Darwin, Carson, Veronesi. Luca Novelli racconta i suoi "lampi di genio"
Un disegno tratto da "Umberto Veronesi e il nemico numero uno", nuovo libro della collana Lampi di genio di Luca Novelli (Editoriale Scienza)
“Scrivere e disegnare Umberto Veronesi è stato un privilegio e una grossa responsabilità. Ho subito amato il suo pensare positivo, il suo modo gentile ma deciso di affrontare e risolvere i problemi, in particolare il Grande Nemico. Mi ha colpito la sua scelta professionale. Quando, da giovane specializzando, avrebbe potuto scegliere strade più facili, ha scelto la più difficile, la più impervia. L’ha percorsa facendo cambiare l’approccio al cancro, trovando alleati, e promuovendo talenti e la ricerca, trasformandolo in un male affrontabile e curabile con più serenità”.
Questa storia inizia dall'infanzia e raggiunge gli anni della maturità, per rintracciare l'intera vita e ricordare i traguardi raggiunti da Umberto Veronesi, figura rivoluzionaria in campo oncologico, punto di riferimento a livello internazionale per la lotta ai tumori. In occasione della presentazione al Museo di Storia della Medicina di Padova (MUSME) del libro Umberto Veronesi e il nemico numero uno, ventinovesimo titolo della collana Lampi di genio di Editoriale Scienza, realizzato con la Fondazione Veronesi per il centenario della nascita del medico, chirurgo, scienziato, uomo di pace (28 novembre 1925-2025), abbiamo incontrato Luca Novelli, agronomo di formazione, scrittore, disegnatore, giornalista, autore di grande esperienza nel panorama editoriale per ragazzi e ragazze e promotore attento di una divulgazione scientifica e culturale di qualità. L'abbiamo intervistato, chiedendogli di fare un bilancio di (quasi) 25 anni di biografie di scienziati e scienziate, 29 titoli pubblicati e tradotti in 28 lingue del mondo. “Lampi di genio non è un’idea nata sotto la doccia. È frutto meditato di esperimenti ed esperienze precedenti, alcune fortunate, altre decapitate dalla selezione naturale. L’idea ha incontrato l’editore giusto al momento giusto. I Lampi sono cresciuti grazie a questa sinergia. Oggi i 29 titoli messi insieme sono una divertente enciclopedia storica delle scienze. Migliaia di notizie e più di 6000 disegnini. Non è poco. Mi fa sentire affine a Plinio il Vecchio e alla sua Storia Naturale”.
Negli anni, dal suo punto di vista, quanto è cambiato il mercato editoriale della divulgazione scientifica per ragazzi e ragazze?
“Mi fate sentire un veterano. In effetti, dell’editoria lo sono. Dal mio Viaggio al centro della cellula, manuale di biologia a fumetti, uscito nel lontano 1979, nella divulgazione per ragazzi è cambiato tutto, in quantità e in varietà, così tanto che avevo pensato di raccontarlo in un saggio. Quando ho cominciato c’erano solo libri generalisti e noiosetti. Oggi trattano allegramente la fisica quantistica, il bosone di Higgs e i plantoidi”.
Cosa chiedevano i giovani lettori quando lei ha iniziato la carriera e cosa si aspettano oggi, la richiesta di contenuti si è trasformata nel tempo?
“I miei primi titoli hanno ricevuto attenzione perché i ragazzi cercavano testi divertenti e liberatori, ben diversi da quelli scolastici. Sotto questo aspetto non mi sembra che la richiesta sia cambiata”.
Quali sono gli ingredienti necessari per “confezionare” un progetto di divulgazione scientifica e culturale di qualità?
“La parola confezionare mi inquieta un po’. Un libro non è un pacchetto regalo, anche se alcuni editori pensano che mettere insieme un bravo scrittore e un bravo illustratore sia sufficiente per produrre un buon libro. Magari il libro vende bene e con certi nomi il 'pacchetto' funziona, ma perché non sia una meteora di passaggio, occorre sempre un’idea forte, regia, motivazione, passione e un po’ di… orecchio”.
Ogni progetto ha un suo percorso o esiste una sorta di storia comune, uno schema/modello per tutti i suoi libri?
“Uno dei miei primi libri, Ecologia a fumetti, è nato dalla mia tesi di laurea sperimentale, che echeggiava Primavera silenziosa di Rachel Carson. La serie internazionale sui computer (Il mio primo libro sui computer, Mondadori, 1983) è nata da un richiesta dell’editore, cavalcando la marea montante dell’informatica degli anni Ottanta. La banda del DNA (Rizzoli) è nata come progetto televisivo di serie animata per la Rai. Anche la serie In viaggio con Darwin (Rizzoli) è nata come idea televisiva. Viceversa, Lampi di genio è nato come progetto squisitamente editoriale per Editoriale Scienza, nel 2001, e poi ha dato luogo a Lampi di genio in TV e ad altri titoli collaterali. In origine prevedeva solo sette personaggi. Non pensavo assolutamente che avrebbe raggiunto e superato i ventinove”.
Alcune copertine con i protagonisti della collana "Lampi di genio" (Editoriale Scienza)
Quanto dura la fase di ricerca e quanto quella di scrittura?
“Per un Lampo, dalla scelta del personaggio all’uscita del libro, passa anche un anno. Di lavoro vero e proprio almeno quattro o cinque mesi full time. Un mese per la ricerca di base, due mesi per scrittura e due mesi per il disegno, sempre accompagnati da un contemporaneo perfezionamento della ricerca, del testo e delle immagini. Consegno i libri già pre-impaginati in formato digitale con Wetransfer. Venticinque anni fa gli originali venivano spediti per posta, incollati su un cartoncino”.
Qual è il progetto a cui è maggiormente legato, quello che ancora oggi ritiene particolarmente significativo?
“Lampi di genio, naturalmente. Perché è un’idea e una collana che sta crescendo ancora. È pubblicata in tanti Paesi, è uscita nelle edicole, è presente come audiolibri in Italia e Germania, ha dato luogo a 20 puntate di una serie televisiva Rai. È copiata come titolo, e talvolta non solo come titolo. E continua a sorprendere anche me”.
Tra i personaggi della storia e della scienza raccontati fino a qui, a quale ritiene di assomigliare di più e perché?
“Al mio amico Charles Darwin. Perché è stato viaggiatore. Perché mi sono trovato bene nei suoi panni quando ho scritto In viaggio con Darwin e ho ripetuto il suo viaggio attorno a mondo. Perché l’evoluzione è un modo di pensare, crescere e lavorare. In realtà è solo un desiderio di somiglianza. Io non sono un gentiluomo di campagna. Sono infinitamente più pop e culturalmente molto disordinato”.
Ha un sogno nel cassetto, o meglio, c’è un progetto non realizzato che aspetta solo di nascere?
“Sognare non costa niente. Mi piacerebbe fare un altro viaggio di ricerca, come In viaggio con Darwin, questa volta in Africa o nel Borneo, alla ricerca dei nostri antenati. Oppure riportare i Lampi di genio in tv, questa volta con Hawking, Pitagora, Michelangelo, Dante, Marco Polo, Plinio il Vecchio, Fibonacci, Rachel Carson e Veronesi. Sarebbe una bella compagnia. A proposito, il prossimo Lampo sarà Steve Jobs”.
Infine, sente di avere delle responsabilità rispetto alla formazione del pensiero critico dei suoi lettori? Quale messaggio cerca di trasmettere alle giovani generazioni attraverso il suo lavoro?
“Un informatico spagnolo, che mi aveva letto da ragazzino, da adulto mi ha dedicato un suo saggio sull’intelligenza artificiale. Un simpatico studente, al Festival della Scienza, si è presentato dicendomi di aver scelto di studiare fisica grazie al mio Einstein e le macchine del tempo. Ci sono ex lettori che ritrovandomi su internet mi raccontano cosa fanno ora nella vita e mi invitano a bere un caffè a casa loro, a Francoforte o a Teheran. Questi segnali, oltre a essermi di conforto mi danno un motivo in più per essere attento e responsabile di quello che comunico. Ma aggiungo poco ai messaggi originali dei miei personaggi. Da Darwin a Veronesi sono messaggi non solo di scienza, ma anche di pace, di civiltà e rispetto della Natura”.