CULTURA

Atelier d'artista: Antonio Panzuto

"Ho sempre sentito un forte desiderio di esprimermi, non per narcisismo ma per il bisogno di raccontare. Da bambino mi rifugiavo in cantina e lì restavo tutto il giorno: oggi questo spazio, che mi sono costruito, ha lo stesso sapore, è un rifugio. Nei momenti importanti della vita sto qui, perché questo è il luogo in cui la mia mente si apre". Scenografo, pittore, scultore con un passato nella scuola del circo francese di Annie Fratellini, Antonio Panzuto, protagonista del trentesimo episodio della serie dedicata agli atelier, è un artista con infiniti talenti, una personalità magnetica e avvolgente e una rara capacità di suscitare stupore, raccontando e condividendo la sua idea di arte. Ci accoglie con gioia nel suo atelier a Padova, una ex fabbrica organizzata su due piani con un primo livello più ampio, per lavorare su opere grandi e organizzare spettacoli per pochi fortunati, e il secondo più intimo, dove disegnare, progettare al computer o intervenire su un teatrino di posa che anticipa la meraviglia delle sue scenografie reali.

Da bambino mi rifugiavo in cantina e lì restavo tutto il giorno: oggi questo spazio, che mi sono costruito, ha lo stesso sapore, è un rifugio. Nei momenti importanti della vita sto qui, perché questo è il luogo in cui la mia mente si apre Antonio Panzuto

Servizio di Francesca Boccaletto e Massimo Pistore

"Ho elaborato un mio modo di lavorare sulla scenografia, quasi registico. Suggerisco alcune soluzioni, come vere e proprie messe in scena, perché nel mio teatrino di posa ci sono le luci e posso agire effettuando dei movimenti di scena". E sul percorso che lo conduce al risultato finale, aggiunge: "Fotografo gli attori veri durante le prove, per poi inserirli nel mio teatrino. Creo un set, una sorta di spazio cinematografico: questa proposta piace molto ai registi perché li pone davanti a quello che sarà lo spettacolo. In questo senso c'è una grande differenza tra scenografo e architetto: quest'ultimo progetta e costruisce una casa e difficilmente potrà scostarsi dal progetto, nel teatro e nel cinema invece entrano in gioco altri meccanismi, la luce, la musica, i costumi, e per questo motivo il progetto richiede elasticità, deve poter essere modificato, anche se, va detto, più si lavora sul modello più ci si avvicina. Il progetto è fondamentale, te lo potrebbe dire qualsiasi architetto. In teatro le cose cambiano completamente, vi è una grande libertà ed entra in gioco l'immaginazione". Quando il lavoro arriva a teatro non è finito, "il viaggio inizia in quel momento: lo lascio nelle mani dei tecnici, lo affido a loro e a chi porterà in giro lo spettacolo. Nella pittura, invece, il discorso cambia: quando dipingo sono molto critico, severo con me stesso", perché l'opera si conclude ed è quella che resta, "con la scenografia teatrale sono più morbido, perché l'elasticità è necessaria".

La passione di Panzuto per la scenografia ha origini lontane e personali, "perché, nelle rappresentazioni a teatro e al cinema, io ho ritrovato il mio modo di stare al mondo: non avevo mai avuto una identità precisa, pensavo di essere un pittore ma poi lavoravo con le marionette e le figure, in cantina avevo un baule pieno di oggetti che trasformavo continuamente. Ed è quello che ho qui, in questo atelier, oggi". Antonio Panzuto è il felice risultato di una esistenza ricca di esperienze, talenti e passioni: si laurea in Architettura a Venezia e, tra il 1982 e il 1984, frequenta a Parigi l’Ecole nationale du cirque diretta da Annie Fratellini, inseguendo il sogno di diventare un clown, poi riprende gli studi scenografici già avviati negli anni universitari e li approfondisce dimostrando di essere un fuoriclasse: oltre alla carriera di scenografo - amato, premiato, ricercato dai migliori registi del teatro italiano -, porta avanti la sua attività nel campo della pittura e della scultura. 

La passione per la scenografia è nata e cresciuta in me perché, nelle rappresentazioni a teatro e nel cinema, ho ritrovato il mio modo di stare al mondo Antonio Panzuto

"Ho trovato questo spazio dopo averlo cercato per molto tempo: un giorno, per caso, una agenzia mi ha portato qui e mi son detto 'è il posto giusto'. Era una vecchia fabbrica, distrutta, cadeva a pezzi, ma il volume era perfetto: qui posso alzare dei fondali, montare le scene, costruire e dipingere, ho persino organizzato un magazzino e ho uno spazio per le prove. Al piano superiore, che riscaldo d'inverno, posso progettare, scrivere, leggere. Ho tutto quello che mi serve, è costruito su misura e mi permette di fare quello che voglio: ovviamente fino a un certo punto - ride - non è lo studio di Kiefer che abbiamo visto nel film di Wim Wenders". Panzuto lavora con impegno e rigore, dedicandosi quotidianamente alla sua attività artistica: "Non mi capita mai di non aver niente da fare, alle otto e mezza di mattina e fino alle sette di sera sto qui, seguo regole precise: sono convinto che l'idea giusta non ti venga camminando per strada, l'idea ti viene se dedichi il tempo alle cose".

"Amo il palcoscenico, è un luogo affascinante e misterioso, come la nostra mente, l'immaginazione. Questo spazio, che mi sono costruito, è l'allungamento di un palcoscenico. Ho scelto di fare lo scenografo anche per entrare in relazione con le persone, perché ho scelto di non isolarmi nel mio studio. Amo Van Gogh, ho letto tutto su di lui, mi ha sempre colpito la sua bellezza ma, al tempo stesso, la sua tristezza, la difficoltà di relazionarsi con il mondo: ci stavo cascando anch'io, la vita mi aveva portato in quella direzione, stavo iniziando a isolarmi dal mondo, ma il teatro mi ha aiutato a trasformarmi, da pittore in scenografo. Il teatro crea relazioni".


Atelier d'artista

Una serie ideata e realizzata da Francesca Boccaletto e Massimo Pistore

Intervista di Francesca Boccaletto, riprese e montaggio di Massimo Pistore

Con la consulenza artistica di Giulia Granzotto


Tutti gli episodi della serie Atelier d'artista sono QUI

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