SOCIETÀ

La crisi climatica si affaccia sui giornali, ma con poca chiarezza sulle cause

La crisi idrica, la mancanza di piogge per lunghi periodi, la tragedia accaduta con il distacco del seracco del ghiacciaio della Marmolada, e poi l’ottobre più caldo che l’Europa abbia mai registrato, il dramma delle alluvioni in Pakistan ed infine la Cop27 a Sharm el-Sheikh. Tutti temi che fanno intuire come le questioni climatiche siano oramai di importanza non solo cruciale, ma anche quotidiana. Ma è veramente così? La loro impellenza si è poi trasformata in una copertura mediatica adatta? Per rispondere a queste domande l’Osservatorio di Pavia, su indicazione di Greenpeace Italia, ha prodotto uno studio che ha analizzato la comunicazione dei media italiani sugli aspetti climatici.

Lo studio ha esaminato come, nel periodo fra maggio e agosto 2022, la crisi climatica è stata raccontata dai cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa), dai telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7 e da un campione di programmi televisivi di approfondimento.

Nel secondo quadrimestre dell’anno i principali quotidiani italiani hanno pubblicato in media tre articoli al giorno in cui si parla esplicitamente della crisi climatica (si va dai 2,5 articoli al giorno di Repubblica e La Stampa, ai 3,5 di Avvenire). Si tratta di un aumento significativo rispetto al primo quadrimestre, con un picco nel mese di luglio, dovuto soprattutto alle preoccupazioni per la siccità e per le ondate di calore che hanno colpito l’Italia, ma ancora distante dall’attenzione che meriterebbe l’emergenza ambientale più importante della nostra epoca.

L’analisi dell’Osservatorio di Pavia però non si ferma solamente ai giornali cartacei ma, come nella scorsa edizione, monitora anche telegiornali e trasmissioni televisive di approfondimento. Nel primo caso di crisi climatica si è parlato in circa il 2,5% delle notizie trasmesse con il TG1 a fare da capofila tra i telegiornali in cui il tema è stato più presente. Maglia nera invece per il TG La7 di Enrico Mentana, che ha trattato di cambiamenti climatici appena una volta a settimana.

Va un po’ meglio invece per quanto riguarda i programmi televisivi di approfondimento, in cui si è dato spazio alla crisi climatica in 104 delle 385 puntate monitorate nei quattro mesi dell’indagine. Un dato che segna un +21% rispetto al quadrimestre precedente.  La trasmissione da questo punto di vista più virtuosa è Unomattina di Rai1, mentre in fondo alla classifica si piazzano le due trasmissioni di La7 monitorate: L’Aria che tira e Otto e mezzo/In onda. 

“La maggiore attenzione mediatica osservata nel secondo quadrimestre dell’anno è un segnale positivo - ha dichiarato Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia -, ma purtroppo si deve in gran parte agli impatti ormai visibili che la crisi climatica ha sul fragile territorio italiano, in un crescendo di danni e vittime che risulta ancora più insopportabile al cospetto dell’inazione della politica. Si conferma inoltre un problema strutturale l’influenza che le aziende del gas e del petrolio esercitano sulla stampa italiana, pericolosamente dipendente da inserzioni pubblicitarie infarcite di greenwashing che inquinano l’informazione e impediscono all’opinione pubblica di conoscere la verità sull’emergenza climatica. Lo dimostra anche il fatto che le fonti fossili e le aziende del gas e del petrolio sono citate raramente tra le cause del riscaldamento globale, pur essendone i principali responsabili: nel racconto dei media, la crisi climatica resta in gran parte un delitto senza colpevoli”.

Proprio sul tema del greenwashing il rapporto fa un focus importante. I dati infatti confermano l’ampio spazio offerto dai giornali alle pubblicità dell’industria dei combustibili fossili e delle aziende dell’automotive, aeree e crocieristiche, tra i maggiori responsabili del riscaldamento del pianeta: sul Sole 24 Ore si contano quasi 5 pubblicità di queste aziende inquinanti a settimana, mentre la media su tutti i giornali è di oltre 3 pubblicità a settimana. 

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