CULTURA

La facile ironia dell'arte

Ora, quando l’ironia sopraggiunge, mostra la via, non quella però per cui chi si immagina di avere il risultato giunge a possederlo, bensì l’altra su cui il risultato lo abbandona” 

Søren Kierkegaard. Sul concetto di ironia in riferimento costante a Socrate (1841).

Sono molto attuali le parole con cui il filosofo danese cercava di dare una definizione al concetto di ironia. In maniera inconsapevole il suo saggio preannunciò molta della ricerca artistica del Novecento.

Nell’uso più comune l’ironia corrisponde alla capacità dell’enunciatario di dissimulare il proprio pensiero tramite parole o frasi che significano il contrario di ciò che affermano e che utilizzano un tono umoristico e polemico che chiarisce le intenzioni reali.

Pensiamo a Ceçi n’est pas une pipe di René Magritte, dove l’immagine di una pipa si staglia su uno sfondo monocromo, seguita da una sconcertante didascalia in corsivo elegante che afferma: “Ceci n’est pas un pipe”, questa non è una pipa. L’intento del famoso pittore belga era quello di sottolineare la differenza tra l’oggetto reale e la sua rappresentazione, raggiungendo il risultato finale di fare ironia.

A partire dal mondo antico con la figura di Socrate, l’ironia si associa all’arte di fare domande, uno strumento unico che permette alle persone di avere uno sguardo lucido sulla realtà. Attraverso giochi, parodie e battute, l’ironia diventa una soluzione divertente ed intelligente per proteggere l’essere umano da tutto quello che lo spaventa e preoccupa.

Molto ironico, di per sé, è il titolo della bellissima mostra collettiva Facile ironia. L’ironia nell’arte italiana tra XX e XXI secolo, che richiama l’apparente semplicità del fenomeno, svelandone allo stesso tempo la complessità. Una contraddizione che diventa divertissement e invita i visitatori a porsi delle domande sulla natura del linguaggio e della comunicazione.

In occasione del 50esimo anniversario della fondazione della Galleria d’Arte Moderna di Bologna, il MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna presenta quest’esposizione collettiva, curata da Lorenzo Balbi e Caterina Molteni. Pensata per gli spazi della Sala delle Ciminiere, la mostra presenta più di cento opere e documenti d’archivio di oltre 70 artisti e attraversa un arco temporale di circa 70 anni, cercando di ripercorrere la storia dell’arte italiana attraverso il tema dell’ironia.

Bruno Munari e Piero Manzoni, Gino De Dominicis, Piero Gilardi e Michelangelo Pistoletto, Tomaso Binga e Mirella Bentivoglio e ancora Maurizio Cattelan, Paola Pivi e Francesco Vezzoli sono alcuni degli artisti che raccontano il paradosso, il gioco, la critica femminista, la mobilitazione politica, la critica alle istituzioni e il nonsenso nell’arte. Questi temi corrispondo alle sei sezioni in cui la mostra è suddivisa, accompagnando il visitatore in un percorso che ripercorre la storia dell’arte italiana dagli anni Cinquanta ad oggi, con alcuni precedenti rappresentati dal surrealismo e dalla metafisica.

Appena inizio il percorso di mostra, il visitatore viene accolto con Mozzarella in carrozza di Gino De Dominicis che traduce la ricetta campana in realtà, esternando il concetto di paradosso. Dopo 15 anni l’opera viene esposta nuovamente al pubblico, che rimane affascinato e divertito da una grande carrozza nera che trasporta al suo interno, sui sedili in pelle, una mozzarella vera e propria.

Questa macro area continua con le opere surrealiste di Giorgio De Cherico e quelle concettuali di Piero Manzoni, le sculture di Pino Pascali, di Francesco Vezzoli e di Paola Pivi per continuare con le installazioni di Maurizio Cattelan, Roberto Cuoghi e Lara Favaretto.

Il viaggio prosegue nella sezione forse più interessante, quella dedicata all’ironia come atto di critica femminista alla società patriarcale.

Qui, la storica installazione di Tomaso Binga, Carta da parato, mette in scena le pareti di un appartamento anni Settanta, con una carta da parati tinta di rosa, che stonano con l’azzurro dello spazio espositivo. La bicromia ironizza sulle consuete associazioni di colori: azzurro per il maschile e rosa per il femminile.

Di grande attualità è la sezione dedicata alla complessità del sistema artistico, ai suoi riti e alle sue ingiustizie. Molte artiste e artisti hanno voluto fuggire da questo sistema, utilizzando l’ironia per gridare ad alta voce quello che succede, come fa Giuseppe Chiari, con le sue forti dichiarazioni sull’arte: L’arte è finita smettiamo tutti insieme, un manifesto a stampa del 1974.

Caterina Molteni, co-curatrice della mostra approfondisce ancor più il concetto: “Se l’ironia è stata importante per intere generazioni di intellettuali, possiamo dire ugualmente che sia stata un’arma utilizzata su più fronti dalle artiste e dagli artisti per destabilizzare e sabotare i poteri, fossero questi simbolici, politici e sociali, o stilemi propri dell’arte e della sua tradizione – spiega – L’ironia si configura come un linguaggio alternativo che, piuttosto che scontrarsi frontalmente con il potere, ne smaschera i paradossi e le contraddizioni, spesso rendendoli evidenti attraverso il gioco simbolico o il ribaltamento delle norme”. La mostra è perfettamente integrata negli spazi della Sala delle Ciminiere, dove viene rievocato un elemento architettonico, progettato da Aldo Rossi per l’ex Forno del Pane a metà degli anni Novanta e ora perduto. Proprio dove sorgeva questo enorme parallelepipedo l’exibition designer Filippo Bisagni ha collocato una grande rampa, per ricordare il modulo rossiano.

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