro al Festival della Salute Globale. “L’esperienza di Gavi - ha dichiarato Berkley - ha fatto aumentare in modo esponenziale le vaccinazioni, introducendo anche 497 nuovi vaccini nei paesi più poveri. La sfida più grande è sempre stata quella di creare dei sistemi sanitari resilienti per garantire la distribuzione di questi vaccini. Ora molti degli sforzi di Gavi, che non ha tralasciato di certo la cura di Hiv, tubercolosi e malaria, si sono dirottati sulla pandemia e stiamo lavorando molto nell’Act accelerator per accelerare appunto l’accesso equo ai vaccini per le persone che si trovano nei paesi più poveri”.
“ L'accesso alle cure è fondamentale, non si può lasciare indietro nessuno Peter Sands
“L’Italia in tutto ciò ha avuto un ruolo fondamentale - ha continuato Seth Berkley -. Speriamo ora di vedere una diffusione equa del vaccino, quando questo arriverà. Poi dobbiamo essere consapevoli che non è e non può essere solo una questione di vaccini, perché è importante portare in questi paesi anche la diagnostica. Tutti puntiamo sul vaccino perché sappiamo che è uno degli strumenti migliori per portare a termine una pandemia. Questo inoltre è un periodo molto importante perché, data la situazione, il rischio che i paesi più ricchi non rendano disponibili i vaccini per tutti, essendo anche loro sono nella stessa situazione, c’è, ma appunto per fare in modo che possa venire diffuso globalmente in modo equo esiste la struttura CoVax, in cui al momento stanno lavorando assieme 176 paesi diversi per accertarsi proprio che i vaccini possano essere distribuiti in modo equo.”
COVAX quindi è uno dei tre pilastri dell'acceleratore Access to COVID-19 Tools (ACT), lanciato lo scorso aprile dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), dalla Commissione europea e dalla Francia in risposta a questa pandemia. L’obiettivo era quello di riunire governi, organizzazioni sanitarie globali, produttori, scienziati, settore privato, società civile e filantropia, cercando di fornire un accesso innovativo ed equo alla diagnostica, ai trattamenti e ai vaccini COVID-19. Il perno principale del progetto CoVax è proprio quest’ultimo, che non può che essere l’unica soluzione globale a questa pandemia.
A tal proposito Peter Sands, direttore esecutivo del Global found, ha dichiarato: “Il fondo globale ha fatto moltissimo in questi anni. Per combattere una malattia infettiva c’è bisogno di vaccini, terapie e diagnosi. Dove ci sono i vaccini c’è proprio Gavi a trainare a sua volta le attività a livello globale, quando invece i vaccini non ci sono ma si punta su diagnostica e sulla terapia è il Global Found che fa da pioniere. Quando si affronta una nuova sfida come il Covid dobbiamo collaborare tutti assieme contemporaneamente. Il Covid-19 ha posto due domande: come fermiamo la pandemia evitando che questo distrugga tutto ciò che abbiamo fatto fino ad ora per le altre pandemie? Come utilizziamo tutto ciò che abbiamo imparato nella lotta alla tubercolosi, all’Hiv ed alla malaria per rendere più efficace l’azione contro il Covid-19? Su questo abbiamo lavorato molto, investendo anche 800milioni di dollari, cercando di arrivare ad una risposta a queste domande. La grande lezione che abbiamo appreso nelle altre pandemie è che l’accesso è fondamentale, non si può lasciare nessuno indietro".
"Ora è molto difficile capire cosa sta accadendo nei paesi a basso reddito - ha continuato Peter Sands -. 300 test in Italia significano magari 30 in Africa, ma stiamo lavorando sui test anche quelli basati sull’antigene, cioè quindi quelli rapidi. Dobbiamo aumentare di molto la diffusione dei test nei paesi a basso e medio reddito, per capire il target su chi mirare le nuove cure o i vaccini. In questo momento non si tratta di un unica pallottola d’argento, abbiamo bisogno di vaccini, test per fare diagnostica e tracciamento per combattere la pandemia. Nei mesi di marzo, aprile, maggio e giugno i test non bastavano per tutto il mondo. In questo momento la fornitura c’è e ora il problema non è più la quantità dei test prodotti quanto l’importo, il denaro che serve ad acquistarli per quanto riguarda i paesi a basso medio reddito. Per i test veloci parliamo di 5 dollari, magari il prossimo anno sarà 3 o meno ma abbiamo bisogno di più denaro per garantire un accesso equo”.
L’Italia come abbiamo capito è in prima fila nell’ACT Accelerator. A tal proposito la Viceministra agli Affari Esteri ed alla Cooperazione Internazionale Emanuela Del Re ha dichiarato: ”L’Italia si è specializzata nel lavorare con il Global Plan per un accordo di cooperazione tecnica che deve coinvolgere anche tecnici italiani. Ci aspettiamo di contribuire attivamente per la fine della pandemia anche nei paesi a basso-medio reddito. Abbiamo grande fiducia per la ricerca sui vaccini ma dobbiamo anche accertarci che una volta trovati i vaccini questi devono essere dati in modo equo tutto il mondo. Questa pandemia dev’essere anche un’opportunità. Nel 2021 ci sarà la presidenza italiana del G20 e la salute globale sarà una delle nostre priorità. L’Italia ha ben chiaro cosa significa essere ospite al G20 e la presidenza ci fa assumere ulteriori impegni nei confronti delle persone. I nostro impegno riguarderà anche i gruppi più vulnerabili per dare loro accesso alle opportunità che usciranno. Se consideriamo che l’Europa sta cooperando ed anche a livello globale con l’oms siamo tutti in prima linea contro questo virus. La cooperazione è forte e l’imperativo dell’Agenda 2030 è che nessuno dev’essere lasciato indietro. Questo dev’essere un principio pervasivo e fondante. Tutti siamo interconnessi ed abbiamo capito che anche quello che viene percepito come un paese distante migliaia di chilometri ha un effetto su di noi. Tutto il mondo sta gestendo la stessa pandemia e quello che ognuno di noi sta facendo ha un effetto globale e questo è il cambiamento principale nella narrazione”.
L’Italia è stata tra i primi paesi a lanciare l’idea di una distribuzione equa del vaccino a livello globale. Dobbiamo essere collaborativi e questo è uno degli obiettivi cardine dei sustainable development goals. Questo periodo storico inoltre sta facendo cambiare la narrazione. I paesi che una volta erano chiamati “terzo mondo” ora sono chiamati paesi partner. Un cambio, anche nelle parole, che non è indifferente e fa capire come sia fondamentale lo sforzo per creare una collaborazione globale.